Il fascino discreto della mitezza

Non sappiamo più discutere. I modelli che ci vengono proposti rendono spettacolare la lite violenta. Mentre andrebbe riscoperto il valore immenso della mitezza

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Figlio, compi le tue opere con mitezza,

e sarai amato più di un uomo generoso.

Quanto più sei grande, tanto più fatti umile,

e troverai grazia davanti al Signore.

Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi,

ma ai miti Dio rivela i suoi segreti.

Perché grande è la potenza del Signore,

e dagli umili egli è glorificato.

Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio,

perché in lui è radicata la pianta del male.

(Siracide 3, 17-20)

Non è tempo di mitezza: sentiamo piuttosto urla, grida, insulti, minacce. Che arrivano anche ad esplosioni violente, senza contenimento. Spesso non c’è neppure la possibilità di discutere, di capire le ragioni dell’altro: si viene travolti da torrenti di parole ingiuriose, che tendono addirittura a diventare poi minacce se non intimidazioni vere e proprie.

I violenti pensano di essere così più forti. Di esprimere le proprie ragioni meglio di come fanno gli altri. Accade normalmente nelle litigate, anche fra marito e moglie: nel momento in cui si alza la voce, cessano i ragionamenti, prevalgono i toni minacciosi. La voce è utilizzata come arma, prodromo all’impiego di strumenti più pericolosi, per l’incolumità stessa dell’avversario.

Il potere diseducativo dei talk

Photo: Dave Hogan/Hotsauce/REX

Abbiamo la fortuna di avere una legge molto restrittiva sul possesso delle armi, altrimenti saremmo anche a noi a contare le vittime innocenti della violenza cieca, armata dagli interessi dei venditori di fucili d’assalto.

Si può essere violenti anche in maniera sottile, pur mantenendo  toni più contenuti quando invece  le azioni confermano  un’intenzione sopraffattrice. Chi invece vuol fare scelte diverse, chi vuole scegliere la strada del dialogo, del confronto è visto come un debole, come uno che non sa difendere le proprie idee.

La televisione è maestra crudele in questi casi, i suoi talk show sono costruiti per la violenza, non per il confronto pacato delle opinioni. Gli invitati sono selezionati proprio sulla base della loro capacità di essere violenti, di offendere, di aggredire e non sulla base delle competenze specifiche sull’argomento al centro della discussione.

Se lo si fa in televisione vuol dire che si può fare: ecco allora che si sono sdoganate le parolacce, gli insulti, le grida, il parlare tutti insieme, cose che la buona educazione ha sempre condannato e che oggi invece diventano stile di vita.

Il segreto nella mitezza

Amministratori pubblici che perdono il controllo all’esterno di un ristorante occupano giustamente le prime pagine dei giornali per la loro intemperanza. «Ho già pagato abbastanza» commentano al culmine di una storia nella quale varrebbe la pena invece riproporre autorevolmente la mitezza come valore, il rispetto delle opinioni altrui, il non alzare la voce, il non prevaricare l’altro, il non sopraffare, soprattutto da parte di chi ha responsabilità nella vita pubblica, nella scuola, nei rapporti con il pubblico negli uffici.

È lì che impariamo ad avere rapporti con gli altri che non siano della nostra famiglia, è lì che costruiamo il vivere civile, da cittadini appunto, abitanti della stessa città. È il segreto dei rapporti umani, quel segreto che, dice la Parola, Dio rivela soltanto ai miti e non ai superbi prevaricatori, per la cui condizione non c’è rimedio. In loro è radicata la pianta del male.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti).

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