Il bagno del cocomero

L'ode al rito antico del cocomero. Una sfida per gitanti veri, non i ragazzini di oggi che si aggrappano allo spritz. Storia di un cocomero accarezzato in auto come un barboncino, sepolto sul bagnasciuga come una mina anti tank, finito in panze che giammai avrebbero potuto contenerlo

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Fa un caldo atroce, un caldo da mare. Vedo in Tv dei ragazzi allegri quanto eguali che dicono di combattere l’afa con lo spritz, i cocktail con dentro cubi di ghiaccio che paiono iceberg. Come sempre quando vedi una cosa nuova rammenti la “vita vecchia” se sei vecchio.

Ma io da bimbo come combattevo l’afa? Andare al mare era una grande impresa, l’aria condizionata era ancora da venire e i sedili erano di vinile: plastica pura “senza respiro”. L’auto si arieggiava per velocità, ma puoi correre anche a mille all’ora: se l’aria è calda, al meglio ti fai una “fonata”.

Il mare era come la “terra promessa” almeno lì c’era la brezza mitigata. Ma, ma? La salvezza non era il luogo, l’acqua calda pure quella, ma la riserva di fresco generato. Tutti, dico tutti gli spiaggianti avevano la loro riserva di illusione del fresco: il cocomero.

Nella baracca di canne

Foto: Miroslav Čuljat

Lo comperavi per strada direttamente dal contadino alla baraccuccia di canne. Andava di moda il charleston, quello verde e lungo, trenta chili buoni. In macchina lo ospitavamo come quinto passeggero e lo accarezzavamo come ora si fa col barboncino.

Il trasferimento in spiaggia era un trasloco e doveva anche essere teatrale per umiliare il ragioniere del catasto che il cocomero lo aveva, tirato come era, di soli 15 chili.

Bisognava poi rifrescarlo e sulla spiaggia, nel bagnasciuga, iniziava uno scavo che quello per il porto di Lamezia Terme era una buca nella sabbia. Poi lo si depositava con cura, come fosse una mina anti-tank, poi lo ricopriva di sabbia bagnata. Si creava un microclima da cocomero in bagnasciuga che guadagnavi almeno 10 gradi .

Noi bimbi lo sapevamo sepolto e pregavamo in una sua non “resurrezione” perché il rito del cocomero avrebbe segnato la fine dei bagni, la pennichella dei ragionieri al mare con cocomero incorporato nella trippa che faceva tanto omo di potere.

La resurrezione del cocomero

Foto © Thibault Jugain / Pexels

Ma, come tutti sanno, se un cocomero va sepolto dopo tre ore è risorto. Veniva estumulato con gran cura e portato sotto l’ombrellone. Tutti intorno, il capo famiglia lo apriva con gran rumore (in dialetto per questo sinistro rumore il cocomero si chiama vernilo) di fibre che si dividevano.

Il primo pezzo del cuore di avanzo dalla spaccatura andava al tagliatore che, dopo l’assaggio con molta serietà, autorizzava la distribuzione. Ho visto uomini crepare, ho visto trasferimenti di 10 chili di cocomero dentro stomaci da 5. Ho capito così il miracolo.

E si era fatto sera, avevamo sacrificato un cocomero ma l’afa non si sentiva e… il bagno era occupato.

I cocktail hanno bisogno del ghiaccio, il cocomero del coraggio.