Il caso Karibù e la pietà lepina perduta

Il caso delle coop gestite dalla suocera e dalla moglie del deputato Aboubakar Soumahoro. Oggi l'istanza di liquidazione coatta ed il question time a Montecitorio. Ma la vicenda non è grave solo per gli illeciti: mette in discussione l'accoglienza disinteressata, che è sempre stata nel sangue dei lepini

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Perché il bene che io [Dio] sono non esisterebbe senza il male che sei tu [Diavolo], un bene che dovesse esistere senza di te sarebbe talmente inconcepibile che neppure io riesco a immaginarlo, insomma, se tu finisci, finisco anch’io, perché io sia il bene, è necessario che tu continui a essere il male, se il Diavolo non sussiste come Diavolo, Dio non esiste come Dio, la morte di uno sarebbe la morte dell’altro
José Saramago

È una brutta storia, raccontata con le nubi nere. E’ una brutta storia che arriva dopo altre brutte storie che fanno paura. Nelle tv, sui giornali, nella rete: Sezze, Priverno, Roccagorga, Latina diventano terra di nessuno, terra di scorrerie, di scorretti conti con la vita. Dove si gioca a poker sempre con un baro e le carte sono esseri umani.

Si parla di carità, che beffa, nel terreno dove la mia gente ha dato il meglio ospitando ogni “tribolatore” di questa terra senza chiedere mai conto del suo tribolare. “Se era bono era i nostro, ha iscito malo è gli nostro ugualo”, è l’essenza di questa comunità nello stare insieme. Ora si parla di denaro, e tanto, nell’assistenza. Si parla di conti lì dove non si dovrebbe contare ma curare.

Scioglimento e liquidazione coatta per Aid e Karibù

Marie Therese Mukamitsindo, suocera di Aboubakar Soumahoro (Foto: via Imagoeconomica)

La cronaca dice che oggi gli ispettori del ministero del Lavoro “hanno proposto lo scioglimento” della cooperativa Aid. Mentre per Karibù “si è conclusa ieri l’istruttoria culminata con la proposta di messa in liquidazione coatta amministrativa per eccessivo indebitamento. Mi appresto dunque a nominare i commissari liquidatori”. Parole del ministro delle Imprese Adolfo Urso, nel corso del question time che si è svolto oggi alla Camera.

Non basta. “Il ministero dell’Interno ha informato che la prefettura di Latina, negli anni dal 2017 al 2019, a seguito di 22 ispezioni, ha applicato circa 491.000 euro di sanzioni alla cooperativa Karibù. E che negli anni 2018-2022, a seguito di 32 ispezioni, sono state comminate sanzioni nei confronti di Aid per un ammontare complessivo di circa 38.000 euro”.

Il ministero del Lavoro, invece, ha comunicato che anche l’Ispettorato territoriale del lavoro di Latina “ha ricevuto 20 richieste di intervento concernenti cooperative in questione e ha attivato la procedura conciliativa monocratica per il riconoscimento degli emolumenti dovuti da corrispondere ai lavoratori”.

Non per gli illeciti

Frame da Piazzapulita

La vicenda della coop Karibù è brutta non per gli illeciti (sono cose che riguardano gli inquirenti) ma per la nostra radice, per la cultura. Accogliere ha dentro il “cogliere” che vuol dire prendere un frutto quando è maturo per essere stati capaci di curare l’albero. Qui , in questi giorni, raccontiamo di un albero non curato ma reciso. Appariamo al mondo come malvagi. Diavoli senza scrupoli, senza pietà di vivi e morti. Sessantacinque milioni di euro di soldi di tutti per aiutare un bisogno e invece non tornano.

Ma? Quirino Ricci, un contadino di Sezze, prese in casa sua alcuni bimbi ebrei che mise accanto ai suoi. Quando arrivarono i tedeschi e gli chiesero di chi erano quei bimbi lui rispose “I me, su tuchi i me”. Sono tutti i miei. Diceva la verità. Questa storia l’abbiamo raccontata, ma ora è cancellata da una montagna di soldi per una bontà “interessata, “remunerata” della storia nuova. Quel contadino agiva da setino, nessuna gloria. (Leggi qui E Cucchiarone disse ai tedeschi: “Sono figli miei, tutti”).

Qui c’è chi è diventato deputato, Aboubakar Soumahoro; c’è una grande impresa (i numeri sono grandi), la coop Karibù, e una comunità interdetta come chi si trova scritto alla lavagna nella colonna dei cattivi e lui si sentiva buono.

Lo stupore per le metastasi

Poi i giornali, le tv, elencano tutti i mali, come se scoprissimo metastasi ovunque in noi che ci consideravamo sani. Siamo basiti, siamo travolti dentro un girone dantesco dell’inferno. E nell’inferno nulla è buono, neanche le intenzioni. Questo è uno choc per noi.

Direte ma in questa storia i racconti non sono tutti veri. Ed è vero. Ma il racconto prende il posto della verità, la verità la dimentichiamo il racconto resta. Una macchia indelebile. Poi si mischia tutto, si spengono le luci, e tutto è nero pece.

Cosa fare? Non lo so, ma so che per chi moriva senza sepoltura c’era una confraternita della “Buona Morte” che rendeva a tutti la pietà di essere sepolti in chiese o in camposanti, per secoli. Ma questo non conta ora: conta il conto di quanto costava il plusvalore della pietà.

Fa freddo a Sezze, il vento viene dalla montagna eppure noi guardavamo la marina con il vento fresco dell’estate. Ora qui si gela.

Ma no, non siamo questo. Ma c’è il rischio che non possiamo dirlo, che non ci ascoltano più.