«I nostri elettori Pd stanchi e demotivati»

Perché perdere le elezioni fa male, ma può anche essere salutare. Perdere identità ed anima no. Sta tutta qui l'analisi che il mondo Dem sta facendo in queste ore ai numeri delle elezioni

Paolo Carnevale

La stampa serve chi è governato, non chi governa

Mette il dito nella piaga. Senza girarci attorno, senza nascondere la drammaticità della situazione. Matteo Orfini è stato il Presidente Nazionale del Partito Democratico ai tempi di Matteo Renzi Segretario. Non lo ha seguito in Italia Viva ma è rimasto nel Pd: coscienza critica fatta da una posizione non proprio di retrovia. Alle elezioni di domenica scorsa ha scelto di candidarsi nelle province e non a Roma: per dare un segnale e far capire che sono i territori la vera forza.

Non ha fatto il paracadutato. Ha girato in lungo ed in largo il collegio della Camera da un milione d’abitanti che riunisce le intere province di Frosinone e Latina. Da lì inizia la sua analisi. Serena ma impietosa.

L’analisi di Orfini

Matteo Orfini

«Ho fatto questa campagna elettorale come sempre: 5.000 km in 20 giorni, decine di incontri. La cosa che più mi ha colpito è che non ho trovato praticamente nessuno felice di votare il Pd. Anche i nostri elettori più fedeli erano stanchi, demotivati, sconfortati. Eroici nel loro esserci sempre, ma non felici».

È un dettaglio che ha colpito molto Matteo Orfini. Girando tra i piccoli centri della Ciociaria e del Pontino è entrato in contatto con la base storica del Pd, quella che si aspetta un Partito concreto e non schiavo delle strategie. «Penso che questo sia il punto da cui partire. Per questo non mi convince chi oggi ci spiega che andava tutto bene, il problema è solo non essere riusciti a fare le alleanze. Intanto perché la politica non è solo aritmetica: sommare i voti di chi è andato separato è un errore da matita rossa. I Cinquestelle hanno quel risultato perché si candidano da soli e contro di noi. Idem il Terzo Polo».

Il nocciolo della questione è evidente. «Il problema di fondo è che non è più chiaro a nessuno quale sia la missione del Pd. E quindi fatichiamo a coinvolgere, appassionare, convincere».

Uno, nessuno, centomila

Sara Battisti con Matteo Orfini e Luca Fantini

Conferma che sarà ancora sul territorio. Che lo rappresenterà in Aula a Montecitorio. Ma il tema è quanti sono i Partiti Democratici in provincia di Frosinone? Non pochi. E tutti con voci e sfumature differenti.

Non è stato tenero il capogruppo Pd in provincia di Frosinone Enrico Pittiglio che lunedì mattina dagli studi di Speciale Elezioni su Teleuniverso ha detto «Questo risultato è il frutto della strategia della conservazione del gruppo dirigente nazionale». Dritto sulla linea di galleggiamento.

Analitica come sempre il consigliere regionale Sara Battisti. Che nelle ore scorse ha rimproverato alla comunità Pd di non riuscire ad imparare dagli errori. «Il momento richiederebbe la calma e la pazienza nel fare valutazioni e analisi corrette e compiute che, però, vengono subito spazzate via dal fiorire delle agenzie di stampa. C’è chi rivendica uno 0,5 in più, chi si toglie sassolini dalle scarpe lanciandoli in faccia ad un’intera comunità, chi vorrebbe trovare il capo espiatorio».

Il fatto è che quando si è comunità non c’è mai un solo colpevole. E sara Battisti lo evidenzia. «Invece c’è una responsabilità diffusa e collettiva della classe dirigente del PD. Certo c’è chi ha avuto più responsabilità e chi meno ma per una volta invece di pensare ai nostri destini personali, pensiamo a quello che è stato e, soprattutto, a quello che dovrà essere».

Caleidoscopio Dem

Mauro Buschini

Un dato conferma, caso mai ce ne fosse bisogno, che uno dei fattori che hanno contribuito alla vittoria della destra (e di Fdi in particolare) è stato l’incapacità del Partito Democratico di essere percepito come una sola voce seppure con tante tonalità. Non s’è percepita l’unità di intenti.

C’è la voce “istituzionale”; quella del coordinatore della maggioranza Zingaretti in regione Lazio Mauro Buschini. Che riconosce la sconfitta (“Per noi è un giorno triste e ci aspetta un periodo difficile”) ed ammette che “il voto ci ha messo davanti un centrosinistra fragile e diviso”.

Una realtà alla quale bisogna reagire con coraggio (“per noi si apre una fase di riflessione seria e responsabile. Un percorso vero, che vada nel profondo e che sappia rimettere il Partito in sintonia con la società, il mondo del lavoro, delle imprese, dei giovani, con l’obiettivo di riedificare il centrosinistra”). Ma senza, questo è il punto nevralgico, una vera tendenza all’autocritica. Sembra più il classico rimbocchiamoci le maniche; che ha un senso; ma che deve essere unito anche ad un radicale cambio di pagina. Che invece, a giudicare dalle parole di Buschini, non sembra esserci.

Si guarda avanti (“Bisogna essere capaci di mettere insieme un campo inclusivo, aperto alla società civile, capace di continuare a dare prospettiva al nostro territorio”); ma il rischio, in questo modo, è di continuare a commettere gli stessi errori.

La via del cambiamento

Antonio Pompeo ed Antonella Di Pucchio

Più duro, al di là dell’apparenza, il tono del presidente della Provincia Antonio Pompeo. Che, come Buschini, riconosce la sconfitta. Cercando però di trovare più chiaramente una via d’uscita nella maggiore apertura al mondo locale e civico.

Esorta ad aprire “questo Partito ai tanti bravi amministratori il cui modello di governo è stato premiato, alla società civile, ai giovani, rendiamolo davvero plurale e soprattutto facciamo in modo che sia la casa di tutto il popolo democratico”). Il che, se le parole hanno un senso, significa anche riconoscere che finora proprio la chiusura al dialogo col mondo esterno è stato il punto debole del Pd.

E c’è infine, ancora più duro, il parere del sindaco di Paliano Domenico Alfieri: finché avremo la presunzione di dire che siamo quelli più belli e quelli più bravi, finché non torneremo davvero strada per strada a confrontarci e ad ascoltare i cittadini invece di parlare tra di noi, finché non torneremo a condividere le scelte, le candidature nonché la linea politica con la base, finché non presenteremo agli italiani una seria  proposta di governo oltre a demonizzare l’avversario di turno nulla potremo ottenere oltre a sonore sconfitte”. Una sferzata impietosa ed onesta.

Che ha il solo difetto, per qualcuno, di nascondere la volontà di approfittare della crisi di una classe dirigente probabilmente al capolinea per operare una scalata.

Parola di Segretario

Luca Fantini

Al Segretario Provinciale Luca Fantini va riconosciuto il merito di avere lottato fino all’ultimo voto. È stato lui ad accompagnare, passo dopo passo, paese dopo paese, Matteo Orfini in quel percorso all’interno della Ciociaria che l’ha votato senza convinzione.

«L’intera comunità democratica – sottolinea – ci ha messo l’anima ed è riuscita a compattarsi in una fase molto complicata per il Pd e a svolgere una bellissima campagna elettorale. Il risultato, seppur ottenuto in condizioni difficili, è ovviamente insoddisfacente». Non lo preoccupa tanto il numero: ma l’assenza di un mondo che non è andato alle urne. «L’astensione crescente è senza dubbio preoccupante, ma i cittadini che si sono recati alle urne hanno scelto la destra e il voto va sempre rispettato. La sconfitta è evidente».

Attende anche lui la svolta. «La riflessione sul nazionale annunciata dal Segretario Enrico Letta – spiega – sarà necessaria per aprire una discussione sugli errori commessi, sulla rigenerazione della politica e dei contenuti, sul sistema di alleanze per il futuro. Sono d’accordo con il Segretario quando afferma che spetterà ad una nuova generazione il compito di rilanciare il Pd, nell’interesse dell’Italia e dell’Europa».

Lui quel percorso lo ha già intrapreso. Da quando è Segretario ha cominciato una lenta ma costante campagna di rinnovamento. Basata sulle esperienze fatte nei Giovani Democratici. «Un indirizzo che in Provincia di Frosinone abbiamo già intrapreso con l’elezione della nuova segreteria un anno e mezzo fa, consapevoli che si tratta di un percorso lungo e che questo voto servirà – conclude – a spronarci per seguire con ancora più determinazione questa strada”.

Si vedrà ovviamente, cosa accadrà nel futuro. Con appuntamenti, a partire dalle Comunali dei prossimi mesi, in cui la volontà di far ripartire i Democrat sarà messa alla prova sul serio. Perché perdere le elezioni fa male, ma può anche essere salutare. Perdere identità ed anima no.

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