I politici caduti nel letto di Procuste

Dal mito di Procuste alla progressiva 'fagianizzazione' della politica. Si prendono fagiani e si eleggono: perché si pensa non siano pericolosi. Invece fanno come Procuste. Nel frattempo parlano e agiscono come un fagiano.

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

La mitologia greca narra che Procuste era un locandiere che gestiva una taverna fra le colline di Attica. Lì, offriva alloggio ai viandanti. Possedeva un letto dove invitava tutti i viaggiatori a passare la notte. Durante la notte, quando i malcapitati dormivano, ne approfittava per imbavagliarli e legarli. Se la vittima era più alta e piedi, mani e testa le sporgevano dal letto, procedeva a tagliarli. Se la persona era più bassa, la stirava, rompendole le ossa per far quadrare le misure. (Leggi qui)

Questo personaggio oscuro perpetrò le sue azioni macabre per anni, finché non giunse un uomo: Teseo. Si narra che, quando Teseo scoprì ciò che quel sadico faceva di notte, decise di sottoporre Procuste allo stesso supplizio che imponeva a tutte le sue vittime.

Da allora, si è diffuso un avvertimento a titolo di proverbio che recita quanto segue: “Fa’ attenzione, ci sono persone che, quando vedono che hai idee diverse o che sei più brillante di loro, non ci pensano due volte a metterti sul letto di Procuste”.

La sindrome di Procuste in politica

La sindrome di Procuste è molto diffusa tra i politici di oggi

La Sindrome di Procuste è certamente diffusa, fa riferimento a tutte quelle persone che sminuiscono chi li supera per talento, capacità e carisma. Cosa ancora peggiore, non si fanno scrupoli a discriminarli o persino a tormentarli.

Si tratta di personalità frustrate o con un’autostima spropositata che popolano in contesti nei quali ci muoviamo.

Sebbene la Sindrome di Procuste non sia presente in nessun manuale diagnostico né abbia alcuna entità clinica, ricalca alla perfezione ciò che gli psicologi riconoscono come “competitività negativa”. In pratica è il ritratto medio della stragrande maggioranza degli esponenti politici italiani.

Da quando è stato abolito, non dico tanto il consenso in politica, ma addirittura il merito, la situazione è questa. La lotta personale nella rincorsa al potere consiste non più nel mostrare le proprie doti,  i propri programmi, le proprie capacità quanto nel denigrare l’avversario fino possibilmente a distruggerlo.

Ne abbiamo esempi ripetuti negli ultimi decenni il più recente Renzi con Conte ma prima Conte con Salvini e prima ancora Renzi con Letta ed ora Letta con Renzi. D’Alema con Prodi e viceversa, Grillo contro chiunque respirasse e Berlusconi praticamente avendo contro il resto del mondo.

Potremmo citare centinaia di esempi sempre nello stesso senso. Alcuni recentissimi. 

I Procuste a Cinque Stelle

Beppe Grillo e Davide Casaleggio (Foto: Imagoeconomica)

Guardate cosa succede nei Cinque Stelle. Partito inventato, fondato, costruito e reso vincente da Grillo e Casaleggio. Hanno preso una manica di fagiani che il giorno prima non li salutavano manco sul posto di lavoro, se ne avevano uno. Li hanno candidati in liste blindate, fatti eleggere fino in parlamento seppur non avessero un voto proprio. Gli hanno organizzato una macchina politica innovativa e funzionale come Rousseau o il Blog delle Stelle scavalcando in termini di comunicazione il ricatto dei giornali e tv politicamente orientati e ponendoli al centro della scena politica. 

E questi una volta seduti comodamente in parlamento, in una specie di perversa osmosi con la poltrona dove sono seduti, hanno iniziato a sentirsi dei geni della politica tanto da arrivare in questi giorni, dopo un lungo e brillante percorso di contumelie, a disconoscere i propri fondatori di fatto estromettendoli dalla gestione stessa del partito che avevano creato da zero e che senza di loro, questa pletora di peones, non sarebbe mai riuscita a realizzare.

La dichiarazione odierna di Davide Casaleggio, figlio di Roberto con la quale lasciava il Movimento dal padre fondato è illuminante: “Questo non è più il Movimento e sono certo non lo avrebbe più riconosciuto nemmeno mio padre”. Lo scrive sul Blog delle Stelle il presidente di Rousseau, dopo l’accordo con i pentastellati per il trasferimento dei dati degli iscritti.

È successo davvero dunque. Le oscure creature hanno divorato il proprio creatore.

Grillo e Saturno

Grillo e Fiorito

Intendiamoci la storia è piena di metafore ed avvenimenti nelle quali i padri divorano i figli la più nota quella di Kronos, il Saturno dei greci, che storia vuole essere fondatore di Anagni e di altre splendide città come Alatri, Arpino, Atina e Ferentino (detta altrimenti Antino) che secondo la mitologia furono fondate dal dio durante l’età dell’oro.

Ma anche di figli che uccidono i propri padri. Ed il mito di Saturno le contempla entrambe. Secondo la storia mitologica, Saturno iniziò a divorare tutti i figli che la sua compagna partoriva per paura che, un giorno, avrebbero potuto privarlo del suo trono. Questa paura derivava dal fatto che lo stesso Saturno aveva conquistato il potere eliminando suo padre Caelus.

La compagna di Saturno, Rea, addolorata per la sorte dei suoi figli, elaborò un piano: all’arrivo dell’ultimo bambino, chiamato Zeus, invece di darlo in pasto a Kronos, lo sostituì con un sasso. Saturno venne ingannato e Zeus venne inviato sull’isola di Creta al sicuro. Diventato grande e conosciuta la sorte dei suoi fratelli e sorelle, decise di affrontare suo padre e lo sconfisse, liberando tutte le vittime che Crono aveva divorato: le nuove divinità si allearono e crearono l’Olimpo.

Dunque Kronos, molto più previdente di Grillo, Casaleggio e associati intuisce che le sue creature un giorno saranno la sua fine e le divora. Un rito antropofago che forse avrebbe consentito ancora la sopravvivenza ai Cinque Stelle ormai dilaniati da una lotta violenta e senza quartiere. Ma niente, come il mito vuole il creatore viene eliminato dalle sue stesse creature.

Da Goya a Rubens fino a Hegel e Marx

Il Saturno di Goya esposto al Museo del Prado

Chi ha avuto la fortuna come me di poter ammirare al museo del Prado il capolavoro di GoyaSaturno che divora i suoi figli” può intuire quanto drammatico e feroce sia questo conflitto.

Si tratta di un lavoro molto violento e con dei dettagli cruenti: se guardi il bambino, puoi renderti conto che la vittima è ormai priva di un braccio e della testa, mentre sgorga molto sangue. Se sposti la tua attenzione su Saturno, invece, puoi notare che ha i capelli lunghi e grigi e gli occhi spalancati, come se ormai fosse privo di ragione e compisse questi efferati omicidi senza più pensarci. Attorno ai due protagonisti non si vede nulla, è tutto buio, eccetto per l’unica fonte di luce che, è rappresentata dal corpo pallido della vittima.

La stessa tensione non si trova in altri dipinti, nemmeno nel meraviglioso Saturno di Rubens che seppur inquietante non raggiunge tali vibranti livelli emozionali. Di questo conflitto è piena la storia antica e moderna. La mitologia rende tutto più crudo e semplice. La filosofia moderna tratteggia scuote con senso più intellettuale, metaforico.

Solo per divagare un po’, Hegel sancisce definitivamente il primato del nuovo verso l’antico rileggendo l’intera storia del pensiero umano, Marx elabora il proprio materialismo partendo dagli atomisti greci, Darwin uccide i suoi padri biblici eleggendo a Giganti le grandi scimmie antropomorfe. Le avanguardie storiche di inizio Novecento rappresentano il punto estremo del parricidio modernista, la vittoria della macchina da corsa contro la Vittoria di Samotracia, l’uccisione del chiaro di luna, la marcia dalla scomposizione delle forme naturali all’astrazione e di lì alla tela bianca, la sostituzione della musica col rumore, o col silenzio.

Picasso arriva a sfigurare il volto umano partendo da una meditazione sui modelli classici, e ritorna infine a una rivisitazione di antichi minotauri, Duchamp fa il baffo alla Gioconda, ma ha bisogno della Gioconda per fare il suo baffo, Magritte per negare che quella che dipinge sia una pipa deve dipingere, con puntiglioso realismo, una pipa.

In quest’ottica le diatribe attuali tra questi soggetti di mediocre livello sfigurano ma sono il segno dei nostri tempi politici. È tutto così surreale da non sembrare vero. Eppure accade.

Giuseppe Procuste Conte

Giuseppe Conte
Giuseppe Conte

E così Conte, un perfetto sconosciuto al mondo, viene pescato e messo a fare il Presidente del Consiglio senza nemmeno essere mai stato eletto o passato per qualsivoglia legittimazione popolare. Perché come egli stesso ripeteva a mo’ di mantra non era mai neanche stato iscritto al Movimento Cinque Stelle.

Ed una volta estromesso dalla premiership viene, sempre dagli stessi fondatori del Partito, indicato come nuovo leader della formazione politica. Ancora senza neanche essere iscritto.

La prima cosa che fa è fare fuori i suoi creatori politici e quando reclama a proprio beneficio i dati sugli iscritti contenuti su Rousseau gli vengono inizialmente negati perché un associazione privata distinta dal Partito. Allora si rivolge al Garante della privacy, nominato durante il governo da lui presieduto, per ottenere i dati degli iscritti che Casaleggio non vuole fornire. Il garante obbliga quindi Casaleggio a dare i dati in suo possesso ponendo fine alla questione che, per gradire, viene accompagnata da un pagamento di 250mila euro.

Ma lo obbliga, capiamoci bene, a darli ad uno, Conte, che non ha un atto di nomina a Segretario politico ma soprattutto non è ancora iscritto al Partito che guida. Una sequenza che farebbe impallidire pure il più cruento Goya. Tanto grottesca quanto improbabile.

La fagianizzazione della politica

Gianfranco Fini alla Direzione Nazionale poco prima del famoso ‘Che fai, mi cacci?’ (Foto: Daniele Scudieri / Imagoeconomica)

Per intenderci, negli ultimi anni di scissioni e litigi nei Partiti ne abbiamo avuti decine. Destra, centro, sinistra. Come tutte le coppie che si lasciano l’odio raggiunge livelli stratosferici. Sinistra italiana, Renzi, Calenda contro il Pd e viceversa. Fini, Alfano, Verdini fino a Toti Brugnaro contro Berlusconi. Ccd contro Udc contro Cdu contro Tabacci contro Mastella. E chi più ne ha più ne metta.

Poi sono stati i voti, il consenso degli italiani, a dare torto o ragione ai contendenti.

Ma mai fino ad ora si era decisa la leadership di un partito dal “garante” un po’ come le liti condominiali. Come le causette tra vicini dal giudice di pace. Con tanto di risarcimento economico in cambio della consegna degli iscritti.

E questa, a mio modestissimo avviso, è la conseguenza diretta di quella che nell’incipit citavamo come la sindrome di Procuste. Da quando è stata eliminata la cultura dalla politica, da quando il nulla ha sostituito le ideologie, ci siamo addentrati in questa modalità di autodistruzione. Di banalizzazione. Di Fagianizzazione della politica. 

Prima il fagiano medio era un segretarietto di terza linea. Oggi lo stesso fagiano è un Ministro, un Deputato, un Sottosegretario. Ma continua a parlare come un fagiano pensa come un fagiano ed agisce come un fagiano. Il suo avversario è quello più intelligente di lui e non va superato ma eliminato. Denigrato, spodestato. Anche fisicamente se necessario.

Procuste oggi farebbe il leader

L’illusione del pedone (Foto: A. Lodier)

Anni fa lessi un meraviglioso libro di Paolo Maurensig che si chiamava “La variante di Luneburg”, dal nome di una mossa scacchistica,  in cui l’autore sosteneva mutuando una citazione di Kasparov che gli scacchi fossero “lo sport più violento del mondo perché puntavano alla eliminazione fisica dell’avversario”.

Mi sembrò inizialmente esagerato, seppur io abbia sempre amato gli scacchi, la cui complessità paragonavo al ragionamento politico, ma col tempo capii quanto fosse vero. Ecco oggi si giocano partite di scacchi in politica che hanno lo stesso scopo, l’eliminazione dell’avversario, ma giocate da gente che non saprebbe nemmeno riconoscere i pezzi degli scacchi o i loro movimenti. Ma il fine è lo stesso. E sarebbe tutto così preoccupante se non fosse così amabilmente ridicolo.

Capiamo così infine come uno strano soggetto come Procuste, se fosse vissuto ai giorni d’oggi non è affatto sicuro che sarebbe stato sconfitto dall’eroico Teseo che in punta di mito mette di nuovo al proprio posto i valori sovvertiti dal locandiere attico.

Addirittura, credetemi, sarebbe possibile che Procuste stesso, con la sua cultura e col suo metodo che ha ormai preso il sopravvento, divenisse egli stesso ai giorni nostri un vero leader e capo di una formazione di suoi simili in barba ad una generazione, diciamo il vero, non solo di politici ma di dirigenti di giornalisti di uomini di cultura che dormono ignari nel suo letto in attesa di una inevitabile tortura e della fine.

La “competitività negativa” vissuta ai giorni nostri nel delirio del populismo, del giustizialismo, resta un male  da temere perché se speriamo che venga nottetempo un Teseo a salvarci aspetteremo invano.

Il tempo del mito e degli eroi è purtroppo finito da tempo.