Il diserbante di Rignano che lancia un’Opa su Forza Italia

L'Opa alquanto ostile di Matteo Renzi su una Forza Italia che di Berlusconi è in predicato (politico) di orfanaggio. E la difesa da quello che molti considerano non un rottamatore. Ma un diserbante

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Matteo Renzi rompe cose”: potrebbe essere un claim coi fiocchi. Ma ha un difetto di fondo: non è una furbata, è banale. È banale perché le terribili skill del senatore di Rignano sono ormai note anche ai rignanesi di 80 anni in bocciofila. E neanche fanno più ridere. C’è un dato, una costante storica nella politica italiana degli ultimi 20 anni ed è quello per cui Renzi è oggettivamente una persona che politicamente vive sulle cataste di cadaveri eccellenti che lui stesso fa. Ora resta da capire perché lo faccia e siamo a posto.

Una volta, tanto tempo fa, dalle azioni sniper di Renzi sembrava emergere una linea politica: una condotta che sacrificava il suo cinismo sull’altare di strategie più o meno credibili. O su cui la presunzione di logos era apparecchiabile con un minimo di logorrea basic. Oggi non è più così. Ed ove lo fosse, discernere il fine tattico è certamente più difficile.

Escalation al contrario

Matteo Renzi e Carlo Calenda (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Dalla sua prima vittima eccellente, Pierluigi Bersani, fino alla sua ultima scorreria, quella che ha consegnato all’Italia la carcassa di un Carlo Calenda ridotto ai minimi termini, è stata tutta una escalation al contrario sulla scala di opportunità a ché quei blitz accadessero.

E come non mettere fra le tacche sul calcio del fucile del nostro quell’Enrico Letta che sereno da quando glielo disse Renzi non ci è stato più? Come non pensare ai 101 che affondarono il Prodi quirinalizio? E la dinamite sotto un Giuseppe Conte blindato dalla questua d’oro per il Pnrr? Insomma, con Renzi val più la pena dire che c’è un elenco di “morti” sotto le sue suole che enunciarlo, quell’elenco. Si farebbe notte.

Ma il dato è un altro: è quello per cui nella sua lunga carriera da rottamatore studiato a “diserbante” indiscriminato il senatore ed ex premier ha fatto anche una vittima più eccellente delle altre: Silvio Berlusconi. Il Cav il suo sogno quirinalizio lo coltiva da molto più tempo di quanto non dicano gli annali recenti con l’elezione bis di Mattarella. Lui con il Colle ci si bruciò il fondo dei pantaloni già con la prima elezione dell’attuale Capo dello Stato. Come? E con chi? Con il Patto del Nazareno. E, quasi inutile precisarlo, con Renzi. Che ruppe il patto, spedì Mattarella al Quirinale

L’Opa su Forza Italia

Silvio Berlusconi (Foto © Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

In quello stesso momento Matteo Renzi avviò il suo harakiri politico culminato con quel referendum costituzionale che volle trasformare in un referendum sul suo carisma di leader del futuro. Come andò a finire se lo ricordano tutti, come accade sempre cioè quando un politico inizia a credersi di più della somma dei suoi errori.

Ed oggi che il futuro è morto, il passato è pieno di teschi in montagnola ed il presente pulsa di pensieri perplessi su una condotta degna di una tesi di laurea Renzi potrebbe fare quello che ad oggi rimane la sola strada per sopravvivere. Fare come le remore sotto il grugno degli squali e lanciare un’Opa su Forza Italia che proprio di Berlusconi è in predicato (politico, per carità) di orfanaggio.

Ma Forza Italia ha un vantaggio che gli altri Partiti non hanno. O posseggono in maniera minoritaria: ha la memoria di ferro dei Partiti a vocazione messianica. Che significa? Che fra gli azzurri non ci sono amnesie innescate dall’avvento in corso d’opera di nuovi leader. Il leader è sempre stato uno solo e chi ha fatto del male a lui sta in casella dei cattivoni per sempre. Come nelle faide familiari nell’Albania degli anni ‘80. E chi se non Paolo Barelli, neo capogruppo alla Camera chiamato dal Cav poi malato a custodire il vocazionismo del Partito, poteva vestire i panni del vendicatore?

Caporali, generali, diserbante

Paolo Barelli (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

A Sky Tg24 Agenda e dietro domanda infida sul tema la risposta è stata l’archetipo delle mani avanti, ma con gli artigli più sfoderati di un aquilotto che tiene il nido mentre la mamma si cura un’ala rotta: “Forza Italia ha già un generale, che è Silvio Berlusconi. Se Renzi vuole venire a fare il caporale in mezzo ai nostri tanti capaci dirigenti, siamo aperti a discutere“. E in sequenza, con bonaria lisciata preliminare modello “burba” e seconda scoppola su cranio: “È simpatico e bravo, se vuole venire a dare un contributo a Forza Italia, noi di sergenti e soldati militanti ne abbiamo bisogno“. Amen.

Insomma, se solo 10 giorni fa lo scenario era quello di un Terzo Polo potenzialmente unito a crasi indissolubile e che aspettava la messe azzurra come il frutto maturo che cade dal pero, oggi lo scenario è cambiato. E c’è un pezzo del fu Terzo Polo che ha più parlamentari che elettori e che il frutto magari vorrebbe andare a coglierselo direttamente dal ramo. Perché sull’albero quel solo frutto gli è rimasto, e perché a volte anche i diserbanti devono capire che ci sono piante da non toccare.

Solo per un attimo, poi semplicemente fanno quello per cui sono nati.

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