I messaggi nascosti di Buschini sul caso Allumiere

Il primo messaggio pubblico di Mauro Buschini sui fatti di Allumiere. I tanti segnali nascosti tra le righe. Al Partito e non solo. «Non sono animato da rivalse, non pretendo scuse, mi hanno fatto male giudizi, risatine, sguardi intrisi di severità e populismo». La falsità di chi non ha esitato a fuggire

Ha aspettato in silenzio. Quel silenzio che si era imposto il giorno in cui è uscito in punta di piedi e con le lacrime agli occhi. Incurante delle telecamere che cercavano di catturare ogni possibile debolezza, degli insulti urlati sui giornali, dei veleni versati nei pozzi. Ha atteso che arrivasse il momento, senza bruciare i tempi e senza cercare i riflettori. Il momento è stato oggi: un minuto dopo che il sindaco di Allumiere Antonio Pasquini ha parlato e commentato l’archiviazione con formula piena di tutte le accuse che gli erano piovute addosso per il concorso bandito nel suo Comune. Solo a quel punto l’ex Presidente del Consiglio Regionale del Lazio Mauro Buschini ha rotto il silenzio. (Leggi qui: Allumiere, prosciolto il sindaco Pasquini).

Lo ha fatto con un post pubblicato sulla sua pagina Facebook. In cui per la prima volta dalle dimissioni commenta quanto è accaduto: il concorso di Allumiere, le assunzioni in Regione, i sospetti su Pasquini che lavorava nella sua Segreteria, le insinuazioni sui tre Dem della Provincia di Frosinone che erano risultati idonei in quella graduatoria, le immediate dimissioni da Presidente del Consiglio regionale. (Leggi qui: E ora chi glielo dice al sindaco di Allumiere?).

Un intervento pieno di risvolti umani. E di messaggi politici.

I messaggi tra le righe

L’abbraccio tra Mauro Buschini e Nicola Zingaretti

Scrive sul suo messaggio Mauro Buschini. «Ho atteso. In silenzio. Ma ho letto, visto, ascoltato. Ho anche pianto, non me ne vergogno». Il messaggio è al Partito Democratico: Buschini gli ricorda le regole che esistevano un tempo e cioè se si finisce al centro dei sospetti si deve lasciare il campo, anche se si ha la consapevolezza di non avere commesso reati e per questo vengono le lacrime agli occhi. Si lascia e si evita in qualunque modo di condizionare il lavoro della magistratura attraverso dichiarazioni; si parla una sola volta per accomiatarsi e poi si attende. Non è più una regola nel centrosinistra.

Prosegue Buschini: «Non sono animato da rivalse, non pretendo scuse, mi hanno fatto male giudizi, risatine, sguardi intrisi di severità e populismo». Il messaggio in questo caso è a quella parte dell’Informazione che ha voluto vedere a tutti i costi lo scandalo senza concedere il beneficio del dubbio. La parte che ha fatto più male è la frase attribuita a Nicola Zingaretti e titolata sui principali quotidiani: “Non voglio più vederlo” smentita nei giorni successivi con un caloroso abbraccio pubblico tra Zingaretti e Buschini sotto telecamere e flash.

Nessun riferimento al consigliere comunale e (all’epoca) provinciale di Frosinone Alessandra Sardellitti: fu protagonista di un post violento ma coerente con il suo pensiero, nel quale attaccava Buschini ed il Partito sostenendo che non ci fosse un dibattito pubblico sulla vicenda. Buschini non fa riferimenti perché la consigliera non fa più parte del Pd.

Quel senatore povero intellettualmente

Matteo Orfini (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Il post entra nei dettagli. «Ho riso della povertà intellettuale e umana di taluni che hanno inteso fare battaglie politiche utilizzando titoli avventati e suggestivi, condividendo a iosa link che insultavano finanche la mia vita personale».

Qui si vedono le tracce di un messaggio indirizzato al senatore Matteo Orfini già presidente nazionale del Partito e leader della componente che nel Lazio dovette ammainare bandiera quando Buschini e Francesco De Angelis decisero di lasciare gli Orfiniani per sostenere l’elezione di Bruno Astorre alla Segreteria.

Matteo Orfini è stato l’unico parlamentare ad attaccare frontalmente Buschini per i fatti di Allumiere, cercando di colpire la componente.

La Comunità Politica

«Sono fiero della nostra comunità politica, degli amici, dei colleghi che mai mi hanno lasciato solo. Quando si è dentro un ciclone mediatico scopri anche amicizie nuove, in qualche caso persino la falsità di chi non ha esitato a fuggire».

Il messaggio è solo di striscio per il Pd. Non a caso Buschini non lo chiama Partito ma Comunità: usa il vocabolario Zingarettiano per ribadire l’appartenenza; Buschini conferma che prima del Pd viene quell’area che ha contribuito a generare il Pd. E nella quale al vertice c’è l’amico di sempre Francesco De Angelis.

La poltrona mollata senza rimpianti

Nicola Zingaretti con Mauro Buschini (Foto: Giornalisti Indipendenti / Ciociaria Oggi)

«Della poltrona non me ne è mai importato nulla, l’ho mollata con lo stesso spirito di servizio verso le Istituzioni con il quale l’avevo accettata».

Qui il messaggio è per tutto il mondo della politica. Significa che le dimissioni da Presidente del Consiglio regionale non andavano lette come un’ammissione di responsabilità. Bensì andavano lette come un’azione con cui mettere al riparo l’istituzione Regione Lazio dai dubbi che rischiavano attraverso lui di travolgerla.

È stato un modo per dire ‘è più importante la verità, chiara e limpida, vale più della poltrona. Ed è stato anche un modo per ribadire la lealtà politica e personale nei confronti di Nicola Zingaretti e del Partito Democratico.

La fiducia nella magistratura

C’è poi il passaggio in cui l’ex presidente esprime «un sentito ringraziamento a chi ha fatto piena luce su tutto». Alla magistratura, nelle mani della quale il sindaco Pasquini si è messo fornendo ogni elemento utile a ricostruire i fatti.

«C’è tutto questo in questi 12 incredibili mesi. La mia speranza è che in futuro non accada ad altre persone e che siano più prudenti coloro i quali hanno avuto tanto da commentare su questo social e che ora, silenti davanti allo schermo non hanno il coraggio di scrivere nulla». Sono in tanti.

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