Il fagiano modello ‘Dunning Kruger’

Analisi del 'ciuccio e presuntuoso'. O, in maniera più elegante: il fagiano. Meno capisce e più è convinto di capire. E se gli viene qualche dubbio... ecco cosa fa. Tutte le prove scientifiche: dal primo fagiano fino a quelli dei giorni nostri

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

L’effetto Dunning-Kruger è una distorsione cognitiva, a causa della quale individui poco esperti e competenti in un campo tendono a sopravvalutare le proprie abilità stimandosi, a torto, esperti in materia. Come corollario di questa teoria, spesso gli incompetenti si dimostrano estremamente supponenti.

Anticipando il tema potremmo dire che, in  particolare in questo periodo di serrati dibattiti vaccinali, l’effetto lo potremo facilmente riconoscere in una altissima percentuale di interventi che seguiamo sui mezzi di comunicazione od in particolare sui social. Trasversalmente agli ordini di pensiero pro vax o no vax ed a tutti i temi dove vi è contrapposizione di dibattito supportata da argomenti pseudo scientifici. Ma non solo.

Il primo fagiano

Ma veniamo ai fatti. Il 6 gennaio 1995 Wheeler McArthur, il prototipo primigenio del fagiano, rapinò due banche di Pittsburgh, la Fidelity Savings Bank e la Mellon Bank. Lo fece in pieno giorno ed a volto scoperto.

Il video venne trasmesso nel Pittsburgh Crime Stoppers. Un veicolo informativo che mostrava video di crimini per favorire il riconoscimento dei malviventi. Meno di un’ora dopo, McArthur, con sua somma sorpresa, fu catturato dalla polizia. Dopo essere stato arrestato disse: “ma io indossavo il succo”.

Ma perché McArthur aveva compiuto le rapine senza nemmeno cercare di nascondere il volto?

La spiegazione è tanto semplice quanto assurda. McArthur si era cosparso di succo di limone, convinto che la “geniale” mossa lo avrebbe reso invisibile alle telecamere di sorveglianza. Per testare la sua teoria prima delle rapine, si era finanche scattato una foto con una Polaroid. Non vedendosi nella foto, si era convinto ancora di più della bontà della sua teoria. Evidentemente, con il succo di limone negli occhi, aveva puntato la macchina fotografica in maniera errata.

Il fagianissimo rapinatore credeva di essere non riconoscibile grazie al succo di limone, perché, qualche tempo prima, un amico gli aveva mostrato che, scrivendo su un foglio alcune parole utilizzando succo di limone, la scritta rimaneva invisibile fino a quando non la si avvicinava a una fonte di calore. Dunque, Mc Arthur si era convinto che, cospargendosi il viso di limone e rimanendo lontano da fonti di calore, non sarebbe stato visibile agli altri, né tantomeno alle telecamere.

Un fagiano così assoluto che attirò l’attenzione e la conseguente ilarità di milioni di persone.

Gli studi sull’uomo – fagiano

Il prof. David Dunning

Lo strano avvenimento però suscitò anche l’interesse di David Dunning, professore di psicologia sociale alla Cornell University, il quale pensò: se Wheeler era troppo stupido per essere un rapinatore di banche, forse era anche troppo stupido per sapere che era troppo stupido per essere un rapinatore di banche. Ciò significa che la sua stupidità lo ha reso inconsapevole della sua stessa stupidità”.

Semplice no?

Dunning incominciò quindi alcune sperimentazioni insieme a Justin Kruger, suo allievo alla Cornell. Nel 1999 pubblicarono insieme il lavoro conseguente ad una lunga serie di esperimenti che determinò la nascita dell’ “Effetto Dunning Kruger”.

Ciò che venne fuori dallo studio fu sorprendente. Infatti, era emerso che i soggetti meno competenti si autovalutavano molto al di sopra delle proprie capacità. Di contro, i soggetti molto competenti si valutavano leggermente al di sotto. Quindi, i peggiori avevano un’errata visione delle proprie capacità, i migliori, invece, dal momento che non avevano avuto problemi a svolgere i test, ritenevano che anche gli altri fossero nella stessa situazione.

L’esperimento ebbe un’ulteriore fase che confermò le prime ipotesi dei due psicologi. Infatti, al gruppo di studenti preso in esame, fu chiesto di ripresentarsi per visionare i test dei propri compagni. Avrebbero, infatti, dovuto valutarsi nuovamente.

A questo punto, così come per la prima autovalutazione, sono successe due cose molto diverse: i peggiori tra gli studenti non cambiavano la propria valutazione, mentre i migliori aumentavano la classificazione che si erano assegnati. I due studiosi conclusero che: Quando le persone sono incompetenti nelle strategie che adottano per ottenere successo e soddisfazione, sono schiacciate da un doppio peso: non solo giungono a conclusioni errate e fanno scelte sciagurate, ma la loro stessa incompetenza gli impedisce di rendersene conto. Al contrario, come nel caso di Wheeler, si ha l’impressione di cavarsela egregiamente. Tale conclusione spiega perfettamente cosa successe al rapinatore di Pittsburgh.

Il fagiano dei giorni nostri

Coronavirus, tampone e provette Foto © Paolo Lo Debole / Imagoeconomica

Tutto questo rapportato ai giorni nostri ha creato quella che potremo definire la  “fenomenologia dell’incompetenza”. In sintesi: all’incompetenza spesso si accompagna la supponenza, e gli incompetenti nutrono un’incondizionata fiducia nelle proprie capacità. Non hanno percezione dei propri limiti e ignorano i propri errori. Infine, fanno fatica a riconoscere la competenza altrui, e possono arrivare a disprezzarla.

La buona notizia è che con il progredire dell’apprendimento l’illusorio senso si superiorità decresce rapidamente. Ma, ragazzi, c’è da lavorare parecchio.

Come dunque non riconoscere in questo periodo la immane diffusione di questo effetto Dunning Kruger su quelle “legioni di fagiani” (parafrasando Umberto Eco) che si producono quotidianamente sui mezzi di informazione e sui social nelle più astruse teorie, che però difendono e sostengono come se si trattasse di cristalline verità e con inusitata irruenza.

Il dibattito odierno sul Covid non ha fatto altro che enfatizzare in maniera parossistica questa analisi. Ma il fagiano globale, che ha trovato nella pandemia terreno fertilissimo, ha discettato per anni su tutti i temi dello scibile: politica, economia, scienza. Considerando i terrapiattisti aggiungerei anche la geografia. Solo che prima in assenza dei social il fenomeno era circoscritto e non così invadente.

C’erano già ai tempi di Socrate

Eppure il fatto non è così nuovo. Già Socrate, e siamo nel quinto secolo avanti Cristo, avverte che “è sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s’illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza”.

Shakespeare si espresse in modo analogo in “Come vi piace”: “Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio”.

Il filosofo e matematico Bertrand Russell scrisse: “Una delle cose più dolorose del nostro tempo è che coloro che hanno certezze sono stupidi, mentre quelli con immaginazione e comprensione sono pieni di dubbi e di indecisioni”.

E di esempi ne troveremmo altri mille. Ma il merito degli studiosi statunitensi è averne rilevato, finalmente,  l’evidenza scientifica.

Dico la verità, da quando ho letto il saggio di Dunning e Kruger ho cambiato molto l’approccio all’analisi delle comunicazioni altrui. Credo, con qualche ribrezzo, di essere caduto anche io a volte nell’errore di semplificare sostenendo tesi poi rivelatasi sbagliate come molti di noi. Ma mai con la costanza e pervicacia che si osserva nei dibattiti odierni. E la politica non fa eccezione.

L’aperitivo di Nicola Zingaretti a Milano

Orde di politici neovirologi si confrontano con una sicumera inusitata sui temi del giorno freschi di aver letto due tabelline al volo sui social pochi minuti prima della messa in onda. Li vedi urlare come se declamassero la Bibbia sicuri del verbo che proferiscono, quasi volessero mordere le telecamere. Eppure di figuracce ne abbiamo viste ne vedremo ancora, dai tempi degli aperitivi con i cinesi o di quelli che dicevano è poco più di un raffreddore. Ed in questo loop la categoria più coinvolta oltre ai giornalisti ed ai sedicenti virologi sono proprio i politici. I quali scontano uno degli effetti collaterali dello studio degli scienziati americani.

La sindrome dell’impostore

Parlo della “sindrome dell’impostore”. Perché anche coloro che poi riconoscono l’erroneità di certe argomentazioni, nel timore di essere declassati continuano a sostenere le tesi che hanno scelto per il timore che le loro capacità non siano alte quanto le loro argomentazioni dimostrano. E l’impostore, per definizione, convive con l’ansia di essere scoperto, quindi tende prudenzialmente al low profile tranne quando è stato costretto ad esporre al pubblico la sua idea per la quale a quel punto dovrà immolarsi al costo di perdere credibilità. E giù urla e insulti nei dibattiti televisivi.

È uno schema facile da dedurre. Anche divertente se lo si fa con distacco. Resta solo l’amarezza di dover censire dibattiti che oscillano tra fagiani ed impostori. E che il vero approfondimento e la vera conoscenza sia sempre più sottovalutata. E per trovarla bisogna non solo sapere scavare ma anche fare molte e tortuose scelte ed orientarsi tra milioni di fagiani.

Ecco alla fine l’ho detto, siamo circondati da fagiani in maggioranza inconsapevoli di esserlo. Anche se al termine di questo mio scritto, esposto con una certa sicurezza e spirito critico, rileggendo mi attanaglia un dubbio. Avrò scritto cose sensate? Forse si. Oppure fossi anche io troppo stupido per accorgermi di essere stupido? Ai fagiani l’ardua sentenza…

P.s. Ho provato a cospargermi di succo di limone per sembrare più magro. Funziona!!!

(Leggi qui tutte le riflessioni di Franco Fiorito)