Il dilemma di Scalia con l’incontenibile Alfieri

Chiuso nel suo ufficio, lontano dai rumori, con la suoneria dei telefoni messa su ‘muto’, il senatore Francesco Scalia studia la situazione.

Valuta se tenere il campo o ammainare la bandiera della sua componente, in vista del congresso provinciale.

Il problema di fondo è che diventa sempre più difficile riuscire a realizzare il suo disegno politico: pacificare il Partito, ottenere la reciproca legittimazione tra le componenti, ritrovare l’asse e la sintonia con Francesco De Angelis, avere le spalle coperte in vista delle prossime elezioni.

La strada individuata con l’altro Francesco prevedeva un ‘disarmo’ bilanciato dei due pretendenti alla segreteria provinciale: Simone Costanzo (segretario uscente) e Domenico Alferi (candidato a sua insaputa, in quanto nega di esserlo ma da mesi parla come se lo fosse). La tregua passava per un immediato abbassamento dei toni, uno stop alle dichiarazioni sulla stampa che potessero alimentare le tensioni, una serie di tavoli nei quali concertare la candidatura. E soprattutto la disponibilità dei due candidati a fare un passo indietro per favorire una soluzione unitaria. Mettendo anche in discussione la reciproca discesa in campo.

Ha retto. Ma solo per pochi giorni. Poi la tregua è saltata. Colpa di una dichiarazione fatta via web da Domenico Alfieri e subito ripresa da siti e giornali. Simone Costanzo l’ha interpretata come una chiara rottura degli accordi ed a quel punto ha detto “Se è così, scendo in campo anche io. Ma io ci metto la faccia e non mi nascondo, mi conto, non dico che non sono candidato”.

Quello che Scalia vuole evitare è che si arrivi ad un nuovo scontro che possa tornare ad avvelenare il Partito: significherebbe buttare alle ortiche tutti gli ultimi mesi di lavoro e di passi in avanti.

Ha riunito i suoi e fatto capire quanto fosse importante evitare la rottura. E quanto fosse importante tentare di individuare una possibile soluzione alternativa a Costanzo ma anche ad Alfieri.

Il problema di fondo è che Domenico Alfieri non vuole sentirne di fare passi indietro: si diverte a giocare a fare il non candidato, sapendo che una parte del blocco De Angelis lo potrebbe anche appoggiare. E se i numeri necessari per vincere non dovessero esserci ne uscirà dicendo “Sono mesi che vado ripetendo di non essere candidato, sono i giornali a scrivere il contrario”.

E proprio in queste ore Simone Costanzo torna a ribadire la sua posizione: “In questi giorni ci stiamo confrontando a livello provinciale per svolgere un congresso che si concentri unicamente sui contenuti e che veda il riconoscersi reciproco di tutti gli appartenenti alla realtà democratica. Alla fine dovrà emergere il NOI di democratici e non l’IO, cioè il NOI di essere appartenenti alla stessa comunità e di avere gli stessi obiettivi”.

Ad Alfieri che sosteneva come nessun tavolo fosse legittimato a scegliere il candidato, Costanzo replica “Ho sempre ritenuto essenziale e a maggior ragione ora, indispensabile rendere protagonisti del congresso i circoli locali e i tesserati, i quali sono gli unici abilitati a scegliere il futuro segretario provinciale eleggendo i delegati collegati che poi formalmente lo sceglieranno in Assemblea. Così come ho sempre ritenuto per i partiti essenziale veder vivere la democrazia che, per funzionare bene, aldilà dei ruoli, che si possano occupare, deve vedere protagonisti tutti con rispetto, con collaborazione, con condivisione sempre maggiore per raggiungere obiettivi importanti per la comunità territoriale”.

E la candidatura unitaria, la possibilità di fare un passo indietro, tutti? “E’ lodevole il lavoro svolto per provare a ritrovarci tutti su un candidato sulla base dei programmi e degli obiettivi che si vogliono perseguire ma, dinanzi, a difficoltà nel concretizzare questo non vedo problemi, anzi, alla lunga in un clima di rispetto e riconoscimento reciproco vedo la possibilità di includere più sensibilità presenti nel partito e di accrescere la qualità dell’offerta politica con più candidature che si confrontano e si arricchiscono”.

Insomma: più siamo e meglio è. Anche perché si frammenta il voto e le sue preferenze interne assumono ancora più peso specifico ed elettorale.

Sa che arrivare alla sintesi politica è una mission quasi impossible . E allora rilancia “Immagino un congresso in cui il partito e i suoi amministratori dal livello nazionale con i senatori Scalia e Maria Spilabotte, l’onorevole Nazzareno Pilozzi, al regionale con Mauro Buschini , al provinciale con il presidente Antonio Pompeo, il capogruppo Antonio Cinelli e gli altri consiglieri, fino ai tanti Sindaci e amministratori locali dialoghino virtuosamente sul lavoro fatto e sulle tante cose da fare per la nostra bellissima terra”.

Scalia i conti li sa fare. Se si va alla conta per legittimarsi in modo reciproco ha un senso; non lo ha andare allo scontro per avere un Partito spaccato.

Proprio per questo sta decidendo: e se lasciasse il campo per un po’ di settimane, chiamato all’estero per due settimane e trattenuto a Roma per altre due a causa degli impegni con la Bicamerale sui Rifiuti, tornando solo a cose fatte?

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