I tre segnali che cambiano lo scenario

Il Capo dello Stato Sergio Mattarella, la capogruppo M5S in Regione Lazio Roberta Lombardi, la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni. Tre mosse che disegnano un nuovo scenario. Capace di condizionare il futuro della Legislatura. Già dalle prossime settimane

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

I segnali sono tre, provengono da parti diverse ma vanno tutti nella stessa direzione. Il primo è partito dal Quirinale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha avvertito i naviganti che il senso del ridicolo è dietro l’angolo: se qualcuno nel Movimento 5 Stelle si è messo in testa di rimettere in piedi la maggioranza con la Lega mandando a casa il Pd, a giudizio del Presidente invece non c’è spazio per altre maggioranze in questa legislatura. Tradotto: o trovate una mediazione sulla Prescrizione o sappiate che andate tutti a casa ed a nuove elezioni.

La lettera di Roberta

Roberta Lombardi © Paola Onofri, Imagoeconomica

L’altro segnale è altrettanto dirompente. Parte da via della Pisana, sede del Consiglio regionale del Lazio, ufficio del Capogruppo M5S Roberta Lombardi. Sulla busta, l’indirizzo del destinatario è il presidente della Regione Nicola Zingaretti. Ma per recapitarlo donna Roberta (tra le poche intelligenze politiche nel suo Partito e per questo confinata in Regione) l’ha affidata al quotidiano La Repubblica (il primo che doveva essere chiuso, secondo molti suoi colleghi di militanza). Segno che il vero destinatario è l’intero Partito Democratico, dal primo dei suoi dirigenti fino all’ultimo deo suoi suoi iscritti.

In quella lettera aperta Roberta Lombardi chiede al Pd di mutare la sua posizione su due temi chiave per il M5S: abolizione della prescrizione e revoca della concessione sulle Autostrade. Spiega che “si tratta di due provvedimenti su cui non possiamo fare sconti e su questo spero che tu riesca a portare tutto il Pd, e le relative compagini, sul terreno che abbiamo scelto insieme per portare avanti degli obiettivi comuni“.

Poi poche altre frasi, nello stile asciutto, tagliente, concreto di donna Roberta, la stessa che mise alla berlina Pierluigi Bersani nell’unico famigerato streaming pentastellato. In quelle poche frasi Roberta Lombardi pone il Pd di fronte ad un bivio: convergere o mettere fine al dialogo con i 5 Stelle per assenza di elementi sui quali confrontarsi. E lo fa senza imporre ultimatum, quasi spianando la strada al Governatore – Segretario: parlando a lui ma mirando su quelli che nel Partito stanno avvelenando i pozzi usando Fake News per esasperare il confronto.

Convergere o finire

Nicola Zingaretti e Roberta Lombardi © AG IchnusaPapers

Un esempio? «Chi afferma che l’abolizione della prescrizione rende i cittadini indagati a vita, cosa del tutto falsa visto che la prescrizione si blocca solo dopo il primo grado di giudizio: un deterrente per evitare i ricorsi strumentali in appello allungando i tempi del processo fino a farlo naufragare con la caduta in prescrizione. La riforma Bonafede inoltre si applica a partire dai reati commessi dal primo gennaio 2020, quindi prima che arrivino a sentenza dovrebbero passare almeno 2-3 anni con i riti ordinari. Per tutti i processi in corso, invece, si applica la prescrizione anche dopo il I grado».

Il colpo di classe è quando ricorda che la prescrizione, in Europa, esiste solo in Italia ed in Grecia. E poi quando con altrettanta asciuttezza declina la posizione sulle Autostrade. Dicendo “Dobbiamo revocare le concessioni autostradali ai Benetton e strappare la gestione della Cosa Pubblica a quei potentati che per anni hanno guadagnato, e giocato, sulla pelle dei cittadini”.

Ciao Matteo, tocca a Giorgia

Il terzo segnale. Giorgina Meloni è andata a dama. Dalla Garbatella è arrivata a Washington dove ieri ha preso la parola alla Convention Repubblicana alla quale ha parlato il presidente Donald Trump. Significa sdoganamento su tutta la linea, la leader di Fratelli d’Italia viene considerata oggi l’interlocutore repubblicano in Italia. Ed i Repubblicani governano gli Usa.

Matteo Salvini

Se Matteo Salvini aveva ancora qualche convinzione in testa può cancellarla in maniera definitiva da ieri. Paga la seconda parte del prezzo della sua ingenuità politica e totale mancanza di spessore internazionale. Perché andare in Russia per intrecciare accordi nei quali venga messa in discussione la tenuta del fronte occidentale, abbracciare i leader dell’alleanza di destra a Visegrad, sono elementi capaci di suscitare l’orticaria a qualunque presidente Usa ed agli interessi delle economie che sono alla base di quel Paese.

Matteo Salvini potrà stravincere le prossime elezioni: non sarà lui il premier. Gli Usa glielo hanno detto ieri. A scanso di equivoci Giorgia Meloni glielo ha ribadito: “Io sono la vera destra pronta a fare il premier“.

Tre segnali che disegnano il nuovo scenario. Rien ne va plus.

error: Attenzione: Contenuto protetto da copyright