Il duro e puro Di Battista per pressare Di Maio, mentre Renzi arrocca il Pd

Il Governo reggerà fino alle europee, ma nei Cinque Stelle le tensioni stanno affiorando. E il ritorno di Dibba comprimerà gli spazi di manovra di Giggino. Matteo Salvini è preoccupato e Silvio Berlusconi non ha rinunciato all’idea di staccare il Carroccio dai pentastellati. Ricordando l’operazione di Massimo D’Alema. Per l’ex rottamatore, invece, il 4 marzo non c’è mai stato.

Il primo a capirlo è stato Matteo Salvini, che in quanto a fiuto politico non è secondo a nessuno.

Il vicepremier, ministro dell’Interno e leader della Lega, ha detto ai suoi che i problemi veri sulla tenuta della maggioranza gialloverde inizieranno quando Alessandro Di Battista tornerà in Italia dal Sudamerica. Perché a quel punto Luigi Di Maio, vicepremier, ministro del Lavoro e capo politico dei Cinque Stelle, non vorrà farsi scavalcare e di conseguenza sarà meno disposto a mediare su punti chiave.

 

La crisi della “manina” ha fatto emergere chiaramente che Di Maio ha difficoltà enormi a tenere il Movimento. Al momento però deve fronteggiare più che altro Roberto Fico, che però ha un ruolo istituzionale (presidente della Camera) che non gli consente di spingersi tanto oltre.

Alessandro Di Battista non avrà di questi problemi e se alla fine sarà lui l’uomo di punta dei pentastellati per le europee, allora è facile ipotizzare che cercherà di fare una campagna elettorale da ritorno alle origini.

D’altronde il Movimento continua a perdere terreno nei sondaggi, mentre il Carroccio vola. Soprattutto nel voto reale, come dimostra la tornata elettorale in Trentino.

Nonostante tutto però il Governo reggerà senza grossi problemi, almeno fino alle europee. Poi si vedrà, ma intanto mentre Silvio Berlusconi si è lasciato l’opzione di provare a staccare Salvini dai Cinque Stelle, il Partito Democratico, ancora a traino renziano, neppure questa ipotesi si è riservato.

L’impostazione della Leopolda è quella di una chiusura totale. E ancora una volta neppure uno straccio di autocritica su sei milioni di voti persi in dieci anni. Dovrà provarci Nicola Zingaretti, per il quale però resta l’insidia del congresso.

I renziani non danno certezze, né sulla data, né sulla candidatura alla segreteria di Marco Minniti. Negli anni del trionfo berlusconiano Massimo D’Alema riuscì a rimettere in corsa il centrosinistra “staccando” pezzi importanti all’allora maggioranza di centrodestra: la Lega di Umberto Bossi e l’Udc di Rocco Buttiglione. Ricordate il pranzo di Gallipoli?

In politica si fa così, si fa politica. Matteo Renzi, invece, si comporta come se fosse ancora lui il premier.