Il Consiglio di Stato boccia Ecoambiente

Il Consiglio di Stato boccia il ricorso di Ecoambiente. Chiedeva di rivedere una sentenza del Tar. Ora potrebbe essere la fine per il polo della lavorazione dei rifiuti

Andrea Apruzzese

Inter sidera versor

Potrebbe essere forse la parola fine” sul progetto di polo impiantistico che Ecoambiente vorrebbe realizzare da dieci anni. È la società che gestisce le discariche di Borgo Montello a Latina. Ed il Consiglio di Stato, con propria sentenza, ha respinto l’appello della società.

Ecoambiente chiedeva l’annullamento di una pronuncia con cui il Tar nel 2017 aveva accolto un ricorso della Rida Ambiente di Aprilia. Quella sentenza di primo grado aveva in parte annullato l’autorizzazione regionale del 2009 per la realizzazione di un impianto di trattamento meccanico biologico: è un impianto come quello della Saf a Colfelice, dove arriva la parte secca dei rifiuti non differenziati; lì vengono tritati e passati su dei vagli che dividono le plastiche dai metalli e dalle carte facendo un ulteriore livello di riciclo.

Non è tutto. La sentenze del Tribunale Amministrativo Regionale impugnata da Ecoambiente aveva annullato anche l’autorizzazione del 2015 per la realizzazione del suo polo impiantistico. Un polo che all’epoca era di proprietà al 51% di Latina Ambiente (a sua volta posseduta al 51% dal Comune di Latina) e dal marzo 2018 di proprietà della Systema Ambiente del gruppo Cerroni.

Il ricorso di Rida

Foto Marco Cremonesi © Imagoeconomica

Nel ricorso del 2017, Rida Ambiente obiettò che «il piano regionale dei rifiuti non contiene un completo e esaustivo censimento degli impianti esistenti, anzi si fonda sul presupposto erroneo che nell’ambito provinciale di Latina non vi sia alcun impianto di produzione di cdr (combustibile da rifiuto, che si ottiene dai Tmb con il materiale non riciclato. Con ciò illegittimamente escludendo l’impianto della Rida dalla possibilità di rendere ai Comuni il servizio per cui è autorizzata».

Inoltre, che «l’impianto di cui Rida è proprietaria è da tempo in esercizio, con capacità di soddisfare l’intero fabbisogno dell’ato (ambito territoriale ottimale, ndr) pontino».

Sulla base di questi motivi, il Tar annullò l’autorizzazione al polo impiantistico rilasciata nel 2015 a Ecoambiente. La società si era quindi appellata al Consiglio di Stato, con ben quattro motivi, per chiedere la riforma della sentenza del Tar.

Il No del Consiglio di Stato

Una delle linee di lavorazione Tmb

Ora i giudici hanno rigettato la richiesta. Obiettando, tra le altre fattispecie, anche il fatto che «non può accedersi alla tesi dell’appellante per cui si sarebbe trattato di “un unico complesso impiantistico”, e quindi ai fini dell’applicazione della vecchia disciplina si poteva (come fatto dalla Regione) considerare già esistenti le discariche gestite dalla odierna appellante senza che rilevasse il mancato avvio dei lavori di realizzazione dell’impianto di trattamento (il quale, peraltro, per quanto sopra detto non aveva neanche ottenuto l’autorizzazione in tempo utile)».

Ma in cosa consiste il polo impiantistico integrato progettato a suo tempo da Ecoambiente? In tre distinti impianti: il primo è il trattamento meccanico biologico (simile a quello di Colfelice); il secondo per il trattamento del percolato prodotto dagli invasi della discarica (sono i liquami che si generano nella discarica a mano a mano che i rifiuti diventano inerti); il terzo per il trattamento della frazione organica (la lavorazione degli avanzi di cucina e degli sfalci dei campi).

Il braccio di ferro di Ecoambiente

La società oggi fa parte del gruppo Cerroni. Ha più volte sottolineato la sua volontà di realizzare quel polo per proseguire la propria attività. Una precondizione per continuare a operare sul sito di Montello, inclusa la bonifica, al centro del braccio di ferro con il Comune di Latina.

Un braccio di ferro che, all’epoca in cui proprietario della società, indirettamente, era lo stesso Comune, costituì per lungo tempo anche un paradosso.

Se questa sentenza potrebbe mettere una parola fine sul polo, Ecoambiente ha in piedi altri ricorsi e appelli al Consiglio di Stato. L’ultimo, contro il quale si è costituita in difesa l’amministrazione di piazza del Popolo, è di un mese fa. Chiede la riforma della sentenza del Tar che aveva bocciato un ricorso di Ecoambiente per impugnare il verbale della conferenza di servizi del dicembre 2019. Solo una parte di quel verbale: la parte in cui si diffidava la società, sempre dichiaratasi estranea all’inquinamento del sito, a eseguire il capping (copertura) per il bacino S0, il primo che fu coltivato, risalente agli anni ’70.

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