I “no” a prescindere che non vanno proprio giù a Nino Polito

Un anno fa Nino Polito assumeva la presidenza di Federlazio. «Nella fase più negativa per l’economia, locale e nazionale dal dopoguerra». Cosa è cambiato nel frattempo. Le inutili polemiche sul biogas. E quelle sull'aeroporto. La politica che non sa dare risposte. I tempi lunghi il vero nemico

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

«Assumo la presidenza dell’Associazione nella fase più negativa attraversata dall’economia, locale e nazionale dal dopoguerra ad oggi»: parole pronunciate esattamente un anno fa Nino Polito prendendo in mano le redini di Federlazio Frosinone. Dopo la scomparsa del predecessore Emanuele Di Gennaro, tra la prima e la seconda ondata della pandemia, gli associati decisero che occorrevano esperienza e affidabilità alla guida della federazione delle piccole e medie imprese ciociare.

Lui si è fatto trovare pronto: l’uomo giusto al posto giusto nel momento più critico. Ha chiesto subito alla politica di mettere al centro l’impresa: non limitandosi alle rassicurazioni, ma garantendo certezze. Perché l’incertezza l’aveva fatta da padrona fino all’estate 2020, tra resistenza e ripresa. Ed era ora di parlare di speranza, fiducia e crescita. (Leggi qui Federlazio punta al futuro affidandosi all’esperienza di Nino Polito e Federlazio fotografa la ripresa dopo il covid).

Tutto sommato potrebbe andare peggio

Nino Polito, presidente di Federlazio Frosinone

«Allo tsunami sanitario ed economico, come dimostra il Pil, le aziende hanno risposto egregiamente su tutto il territorio nazionale – premette il presidente Polito -. Ora, grazie al Recovery fund, bisogna vedere cosa fare per lo sviluppo del territorio della provincia di Frosinone».

E, tra le principali missioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ci sono la rivoluzione verde e la transizione ecologica: alla volta dell’economia circolare. Ma anche la digitalizzazione, l’innovazione e la competitività nel sistema produttivo. Nonché il potenziamento delle infrastrutture e della sanità. Tenendo in alta considerazione, come accentua lo stesso Polito, quella sinergia tra sanità pubblica e privata che ha arginato il Covid.

Polito: “No” a prescindere? No, grazie

Impianto per la produzione di bio metano

A Nino Polito urtano i “no” a prescindere: senza il benché minimo approfondimento. Vuole che politica, imprenditoria e associazionismo si siedano finalmente attorno a un tavolo per fare chiarezza sulle grandi potenzialità del territorio. Ma devono essere gli accademici e i tecnici a spiegare se ci siano più pro o contro rispetto alla realizzazione dei biodigestori, della trasversale appenninica Tirreno-Adriatico e dell’aeroporto civile di Frosinone.

«Perché il rischio di deindustrializzazione, paventato anche dall’ad di Stellantis Tavares, deve far riflettere tutti – argomenta -. Servono energia rinnovabile e collegamenti veloci per il salto di qualità. L’ostruzionismo, spesso trainato da timori infondati sotto il profilo sanitario e ambientale, non ha senso di esistere». (Leggi qui “Ora vi racconto come il bio metano ha cambiato il mio Comune”).

Dall’energia pulita alle infrastrutture

Si riferisce agli impianti a biometano che sono ora al centro del dibattito: per tutti sono utili, nessuno li vuole nell’area industriale più vicina a casa. E poi all’auspicato traforo che da Ridotti, frazione di Balsorano, porterebbe a Collelongo fino ad arrivare al casello autostradale di Celano (L’Aquila).

«Ci collegherebbe in modo definitivo alle autostrade per l’Adriatico – sottolinea il presidente di Federlazio Frosinone -. Unirebbe il Lazio con la Marsica risparmiando in termini di costi e impatto ambientale. E darebbe al Basso Lazio la possibilità di estendersi come polo logistico».

Perché, se il Frusinate vanta il suo polo chimico-farmaceutico e il Cassinate quello meccanico, Polito pensa che la logistica possa essere sviluppata «in un’area ancora sfumata come quella di Sora sostiene -. Con la superstrada Sora-Cassino non possiamo andare molto oltre. Bisogna puntare in alto, osare. Collegarsi strategicamente ai porti di Gaeta e Formia, pensando alla poca distanza che intercorre da quelli di Pescara, Ortona e Vasto».

Aeroporto? Si sfonda una porta aperta

E poi ci sono i propositi della Provincia: il presidente Antonio Pompeo sta valutando se riattivare la Sociatà Aeroporto di Frosinone dopo la recente sentenza secondo la quale l’opera è realizzabile. La realizzazione di uno scalo civile nel Capoluogo è stata fortemente criticata nelle scorse ore da parte del circolo frusinate di Legambiente: «Idea sbagliata nel momento sbagliato e nel posto sbagliato». (Leggi qui La lucidità di Pompeo e la nebbia di FdI sulla pista di decollo).

Cosa ne pensa Polito? «Chi propone la realizzazione dell’aeroporto, con me sfonda una porta aperta. Come militante di Federlazio affrontai questo argomento anni addietro, ma non c’era la fattibilità del progetto per ragioni di sicurezza. Oggi stiamo approfondendo e pare che non ci sia più questa problematica. Se verrà confermato, secondo noi, l’aeroporto sarà una svolta enorme come la stazione Tav e il traforo Tirreno-Adriatico».

Presidente Polito, un passo alla volta. Federlazio Frosinone si è detta favorevole ai biodigestori. Ci sono ormai due blocchi contrapposti. Da una parte, c’è chi accentua l’esigenza di trasformare i rifiuti in biometano, un problema in una risorsa. Dall’altra parte, chi mette in guardia rispetto ai rischi a livello sanitario e ambientale. La soluzione?

«Ritengo che, non avendo più risorse naturali adeguate alla necessità di energia, dobbiamo per forza ricorrere a questa alternativa. Voglio anche sforzarmi di comprendere i timori dei non addetti ai lavori, ma spesso sono ingiustificati. Andrebbe fatto un vero e proprio proselitismo. Si deve spiegare ai nostri concittadini che il rifiuto è una risorsa non pericolosa. Quindi trasformarlo in biogas non deve preoccupare sotto il profilo sanitario. E deve spiegarlo chi di dovere, non noi industriali. Perché l’economia circolare può sopperire alla fuga dell’industria tradizionale».     

Quell’industria che ha segnato il passo per mezzo secolo e pian piano uscirà di scena. Il Pnrr ci chiede di passare dall’economia lineare a quella circolare. Cioè passare dalla materia prima estratta, utilizzata e smaltita alla materia prima seconda. Ovvero nuove materie prime reintrodotte nel sistema economico attraverso il riciclo. È ora di correre?

«Io penso che la transizione energetica debba essere progressiva. Affinché non sia traumatica, si deve soltanto rallentare un po’. Per le imprese, in ogni caso, non sarà sufficiente l’affiancamento da parte dello Stato. Servirà anche e soprattutto quello dell’Unione Europea. E, a tal proposito, non è possibile subire lo scacco da parte delle economie emergenti. Corrono molto velocemente, ma talvolta non rispettando le regole. Se combattiamo contro chi conduce l’industria in modo spregiudicato, per non dire sleale, la lotta è impari. La concorrenza, così, è impossibile».

L’industria, quella sana, continua a dire a gran voce che farà la sua parte. E che il Recovery fund, ovviamente, è l’occasione più ghiotta che potesse capitare per rilanciarsi. Bisognerà, però, saper sfruttare a dovere i miliardi derivanti dal Next Generation Eu. Pensa che l’Italia sia davvero pronta a farlo?

«L’occasione è di certo ideale per far quadrare il cerchio. Ma c’è bisogno di un europeismo che non si fermi a questo finanziamento. E il Recovery fund deve anche ricondurre a produrre in un modo differente da prima. Senza incrociare i soliti balzelli, le solite burocrazie, i soliti freni a un degno accesso al credito e ai progetti. Le industrie stanno lavorando in una condizione di massima difficoltà. Ma pur dimenandosi, avendo sette vite come i gatti, ne usciranno fuori. Ma se a buon mercato riusciranno forse ad avere l’energia, sarà più difficile con le materie prime come il ferro, il rame e il legno. Che per noi, al contrario della Cina e dell’India, sono al momento introvabili a prezzi accessibili».  

Problemi a livello concorrenziale che vanno a sommarsi alla grave crisi economica che sta ancora affrontando il Paese. Federlazio Frosinone, con l’indagine condotta nell’aprile 2021, ha fotografato la ripresa. È uscito fuori che oltre il 74% delle aziende ciociare non prevede riduzione di personale. Dopo lo sblocco dei licenziamenti, è ancora così? (Leggi qui Federlazio fotografa la ripresa dopo il covid)

«Sì, perché le imprese faranno di tutto per uscirne e nessuno di noi vuole licenziare un solo dipendente o fargli fare mezz’ora di lavoro in meno. Ogni imprenditore è legatissimo alla propria attività e al proprio personale. E soprattutto, quando lo ha istruito, non ne vuole di certo fare a meno. A meno che, ovviamente, manchino le commesse. E allora è costretto ad alzare le mani».

Il tavolo di Federlazio per discutere delle ricette anti crisi
La ricetta di Federlazio? Cosa bisogna fare nell’immediato?

«Servono assolutamente una sburocratizzazione e una semplificazione delle leggi. Se per realizzare un capannone si impiegano mediamente tre anni, è un lasso di tempo in cui cambia tutto. Cambia il business plan, cambia l’obiettivo. E i processi devono durare poco. Se per fare un decreto ingiuntivo per un’insolvenza sono necessari fino a quattro anni, conviene spesso rinunciare e non attendere tempi biblici che non stanno più né in cielo né in terra».

Cosa chiedete, dunque, alla Politica?

«La vicinanza alle imprese è rappresentata dalla velocità di risposta. L’impresa non vuole la pacca sulla spalla ma una risposta chiara, precisa, veloce: sì o no. È in questo modo che abbiamo le autorità al nostro fianco per combattere una battaglia che non è più a livello locale o nazionale bensì internazionale. Si spera sempre, ovviamente, in una risposta positiva. Ma anche se fosse negativa, deve essere immediata, così si passa ad altri progetti. Questo è fondamentale».

L’Associazione delle piccole e medie imprese del Lazio, per favorire la digitalizzazione delle PMI, proporrà il programma Futuro Federlazio. Si punta ad adeguare le aziende al cambiamento e favorire un processo virtuoso di crescita e sviluppo. Ci fa da sé fa per tre?

«Non vogliamo dare assolutamente l’impressione di essere i primi della classe, ma ci inseriremo bene sia con Futuro Federlazio che con altre novità che stanno bollendo in pentola. Ma secondo noi le imprese devono agire assieme alle istituzioni e, come nel caso del riciclo dei rifiuti, alle associazioni civiche. Perché tutti devono entrare nel merito. Tutti quanti ci dobbiamo impegnare a fondo per puntare alla competitività e alla sostenibilità. L’industria futura deve essere competitiva e sostenibile. Da soli, però, rischiamo di tardare troppo. E significherebbe essere tagliati fuori».

Claudio Durigon, Francesco De Angelis, Nicola Ottaviani, Marco Delle Cese
Presidente Polito, se si parla di industrializzazione, non si può non parlare dell’ormai prossimo Consorzio industriale unico del Lazio. Federlazio avrà una quota complessiva di partecipazione pari al 3.91%, di cui 0.74% detenuto dall’Associazione provinciale. Le potenzialità di quello che sarà il più grande Consorzio d’Italia sono state già mostrate. Su tutti da parte del suo fautore, il presidente dell’Asi Frosinone Francesco De Angelis. Secondo lei, però, quali sono gli errori da non commettere?

«Innanzitutto sono arcicontento che il progetto sia targato Frosinone. Il lavoro di coordinamento del nostro conterraneo De Angelis è stato egregio. Al di là della politica, va rivolto un plauso a chi si è speso così tanto. Una volta che partirà il Consorzio unico, bisognerà integrare sempre di più le unità produttive. Con il massimo rispetto per Stellantis e le grandi industrie farmaceutiche, grazie alle quali tante persone portano lo stipendio a casa, non deve sfuggire il fatto che un enorme tessuto produttivo è rappresentato dalle piccole e medie imprese. Altrimenti si peccherebbe di gigantismo. Ma sono certo che il rischio verrà contenuto perché chi sta dirigendo ha già ampiamente dimostrato di essere sensibile e vicino alle nostre attività e di avere grandi capacità. Il commissario De Angelis ha messo tutti quanti d’accordo rispetto a un progetto affatto facile e scontato».

Chiudiamo con lo stato di emergenza sanitaria, che è stato appena prorogato fino alle fine del 2021. Federlazio Frosinone rappresenta anche la sanità privata provinciale. Il Pubblico si è affidato alla sinergia con il Privato per fronteggiare il Covid. Ha funzionato tutto come speravate?

«Premetto che, a fronte di questa pandemia, la sanità pubblica ha fatto il massimo con tanto di straordinari. E non finiremo mai di ringraziare tutti gli operatori sanitari. Ma se non ci fosse stata la sanità privata, il pubblico non ce l’avrebbe fatta. Il privato ha dato sempre un contributo fondamentale, anche a livello di ricerca, grazie a velocità di esecuzione, duttilità e risultati. Non vanno più messe limitazioni, dunque, all’integrazione pubblico-privato. In alcuni casi si parla di vere e proprie esagerazioni. Tant’è che molte aziende sanitarie volevano ritirare i remi in barca e chiudere i rapporti con la Regione. Sia per quanto riguarda la velocità degli incassi che in relazione ai balzelli imposti».

FOTO © OLIVERIO / IMAGOECONOMICA
Oggi la situazione è migliorata? Cosa chiede Federlazio per la “sua” sanità privata?

«Oggi pare proprio che la situazione stia migliorando. Nel corso dell’emergenza sanitaria si è compreso che più risorse pubbliche e private ci sono, meglio è. All’organizzazione privata, però, non vanno tolti diritti. Su tutti la puntualità dei pagamenti e la non limitazione dell’utenza per reparto. In questo modo le aziende private potranno continuare a investire, svilupparsi e supportare chi ha bisogno, in primis le persone molto avanti con l’età. Le unità private devono essere viste come una peculiarità, che ha natura industriale ma funzione sociale»

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