Il coraggio di dire che è ora di cambiare

Senza ricevuta di ritorno. La raccomandata del direttore su un fatto del giorno. La fuga di Catalent, la parabola Stellantis: cosa altro occorre per capire che questo territorio deve cambiare?

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

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L’abitudine è una formidabile arma di difesa per i timidi e gli insicuri in genere. Trovano solidità e rassicurazione nel percorrere una strada sulla quale sono già passati in tanti. E per questo non riserva sorprese.

Nessun rischio. Ma anche nessuna innovazione. È quanto successo al territorio del Sud Lazio in quest’ultimo mezzo secolo. Si è adagiato su quelle che erano le sue sicurezze, rintanandosi in una comfort zone sempre più fragile con il trascorrere del tempo.

Poco alla volta questa non è più stata terra di industria e di operai. Ma nessuno di quelli che viene votato per costruire il futuro di un territorio, ha fatto qualcosa. Preferendo l’abitudine: e di fronte al freddo che cominciava ad arrivare non ha pensato a come riportare Ciociaria e pontino sotto al sole dello sviluppo ma si è accontentato di farsi dare una copertina chiamata Cassa Integrazione o ammortizzatori vari.

Miriam Diurni

Per questo ci vuole coraggio a fare le considerazioni tirate fuori oggi dalla presidente di Unindustria Miriam Diurni. Ha detto che è arrivato il momento di ragionare come se la provincia fosse una cosa unica, mettendo in secondo piano i campanili. Ha chiesto alla Provincia di farsi catalizzatore di questo processo. Dicendo basta ad un clima antindustriale. Che oggi, meno del passato, trova giustificazione. Perché le fabbriche di oggi devono essere etiche, sostenibili, green: altrimenti i clienti non comprano e preferiscono altri

Ha detto con chiarezza che il futuro non sta nell’Automotive che è stata la nostra copertina di Linus per decenni. Quel mondo sta cambiando. E se non ci attrezziamo, ciò che è stata la Fiat negli anni Settanta rinascerà altrove. Lasciando a noi solo i capannoni. 

Le aziende dell’Automotive cassinate hanno creato il primo contratto di rete. Ma occorrono strategie e leggi che questo territorio per ora non ha. Così come non ha fonti di energia: strategiche per attrarre gli investitori. Il 2022, per paradosso, è stato l’hanno della fuga: Catalent ha spostato da Anagni al regno Unito il suo investimento milionario che ci avrebbe dato prospettive per anni. 

Uno dei reparti dello stabilimento chimico farmaceutico Catalent di Anagni

Il 2023 rischia di vedere altri che la seguiranno, lasciando la Ciociaria per spostarsi di pochi chilometri: Latina e Pomezia, perché qui c’è una legge che ci sfavorisce a vantaggio dei territori vicini. Unindustria – ha annunciato – l’ha impugnata.

Per dire questo occorre coraggio. Perché sarebbe bastato adagiarsi sull’abitudine. Lei non lo ha fatto. Chi governa questi processi, ora, ha il dovere di fare altrettanto. Altrimenti, tra un anno, saremo qui a raccontare il funerale di un sistema.

Senza Ricevuta di Ritorno