I tribuni della plebe e il diritto di tribuna

Dai tribuni della plebe che dovevano difendere i più deboli nell'antica Roma al diritto di tribuna dei giorni nostri. Fino alle commoventi tribune di salvataggio. La presentazione dei simboli al Viminale: una specie di circo. Adatto ad una campagna elettorale sempre uguale

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

I tribuni della plebe erano figure elette dal popolo da affiancare ai consoli. I tribuni si facevano portavoce delle istanze della plebe e garantivano sulla reale attuazione della giustizia sociale. Inoltre i tribuni erano inviolabili, ovvero intoccabili per legge da eventuali colpi di mano dei patrizi.

Essi potevano interporre il veto agli atti di governo contrari agli interessi della plebe; convocare il senato e chiedere l’emanazione di un decreto del senato; convocare l’assemblea della plebe e chiedere l’emanazione di una legge di “iniziativa popolare“. Disponevano, poi, di poteri polizieschi, potendo deferire chiunque dinanzi al tribunale del popolo.

Insomma erano dei veri e propri garanti del popolo che per lunghi tratti dell’impero romano garantirono, laddove servisse, che il potere patrizio non schiacciasse le esigenze popolari. Perché è semplice ricordare che prima dell’avvento della democrazia che letteralmente significa “potere al popolo” le forme di governo erano caratterizzate dall’egemonia continuata di una serie di oligarchie. Quelle oligarchie oggi simbolo di ogni negatività ma che hanno dominato le ere del mondo conosciuto per la quasi totalità.

La crisi di credibilità

Piero Angela (Foto: Stefano Carofei © Imagoeconomica)

Ieri è tristemente scomparso uno dei giornalisti divulgativi più amati della storia moderna e televisiva, Piero Angela. Era un giornalista umile e preparato, non era neanche laureato ma è riuscito nei decenni di attività televisiva a sopperire alle endemiche mancanze di cultura generale italiana a tal punto da diventare un punto di riferimento della cultura popolare. Così tanto da lasciare praticamente in eredità il suo ruolo al figlio Alberto altrettanto bravo e preparato.

Ma l’amore per questa figura che educatamente ha partecipato alla vita sociale della nazione con un garbo ed una credibilità inossidabile è sfociata in una serie di ricordi commossi e sentiti sulla stampa, sui social tanto da superare notizie ben più urgenti. È per questo che molti a gran voce ne chiesero la nomina a senatore a vita, richiesta mai ascoltata. Perché si fidavano, perché non aveva mai tradito il proprio pubblico.

A ben vedere le stesse caratteristiche che il popolo riponeva nei tribuni della plebe che , al contrario dei politici di professione, erano amati stimati rispettati. Un esempio in controtendenza in una realtà contemporanea che non si fida più ne della politica ne della stampa.

Dai tribuni al diritto di tribuna

Luigi Di Maio con Bruno Tabacci (Foto Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

Forse una figura da rivalutare quella dei tribuni popolari che avrebbero dovuto coincidere con i parlamentari in epoca di democrazia ma che il corto circuito istituzionale renderebbe invece necessari per difendersi proprio dagli eccessi e dalle incongruenze degli attuali parlamenti.

Oggi invece per paradosso non si parla più di tribuni eletti ed amati ma di diritto di tribuna. Quella strana formula che prevede che politici in disgrazia e privi di consenso popolare vengano ospitati in cambio di quella manciata di voti residui o di qualche oscuro servigio da Partiti più grandi in grado di farli eleggere in parlamento. Se ci pensate l’esatto opposto dei tribuni della plebe. Si usa un artificio elettorale usando i voti di chi non li avrebbe mai votati per farli approdare comunque in parlamento.

È così che in questi giorni vediamo Di Maio accolto dal Pd dopo lustri di contumelie reciproche, uno spazietto anche per Casini nel Pd dopo essere stato a lungo addirittura un leader del centrodestra. Di Maio stesso che deposta la maschera da rivoluzionario imbarca Tabacci e addirittura il partito Socialdemocratico che da anni veniva dato per scomparso.

Matteo Renzi e Carlo Calenda (Foto Paolo Lo Debole / Imagoeconomica)

C’è poi il caso particolare del diritto di tribuna di “mutuo salvataggio” che stanno applicando Renzi e Calenda vicendevolmente con due formazioni che da sole non avrebbero mai raggiunto il quorum elettorale ma che insieme garantiranno l’elezione ad un manipolo di fortunati estratti dalle segreterie di Partito.

Il balletto dei simboli

Nell’epoca del bipolarismo e della semplificazione poi fa specie il ridicolo balletto tenutosi in questi giorni con la presentazione dei simboli presso il ministero. Il tempio della democrazia che per alcune ore diventa il circo barnum con nani e ballerine intenti a depositare i simboli più assurdi spesso vestiti in maniera sgargiante o mascherati neanche fosse l’operetta.

Tra i primi a depositare il “Partito della follia creativa” il cui leader Giuseppe Cirillo detto Dr Seduction si è presentato con una tizia vestita da sposa con un cartello con scritto “sposiamo la follia” a caratteri cubitali. Poi Free il cui simbolo è uno che prende a calci pinocchio. Poi i Poeti d’Azione, il Sacro romano impero cattolico, Pappalardo coi gilet arancioni e trombati di varie fattezze tipo la ex iena grillina Giarrusso che si presente con il simbolo Sud chiama nord. Evidentemente non ha risposto nessuno aggiungo io.

Poi arrivano diciamo i Partiti più seri, absit iniuria verbis, tipo Calenda Renzi che inseriscono le due palle dei due movimenti in alto con un bel Calenda al centro. Formazione perfetta direi. Si perché l’accordone raggiunto tra i due prevede che ci sia solo il nome di Calenda, esponendosi così ai commenti dei maligni secondo i quali di Renzi si vergognano forse.

Tutti insieme moderatamente

Lupi, Biancofiore, Cesa, Toti (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

A proposito di palle batte tutti “Noi moderati” il raggruppamento dei moderati di centrodestra che ne infila ben quattro inserite in altre due. Brugnaro ed Udc in una palla, Noi Italia di Lupi e Italia al centro di Toti in un’altra, poi entrambe le palle inserite in una maggiore come in una grande famiglia.

Che poi Toti prima non si chiamava Cambiamo? Che io per la presenza di qualche leader locale avevo ribattezzato Campiamo con la p. Comunque la palma delle palle va a loro indubbiamente.

Anche i Partiti più grandi inseriscono qualche significativa modifica. Il Pd, in crisi d’identità, aggiunge una striscia rossa in basso con scritto “Italia democratica e progressista”. Non sia mai non lo ricordassero. Forza Italia furbetta mette un riferimento esplicito al Partito Popolare Europeo. 

La Lega si mantiene sul classico. Non mancano neanche praticamente tutti i simboli della prima repubblica che vengono perpetuati da pattuglie di nostalgici. Dc Pci Pli Pri Psdi c’è pure una lista Marco Pannella. Non manca la lista Mastella Noi di centro, Italexit ed Azione ancora alla ricerca di firme e quella “De Luca sindaco d’Italia” che però non è il De Luca governatore campano ma il sindaco di Messina. Chiude con triste presagio quella del giornalista Panzironi, che prometteva la vita fino a centoventi anni, che reca al centro una splendida ghigliottina di memoria rivoluzionaria francese. Allegria.

Se Conte non si fida

Giuseppe Conte (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Insomma non ci facciamo mancare niente. Neanche di fronte alla diminuzione dei Parlamentari si ripete il maestoso rito della presentazione delle liste.

L’unica novità è l’insolito mese di agosto. Come si dice non esistono più le mezze stagioni, oggi vale pure per la politica. Per cui vedi tutti i rappresentanti dei Partiti in fila al Viminale a schiattare di caldo in maniche di camicia. Strana apparizione quella di Conte poi, in genere si mandano i funzionari di Partito, ma lui è andato personalmente, si vede che là dentro non si può fidare di nessuno. Dopo la presentazione ha attirato l’attenzione sul rinnovato rosso del simbolo. Come il cuore ha affermato. Tutti hanno temuto per un imminente infarto.

Insomma non è difficile capire come in mezzo a tanta ridicola confusione gli italiani abbiano per decenni apprezzato la modestia e la preparazione di Piero Angela e di lui si siano fidati ben più che dei politici e dei Partiti.

Il mainstream

E come succede da secoli di fronte ai propri interessi i politici non parlano di altro. Ed i giornali appresso. La politica e le elezioni tengono banco in ogni prima pagina e nelle successive.

Provate oggi come faccio quotidianamente io se siete bravi a trovare una notizia sulla guerra in ucraina e sull’emergenza covid che sia nelle prime dieci, macché dico dieci , venti o trenta notizie in scaletta. Vorrei sapere come procedono i combattimenti ma non trovo nulla, così come il covid che corre ancora a velocità elevate. Della guerra ci è rimasto come notizia solo l’ondata di aumenti e rincari e la crisi economica.

Tutti temi che pensavo, dopo averci ammorbato per tre anni in staffetta, sarebbero stati centrali nella campagna di tutti i Partiti. Invece niente. Parte con la flat tax e rispondono con le tasse di successione sui patrimoni. Insultano il reddito e sparano le pensioni minime a mille euro. Sparano sul presidenzialismo e rispondono col rischio fascismo.

La stessa identica campagna elettorale degli ultimi trenta anni. Sembra peggio di Frozen il cartone animato che congelava tutto. Gli stessi temi congelati da trent’anni tirati fuori dal freezer ad ogni campagna elettorale. Niente e dico niente che realmente concerne l’attualità e i temi che ci circondano.

Tutto mentre i prezzi salgono alle stelle e l’inflazione galoppa a ritmi assurdi. Sarebbe il caso di ricordare che l’inflazione reale che alcuni stimano tra il dieci ed il dodici per cento annuo vorrà dire che la perdita di acquisto a fine anno di un italiano qualsiasi equivarrà ad uno intero dei suoi dodici stipendi annuali. È come se a causa dell’inflazione un stipendio all’anno sparisse nel nulla.

Proposte da non realizzare

Aldo Moro con la figlia, forse Agnese, sulla spiaggia di Terracina nel 1961

Ma i temi sono sempre gli stessi e non sono quelli che il popolo si aspetta. Con la beffa ulteriore che nessuno dei Partiti una volta al potere prova mai ad attuare veramente una qualsiasi delle proposte che fa in campagna elettorale.

Allora si che forse si sente la mancanza di veri e propri tribuni della plebe che possano scuotere gli animi e indirizzare l’agenda politica verso i temi di vero interesse popolare. In particolare quelli sociali. Dei veri tribuni lontani dai condizionamenti dei grandi gruppi di potere e delle oligarchie. Inviolabili ed intoccabili per legge come nell’antica Roma. Così si saprebbe cose vuole veramente il popolo.

Comunque in questa orgia di simboli e proposte fantasiose si avvicina il ferragosto che spero passiate nel migliore dei modi. Nel ricordo della politica di una volta, chi non ha mai visto la foto di Aldo Moro vestito di tutto punto in giacca e cravatta sulla spiaggia  per le ferie agostane. Beh attenti perché oggi rischiate di trovarvi in piana campagna elettorale coi politici che vi vengono a chiedere il voto in spiaggia. I vu votà sostituiranno i vu cumprà.

E soprattutto invece di Aldo Moro trovarvi Salvini con dei mutandoni verde leghista, spettoriato, con un mojito in una mano ed il bananone gonfiabile elettorale nell’altra, al ritmo della musica del Papetee che vi illustra il nuovo slogan elettorale 2022: io credo.

Ecco io la concluderei così. Io credo… che al peggio non c’è mai fine.

 Buon ferragosto a tutti.

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