I dubbi di Galli e il Burioni che non ti aspetti

Foto © Raffaele Verderese / Imagoeconomica

Il primario di Malattie infettive del Sacco di Milano: «Fase due? È un grande problema, stiamo ancora in uno stato confusionale». Mentre il virologo dice: «È in questi momenti che la Politica deve riappropriarsi di spazi che spesso ha colpevolmente trascurato o demandato ad altri».

Sono tutti pronti a dire, fra due o tre giorni, che il virus è sparito. Dimenticando che il periodo di incubazione è di almeno quattordici giorni. Che cioè bisognerà attendere almeno il 15 maggio percepire come sta andando la Fase Due. Gli scienziati distribuiscono cautela.

Massimo Galli, primario del reparto Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, nel corso della trasmissione “L’aria che tira”, su La7, ha detto: «Se andare in spiaggia questa estate? È una domanda che ormai mi è venuta quasi a noia. Rispondo: forse. Tutto dipenderà da come andrà e da come si riuscirà a mantenere il contenimento nel contesto della riapertura».

La riapertura? Se non è doccia fredda…

Massimo Galli

«L’apertura differenziata delle Regioni? Secondo me – dice l’infettivologo – sta nella logica delle cose, perché siamo di fronte a una realtà che è estremamente differenziata. Tuttavia, l’apertura differenziata passa attraverso un punto fondamentale, che vale dalla Calabria al Trentino Alto Adige. Il distanziamento sociale, che ha determinato una riduzione massiccia delle nuove infezioni, è stato fatto chiudendo in casa molte persone con infezione. Riaprendo, dobbiamo per forza tentare di sapere quante persone sono infettate in casa e come stanno».

A ricordare che i casi sono diminuiti casi esclusivamente per le misure restrittive adottate dal Governo e rispettate dagli italiani. Non perché il Coronavirus è andato via.

Ha proseguito Galli: «Questo è fondamentale nella riapertura. Perché un solo caso che riesce a restare sotto traccia ricrea il problema localmente. E può determinare nuovamente la chiusura di un’azienda o di un’area geografica. Il punto è riuscire a essere vicini, anche dal punto di vista diagnostico, alle persone che sono chiuse in casa con infezioni».

Piccolo manuale di comportamento

«Comportarsi bene nella fase due? Certo, è fondamentale. Però è altrettanto importante sapere esattamente da parte dei cittadini cosa voglia dire ‘comportarsi bene’. E questo non è del tutto ancora chiarito per alcuni aspetti e per alcune circostanze. Non tocca a me dirlo, ma è evidente. Se c’è un orario di lavoro per cui la gente, tutta assieme e alla stessa ora, va sui mezzi pubblici, forse avremo dei problemi».

E per concludere: «Fase due? È un grande problema. Siamo ancora in uno stato confusionale, nel senso che le indicazioni date non credo che siano facili da recepire. Né da applicare allo stato attuale dei fatti. Sono francamente preoccupato da un fatto. Che ci sia questa quasi smania legittima di ripresa delle attività,. Tuttavia senza che siano definite con chiarezza delle gerarchie di importanza e di necessità».

Politica e scienza secondo Burioni

Roberto Burioni Foto © Canio Romaniello / Imagoeconomica

Mentre il virologo Roberto Burioni, ha detto la sua in un focus su “Medical Facts”. Analizzando il ruolo di scienza e politica, anzi della Politica con la P maiuscola, come ha scritto.

«È in questi momenti che la Politica deve riappropriarsi di spazi che spesso ha colpevolmente trascurato o demandato ad altri. Le conoscenze scientifiche sono fondamentali nel contribuire ad arrivare a decisioni. Decisioni quali la riapertura parziale delle attività. Tuttavia non possono essere l’unico aspetto da prendere in considerazione».

«Fino a pochi mesi fa gli scienziati dovevano lottare duramente per farsi ascoltare dai politici. I quali consentivano nelle aule parlamentari convegni su argomenti senza alcuna base scientifica, come l’omeopatia, l’iridologia e l’agricoltura biodinamica. Il dibattito sull’obbligo vaccinale che si è svolto qualche tempo fa? Ebbene, lì si sono ascoltate nell’aula del Senato delle bestialità tali da fare drizzare i capelli a chiunque abbia in minimo rispetto la scienza. Di colpo, la situazione è cambiata».

«La scienza non solo è l’unica strada per vincere il Coronavirus (questo è vero, ed è comprensibile avere delle aspettative), ma “gli scienziati” e “i medici” sono cambiati. Sono diventati improvvisamente quelli che devono decidere se riaprire i bar e i ristoranti. Oppure se riprendere le lezioni a scuola, se permettere lo spostamento dei cittadini e la ripartenza delle attività produttive».

«No alla dittatura degli scienziati»

Foto © Paolo Lo Debole / Imagoeconomica

Per concludere: «Quando parliamo di riaperture e via dicendo, la scienza può soltanto dire quello che sa. Oltre al cercare più rapidamente possibile un vaccino o una cura che risolvano definitivamente il problema. Come si trasmette la malattia, quali comportamenti possano essere pericolosi. Ancora, quali possono essere le conseguenze dell’infezione».

«Come tradurre queste informazioni, ancora parziali e incerte, in provvedimenti concreti non è compito della scienza. Altrimenti ci troveremmo in una dittatura (della scienza, ma pur sempre dittatura). Invece – per nostra fortuna – la Repubblica Italiana è una democrazia. Per farla breve, gli ingegneri e gli architetti, grazie alla scienza, possono progettare e costruire un ponte. Ma dove e quando costruire un ponte per unire due città non può dirlo la scienza. Deve prendersi la responsabilità di deciderlo la politica».