I talebani de noantri

L'arrivo dei talebani a Kabul è un regalo di Trump alla Cina, servito da Biden. Gli unici a non avere le idee chiare sono alcuni dei nostri politici. Che si sono esibiti in dichiarazioni esilaranti e paradossali. Annotate con puntualità da Franco Fiorito

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Sono ancora troppo disturbato dalle immagini di questi giorni provenienti dall’Afghanistan per poter esprimere una posizione seria e priva di preconcetti su quanto sta succedendo. Di certo le mie convinzioni personali non si sposerebbero bene, in questo momento, con la necessità di un approccio ponderato ed equilibrato come conviene ad un giornale prestigioso come questo del direttore Alessio Porcu.

Mi autolimiterò dunque a descrivere i lati più ironici ed a tratti assurdi di questa vicenda che anche nel nostro Paese hanno messo in luce molte prese di posizione coltissime ed illuminate a favore del ritorno di un regime talebano in Afghanistan.

Quelli che chiameremo per semplificare “I Talebani de noantri” mutuando la classica espressione romanesca.

Il talebano Giuseppi

Giuseppe Conte

Come si potrebbe d’altronde intrattenere una discussione seria con persone che nel momento in cui vedono immediati e repentini atti di violenza, oscurantismo, cancellazione dei diritti umani più elementari la prima frase che hanno in mente di proferire è: “dobbiamo dialogare con i talebani il regime si è dimostrato distensivo” come ha fatto Giuseppe Conte producendosi in dichiarazioni che sembrano più delle veline del portavoce del Partito Comunista Cinese che dichiarazioni di un ex premier occidentale.

E mentre leggevo il nobile proferire di Giuseppi, guardavo sullo sfondo le immagini scorrere nei tg dei barbuti capi talebani già asserragliati nel palazzo presidenziale, con i kalashnikov in mano, mentre nella città già si cancellavano le immagini delle donne a volto scoperto ed iniziavano i rastrellamenti per tutti coloro che avevano collaborato con gli invasori americani.

Guardavo le immagini assurde di disperati che pur di sfuggire ad un regime appena tornato si asserragliavano sui carrelli degli aerei andando incontro a morte certa pur di non restare nel loro Paese tornato sotto il regime talebano. I loro corpi cadere uno ad uno dopo il decollo e sfracellarsi a terra inermi.

Guardavo le donne disperate lanciare i loro bambini nelle mani dei soldati occidentali, separandosi dai propri figli, l’atto più terribile per una madre, certe però che vivranno meglio da orfani con degli sconosciuti piuttosto che sotto un stato governato dai talebani.

Il talebano Giggino

Luigi Di Maio in vacanza

Guardavo le immagini delle esecuzioni sommarie mandate celebrativamente in rete dagli stessi autori come quella del capo della polizia di Herat brutalmente giustiziato in diretta video e con quella altre decine se non centinaia.

E subito dopo appariva la dichiarazione del nostro ministro degli Esteri che suonava esattamente così: “Dobbiamo giudicare i talebani dalle azioni non dalle parole”. Al ché inizialmente ho pensato avrà visto i telegiornali adesso apre una feroce critica al regime, invece no voleva dire che bisogna capirli poverini e che poi in fondo non sono così cattivoni come li descrivono.

In effetti da uno che in svolgimento una crisi internazionale gravissima come questa pensa bene di finirsi tranquillo gli ultimi due giorni di mare e farsi beatamente immortalare come un sirenetto a chiacchierare sul bagnasciuga coi colleghi del Pd sfoggiando un invidiabile fisico da lanciatore di coriandoli cosa ti volevi aspettare.

E brillantemente infatti lancia l’idea di un G20 in cui invitare Russia e Cina per coinvolgerle maggiormente su questa questione.

Il talebano Dibba

Alessandro Di Battista (Foto Stefano Carofei / Imagoeconomica)

Tutto questo dopo che anche i sassi hanno capito che questo ritorno dei talebani è un regalo degli americani in particolare alla Cina, concesso scelleratamente da Trump e brillantemente attuato da Biden.

Ed a un certo punto ti viene il dubbio se Giggino parli a nome del governo italiano o invece come portavoce cinese. Ma quando leggi anche il rinforzo che Alessandro Di Battista, impegnato anch’egli in qualche faticosissima vacanza, trova il tempo di fare sostenendo che è ora di parlare coi talebani, così come le dichiarazioni di Conte indicavano ti togli ogni dubbio. Sono i portavoce dei cinesi. Sono loro i talebani de noantri.

D’altronde da tali rappresentanti di governo che ti aspettavi. Vi siete accorti che ci hanno messo meno i talebani a prendere il potere in Afghanistan che la Lamorgese a sgomberare un Rave Party di fattoni a Viterbo? Incredibile ma vero.

Il gigante Emma

Emma Bonino

In confronto Emma Bonino è sembrata un gigante. Ed in effetti in confronto lo è. Ha dichiarato “I talebani si ricordano di me… ma anche io di loro. Una cosa è dialogare con tutti, un’altra è legittimarli. Se noi vogliamo i corridoi umanitari, con i talebani devi trattare. Si dialoga con tutti, anche con la Corea del nord, ma mi spaventa che nel documento di Borrell è scritto che l’Unione europea è pronta a riconoscere i talebani se “si comportano bene”. Penso che sarebbe un errore gigantesco“.

La senatrice, che era andata in Afghanistan alla fine degli anni Novanta, ha spiegato che “i talebani mostreranno la faccia moderata per farsi riconoscere ma se guardiamo le foto da Kabul, con loro che bussano porta per porta… Io non mi fiderei. Io di talebani moderati non ne ho mai conosciuti, anche quando ho vissuto in Afghanistan”.

Ecco lei ha centrato il punto: dialogo si ma legittimazione no.

Ed invece l’impegno generale di questi giorni in ossequio ai dettami di politica estera delle grandi potenze è legittimazione. Ed allora vedi questa grande frattura della gente comune che, come me, inorridisce alla immagini trasmesse ai tg, per poi sentire i politici invitare beati al dialogo ed alla collaborazione.

La grande ipocrisia sui talebani

Una donna nelle strade di Kabul

Non dimentichiamo che l’Italia in questi venti anni di missione in Afghanistan, perché vorrei ricordare che noi abbiamo partecipato alla missione col sacrificio invano di decine di vite di nostri connazionali, ha speso la bellezza di nove miliardi di euro per garantire questo risultato. Nove miliardi di euro e decine di vite umane. Venti anni di paura e di violenza ed ora siamo, improvvisamente, per il dialogo.

Basterebbe spiegarci che oggi quella nazione non è più funzionale agli interessi politici ed economici delle grandi potenze e quindi la mollano. Farebbero atto di onestà intellettuale.

Perché quando, come ha fatto cariatide Biden in una surreale conferenza stampa, ci vengono a spiegare che vanno via perché hanno lasciato un esercito di 300.000 uomini ben addestrati e militarmente forniti di armamenti ed un governo forte ed in carica in grado di gestire la situazione e poi vedi che il giorno dopo il presidente Ghani è il primo a scappare, tra l’altro portandosi appresso 160 milioncini di dollari, e dopo poche ore i talebani sono già nel palazzo presidenziale, dovrebbero perlomeno sotterrarsi dalla vergogna. Ma no anzi Biden rispondeva pure piccato alle domande dei giornalisti che lo incalzavano.

Gli hanno steso il tappeto rosso. Questa è la verità. Li avete visti, sono scesi tranquillamente i capi talebani da un lussuoso jet con la bandiera del Qatar per tornare al potere. Lo stesso Qatar a cui abbiamo delegato l’organizzazione dei mondiali di calcio del 2022. Lo stesso Qatar che attraverso i propri fondi possiede il Paris Saint Germain che ha appena acquistato a suon di miliardi Messi.

Chi paga i talebani ci compra senza farcelo pesare

L’inviata Cnn a Kabul Clarissa Ward (Foto: CNN)

Si presentano con i loro soldi in Europa col volto gentile, ci comprano ma senza nemmeno farcelo pesare, e poi te li ritrovi, sempre loro, gli stessi, con le loro barbe ed i kalashnikov ad imporre leggi disumane, incredibili anche a immaginarsi nel terzo millennio.

L’avete vista Clarissa Ward, inviata della Cnn che fino al giorno prima faceva normali collegamenti e poi ha dovuto indossare il velo, ed oggi addirittura minacciata, perché aveva ancora il volto scoperto, è dovuta partire dal Paese.

Costretta lei come tutte le altre donne. Che sono le prime ad essere colpite. Le avete lette le preoccupazioni degli omosessuali che rischiano addirittura la lapidazione. Ma dalle neo femministe oltranziste del nostro Paese nemmeno una parola, quando fino a ieri si prodigavano su temi importantissimi come il cat calling, i cambi lessicali di genere o il diritto di farsi crescere i peli sotto le ascelle.

Tutti talebani de noantri.

La fiera dei paradossi talebani

Ma cosa ti vuoi aspettare da una società in cui l’ex presidente americano Trump è bannato a vita da Twitter mentre i talebani fanno bella mostra del loro account ufficiale.

E mentre il governo americano professa fiducia nel nuovo corso talebano dagli stessi loro consolati bombardano di avvisi i cittadini americani di non recarsi negli aeroporti perché è già stata registrata la presenza di Al Qaeda e dell’Isis e si prevedono attentati.

Tutto questo a pochi giorni dall’anniversario dell’11 settembre in cui a tutti sono rimaste in mente le immagini degli uomini che si buttavano nel vuoto per sfuggire alle fiamme provocate dagli attentati aerei. Quelle lunghe cadute nel vuoto per trovare poi la morte sul freddo suolo. Questo mi hanno ricordato quelle povere figure che cadevano una ad una dall’aereo appena decollato da Kabul e che hanno trovato lo stesso destino dei lanciati dalle torri gemelle.

Solo che loro si buttarono perché il fuoco li stava per dilaniare anche fisicamente. Oggi no, hanno scelto la morte certa già solo per l’idea di tornare sotto un regime che li avrebbe schiacciati certamente anche con sofferenze maggiori. Solo per una paura immateriale, non per le fiamme che bruciavano i corpi. Pensate dunque a che livello sia arrivato il terrore.

Ma voi però state tranquilli che ci pensano i Talebani de noantri. Col dialogo. E con la loro invidiabile abbronzatura.

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