Il coraggio di guardare avanti. Ecco perché Longo non è Marino.

Basta con i fantasmi! Mister Longo mette il dito nella vera debolezza di questo Frosinone. E tenta di esorcizzarla. Una volta per tutte. Rivendicando per sé e per i suoi ragazzi la fiducia che merita perché come ha sottolineato ieri in conferenza stampa “dietro ai giocatori ci sono degli uomini” e quegli uomini devono sentirsi liberi di poter sbagliare

Elisa Ferazzoli

Giornalista in fase di definizione

“Dobbiamo smetterla di pensare all’anno scorso.

La chiave di lettura di Frosinone-Salernitana è tutta in questa dichiarazione pronunciata da mister Longo a fine gara.

L’assillo sottaciuto che perseguita squadra e tifosi è finalmente venuto fuori a chiare lettere, dopo uno zero a zero casalingo annacquato, pesante e avaro di emozioni.

“Dobbiamo smetterla di pensare all’anno scorso.”  Tutti, Longo compreso.

Il plurale maiestatis, lungi dall’essere usato in maniera retorica  –  poiché a rigor di logica avrebbe dovuto dire “Dovete smetterla di pensare all’anno scorso” – svela lo stato d’animo di un allenatore che non ne può davvero più di avere a che fare con il fantascientifico e paradossale epilogo della stagione 2016/2017, di doversi confrontare con le scelte fatte da qualcuno che fisicamente non c’è più ma che dal primo giorno continua ad essere l’unico termine di paragone e di giudizio.

Longo è esigente, un perfezionista; sa bene che sarà questo dettaglio a fare la differenza.

Sa che “finché non ce lo togliamo tutti dalla testa, siamo noi i primi a metterlo nella testa dei giocatori che poi scendono e vanno in campo.”

 

 

Longo non è Marino. Non lo è in tantissimi aspetti. Non lo è stato dal principio poiché si è assunto l’incarico (scomodo) di restituire una faccia, un’identità e degli obbiettivi ad una squadra in frantumi.

Non è Marino quando dopo una vittoria difficilmente riesce a nascondere uno sguardo fiero e soddisfatto o quando cerca di mascherare una prestazione deludente ricorrendo all’ars dicendi, arte nella quale brilla per eleganza e chiarezza.

Non è Marino quando chiama le cose col proprio nome, quando risponde con sensatezza alle domande della stampa, quando si assume le proprie responsabilità di fronte alle scelte fatte; non lo è quando lo vedi urlare e sbracciarsi per 90’ in quel rettangolo tratteggiato fra la panchina e il terreno di gioco.

Il Suo Frosinone non è quello di Marino quando trova il coraggio di reagire e trasformare una sonora sconfitta in una vittoria sfiorata (vedi Pescara e Cremonese). Longo non è Marino quando a fine gara nel bene e nel male va a salutare la Curva Nord mostrando empatia, riconoscenza e rispetto.

 

A 11 gare dalla fine mister Longo chiede che si smetta di dare per scontato il percorso intrapreso finora, che si smetta di giudicare come fallimentari tutte le opzioni eccetto il primato della classifica, che si smetta di avere paura di qualcosa che non esiste più.

Chiedendo di finirla col passato Longo sta rivendicando per sé e per i suoi ragazzi la fiducia che merita perché come ha sottolineato ieri in conferenza stampa “dietro ai giocatori ci sono degli uomini” e quegli uomini devono sentirsi liberi di poter sbagliare ancora per riuscire anche solo ad immaginare un epilogo diverso.