Il 2022 della Politica: l’anno dalla doppia faccia

È stato l'anno del triplete per il centrodestra al Comune di Frosinone. Del Governo Draghi fatto cadere per il termovalorizzatore, mandando all'aria il Campo Larghissimo costruito in regione Lazio. L'anno del dopocena movimentato a Frosinone. E della vittoria indiscussa di FdI. Della riscossa alle Provinciali. E...

Come il dio romano Giano che aveva due volti per guardare passato e futuro. O quello etrusco Culsans, signore delle porte e dei passaggi. Il 2022 è stato l’anno dai due volti, cambiati in maniera repentina.

Si è aperto con il mondo in pace, i prezzi dell’energia al centro di una speculazione, il Governo Draghi pronto ad affrontare l’ultimo anno e mezzo prima del voto, generali Dem e 5 Stelle riuniti ai castelli Romani all’inizio dell’estate per scrivere il programma elettorale del Campo Largo che si appresta a candidarsi per continuare il lavoro svolto in Regione Lazio durante questi anni.

La rapida caduta

Mario Draghi

Invece tutto cambia. Nel giro di poco. Scopriamo che l’equilibrio sul quale poggiava il mondo era precario. Vladimir Putin ordina l’invasione dell’Ucraina e l’Occidente – che lo sapeva con largo anticipo – gli fa trovare un esercito addestrato, armato fino ai denti, motivato. Che impantana l’Armata Rossa nella più epica figuraccia dai tempi dell’Afghanistan.

Altrettanto rapida è la caduta del Governo Draghi. Anche il suo equilibrio era meno solido di quanto si credesse. Guidato da una figura di spessore mondiale, in pochi mesi aveva restituito credibilità internazionale al Paese: ma finisce nella smerigliatrice del clima elettorale, nessuno vuole puntare sui risultati ottenuti ma mirare alla pancia della gente dicendo che così non va. Salvini vede i sondaggi di Fratelli d’Italia impennarsi, convince Berlusconi che bisogna rompere. Il pretesto lo fornisce il termovalorizzatore annunciato a Roma dal sindaco Pd Roberto Gualtieri: a lasciare le impronte digitali è Giuseppe Conte che rompe e determina la crisi.

Quel termovalorizzatore è di ultimissima generazione. Ancora più evoluto di quello realizzato ad Acerra che ha salvato Napoli dalla monnezza e l’aria esce dai suoi filtri più pulita di quando entra. Migliore di quello che a Brescia e Milano ha ridotto a zero i rifiuti in discarica. 

L’impianto di Roma invece fa cadere il Governo e porta a nuove elezioni. Ma non solo. Fa saltare l’alleanza tra Pd e 5S per le elezioni regionali del Lazio: in maniera anomala, perché i due assessori pentastellati restano in giunta e continuano a lavorare. 

Nuovi equilibri regionali

Nicola Zingaretti

Non è l’unico cambiamento determinato sul Lazio. Con le elezioni anticipate Nicola Zingaretti si candida a Montecitorio, viene eletto, lascia la Regione. La sua uscita dallo scenario politico determina un riassetto degli equilibri innescando uno scontro sanguinoso tra Area Dem di Bruno Astorre e Dario Franceschini, con l’area di Claudio Mancini e quella di Goffredo Bettini

C’è un braccio di ferro per la candidatura alla successione di Zingaretti, l’erede designato è il suo vice Daniele Leodori. Ma il 5 Stelle annuncia che non ci sarà: a fine anno annuncia che il suo candidato è Donatella Bianchi, volto televisivo di Linea Blu su Rai Uno. I centristi di Carlo Calenda e Matteo Renzi dicono che per loro il nome su cui puntare è quello dell’assessore alla Sanità Alessio D’Amato

Bruno Astorre capisce che si sta chiudendo una manovra a tenaglia e lancia per primo la candidatura di D’Amato. Sull’assessore c’è la fresca condanna della Corte dei Conti pronunciata in estate: storie che risalgono agli anni di Badaloni, una rendicontazione poco chiara sulle spese per dei manifesti; D’Amato ha fronteggiato il covid, trasformato la rete ospedaliera, organizzato le vaccinazioni: se ne frega di quella sentenza e la impugna in appello. Va avanti.

Più tormentato l’esordio del suo rivale di centrodestra Francesco Rocca, presidente di Croce Rossa: Giorgia Meloni lo fa indicare al centrodestra unito segando le gambe all’unico avversario interno Fabio Rampelli che aspirava a quella candidatura. E poco consola che ci aspirasse anche Nicola Procaccini, deputato europeo ed ex portavoce della premier. A Rocca viene subito contestato il suo passato: una condanna per traffico di droga ed un periodo di detenzione; lui conferma e declassa tutto a peccato di gioventù, storia di redenzione;  gli tirano fuori i legami con il ras della sanità privata Angelucci, in una sorta di incompatibilità.

Triplete comunale

Ottaviani e Mastrangeli

Il clima è avvelenato. Già dall’estate. Nel pieno della campagna elettorale che porta il centrodestra a vincere per la terza volta le elezioni comunali di Frosinone. A Nicola Ottaviani succede la sua mente finanziaria il presidente dei farmacisti Riccardo Mastrangeli.

Il Pd era pronto a schierare il dottor Mauro Vicano, già manager della Asl e presidente della Saf (la società pubblica dei rifiuti). Salta tutto perché il Movimento 5 Stelle fa sapere che lo boicotterà, dichiarandolo impresentabile per via delle due inchieste ancora aperte e relative al periodo in cui guidava Saf. Vicano spiega che – anche se ci fossero – lui non può avere responsabilità su quella vicenda in quanto competenza del direttore, mentre lui aveva compiti di indirizzo politico.

Nulla da fare. Il Pd è costretto a richiamare in servizio Domenico Marzi che era stato sindaco vent’anni prima: compie l’impresa di arrivare al ballottaggio, manca l’elezione, vinta da Mastrangeli, anche grazie all’appoggio di Vicano che così consuma la sua vendetta.

Il movimentato dopocena

Tra il primo ed il secondo turno accade un episodio che avrà riflessi sulla politica nazionale. A Frosinone c’è una cena che riunisce i vertici della componente maggioritaria Pd: si accende una discussione su un rigore nel derby tra Roma e Lazio. Colpa del clima teso e del cesanese, la discussione si trasforma in una violenta lite verbale avvenuta in strada. Colorita, pittoresca, inopportuna. Ma qualcuno riprende da una finestra usando un telefonino: si sente il capo di gabinetto del sindaco di Roma pretendere le scuse in ginocchio minacciando altrimenti di ammazzare i suoi interlocutori.

Ciò che il video non fa vedere è che le minacce partono impugnando un ombrello. Ma siccome quella parte non si vede, chi non è presente pensa ad una scena di Gomorra. Il segretario nazionale del Pd Enrico Letta non vuole nemmeno conoscere i dettagli: salta il posto del capo di gabinetto e salta la candidatura alla Camera per il leader dem Francesco De Angelis.

Per un mese i media nazionali di destra e pentastellati parlano di una lite per affari, teorizzano maxi polizze assicurative pilotate e promozioni di primari. La procura della Repubblica di Frosinone indaga: l’unica cosa falsa che trova sono le polizze fatte vedere in tv, erano una patacca; un caso gonfiato per creare imbarazzo.

Le elezioni (non solo politiche)

Bruno Astorre

Le elezioni le vince Fratelli d’Italia: dal territorio vengono eletti deputati Massimo Ruspandini, l’ex Segretario provinciale Paolo Pulciani, l’ex direttore di Coldiretti Lazio Aldo Mattia di Frosinone; la Lega elegge l’ex sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani ed il coordinatore regionale Claudio Durigon; Forza Italia conferma il senatore Claudio Fazzone. Per il Pd vengono eletti il senatore Bruno Astorre mentre nel collegio Cassino – Frosinone si piazza Matteo Orfini. Il fango, dicono gli analisti, ha avuto il suo peso. 

Un po’ se lo toglie di dosso Mauro Buschini che nel 2022 assiste all’assoluzione del sindaco di Allumiere chiesta al giudice direttamente dal procuratore che aveva aperto il fascicolo sul concorso comunale dal quale poi avevano attinto anche le amministrazioni dei comuni vicini; Buschini era già stato riconosciuto limpido nei comportamenti dalla Regione che sul caso aveva istituito una commissione d’inchiesta. Quel caso gli era costato la carica di presidente del Consiglio regionale: aveva scelto lui di dimettersi perché l’ombra del sospetto non sfiorasse l’istituzione.

A fine anno decide di dire basta con la Regione e si candida alla guida del nuovo ente che deve coordinare la raccolta provinciale dei rifiuti: ne ha esperienza è stato assessore al Ramo; viene eletto da oltre il 60% dei sindaci.

Il riscatto del Pd arriva alle Provinciali: si divide, l’area del presidente uscente Antonio Pompeo e del sindaco di Cassino fa squadra con Fratelli d’Italia; l’area di De Angelis invece schiera l’alleanza con renziani e calendiani che è stata composta per le Regionali. Candida ed elegge il sindaco civico di Sora Luca Di Stefano mandando un fortissimo segnale alle elezioni Regionali: la destra non è imbattibile.

Se sia davvero così lo diranno le elezioni Regionali di febbraio Nel 2023.