I tre elementi che mettono in ginocchio Valeo. E l’Automotive

Cosa c'è dietro alla crisi Valeo ed alla progressiva chiusura dello stabilimento. I tre fattori che hanno condizionato lo scenario. Il caso Omron. E quello Iacobucci

Emiliano Papillo

Ipsa sua melior fama

Il tramonto è iniziato. La luce del vecchio modo di produrre automobili si sta spegnendo: chi non si sbriga a capirlo resterà al buio. L’avvio verso la chiusura de facto dello stabilimento Valeo di Ferentino è la dimostrazione concreta della trasformazione in corso.

Valeo non è una fabbrica qualsiasi: è un pezzo della storia dell’Automotive nella provincia di Frosinone. È qui da quando le macchine le produceva Fiat e nello stabilimento di Piedimonte San Germano lavoravano circa 12mila addetti.

Sono tre gli elementi che hanno determinato quella che nella lettera dell’azienda ai sindacati viene indicata come “riconfigurazione degli scenari dei mercati e della filiera produttiva automotive”. Tradotto in maniera più comprensibile:1) le auto elettriche sono del tutto diverse da quelle tradizionali e non hanno più bisogno di buona parte dei componenti finora indispensabili; 2) il Covid ha dimostrato che deve essere accorciata la Supply Chain cioè la catena di approvvigionamento dei componenti altrimenti la produzione rischia di fermarsi perché in un punto qualsiasi del mondo hanno dichiarato il lockdown; 3) il costo dell’energia elettrica in Italia è tale da far schizzare in alto i costi di produzione, senza mezzi termini lo disse alla sua prima visita a Piedimonte San Germano il CEO di Stellantis Carlos Tavares.

Il declino Valeo

Nel mondo delle multinazionali le decisioni non si prendono dalla sera alla mattina. Coinvolgono CdA, revisori, società collegate (con i rispettivi CdA), banche, società di rating e riassicurazione. Chiaro allora che il declino di Valeo non è questione di questi giorni. Quanto stiamo vedendo ora è solo il risultato di scelte che vengono da lontano.

Infatti, Valeo Spa di Ferentino in poco più di 15 anni è passata da circa 800 addetti ad appena 72 dipendenti. È comprensibile allora che in queste ore abbia annunciato l’apertura della procedura per tagliare altri 50 dipendenti. Una quasi chiusura del sito visto che lascerebbe un numero residuo di lavoratori pari a 22 unità.

Nella missiva di 7 pagine inviata alle organizzazioni sindacali ed a Confindustria la società spiega che la decisione è diventata ormai inevitabile. Finora ha traccheggiato tra Cassa Covid e Cassa per Aree di Crisi Complessa destinata ad esaurirsi il 2 gennaio 2022. Ma adesso parte la riorganizzazione, quella che non può evitare di tenere in considerazione il riassetto della galassia Fca – Psa con la fusione in Stellantis. Quindi “nella riconfigurazione degli scenari dei mercati e della filiera produttiva automotive, si presenta la necessità di procedere a tale sostanziale riduzione di personale e di capacità produttiva dello stabilimento, preservando soltanto un nucleo minimo di risorse a salvaguardia delle residue esigenze cliente e con riserva di valutare in seguito ulteriori iniziative“. 

La lenta riduzione di Valeo

Lo stabilimento di Ferentino ha prodotto per anni i sistemi di climatizzazione per le vetture Fiat – Fca. Il successo delle produzioni Fiat Uno, Panda, Tipo, Croma, Multipla, aveva portato negli anni d’oro ad avere circa 800 dipendenti.

Il declino è cominciato nel 2008. Parallelamente alla riduzione delle produzioni a Cassino Plant, la riduzione di personale in Valeo è stata graduale. Il portafoglio commesse in ambito sistema di climatizzazioni si è esaurito a fine 2020 con la Giulietta Alfa Romeo.

La punta dell’iceberg

Valeo Spa è solo la punta dell’iceberg di una situazione di comparto molto difficile. “La notizia dell’apertura della procedura per licenziamento collettivo della Valeo Spa di Ferentino, un po’ ce l’aspettavamo” ha spiegato il segretario Fim Cisl, Mirko Marsella. “Da tempo chiediamo al Governo di sostenere le aziende che investono per aiutarle nella riconversione. Ma anche nella formazione specifica. Infatti alla Valeo Spa di Ferentino ad esempio la media anni degli addetti è alta, la formazione va fatta in modo specifico”.

Il costo dell’energia elettrica ha iniziato a decimare il sistema industriale. Nel silenzio assoluto di questo territorio. (Leggi qui Il sistema industriale ciociaro a rischio lockdown e qui Il bla bla bla tra i politici del Lazio).

La bolletta elettrica ha avuto il suo ruolo. “Gli aumenti del costo dell’energia hanno peggiorato ulteriormente la situazione. Come sindacati chiediamo al Governo vere politiche attive, aiuti a chi investe per riconvertirsi e formazione in linea con le esigenze di mercato. Deve esserci un piano industriale serio non interventi tampone“.

Giovedì in Unindustria è previsto il primo confronto azienda-sindacati. Poi sarà coinvolta la Regione Lazio.

E poi c’è Omron

Ma nel settore automotive anche la Omron di Frosinone è in difficoltà. L’azienda ha deciso di usare la cassa Integrazione ordinaria per 13 settimane fino a gennaio con blocco della produzione il venerdì. I lavoratori interessati sono 150. Un anno fa c’era stato un drastico taglio al numero degli addetti (Leggi qui Omron dimezza i dipendenti: colpa di Coivd. I sindacati: “È falso”).

Produce dispositivi elettromagnetici e relè per auto. Si era pensato anche a diversificare i prodotti puntando al settore farmaceutico ma il progetto va a rilento.

Nel settore metalmeccanico ma comparto aerospaziale si registra poi anche la crisi della Iacobucci HF Aerospace leader nella componentistica per aerei. Ha ordini per oltre 10 milioni di euro soprattutto per Air France ma causa i voli a rilento per il Covid le consegne sono state dilazionate. I circa 130 addetti sono in cassa integrazione con fermo produttivo al giovedì. Il venerdì tutti a casa.

Se il mercato dovesse riprendere potrebbero esserci buone prospettive di sbviluppo per la Bitron e la Fionda.

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