Il filo di Piazza Grande che Zingaretti vuole riannodare

La lettera per scongiurare lo scenario del Pd subalterno, poi l’arringa sul palco: “Romani, non mettetevi le dita nel naso, perché poi la Raggi dirà che è colpa della Regione Lazio”. Due passaggi politici che fanno emergere la statura di un leader che vuole ancora scrivere pagine importanti. E dopo il 4 ottobre può succedere di tutto. Anche nel Pd.

L’apertura della campagna elettorale di Roberto Gualtieri, candidato sindaco di Roma del Pd (e delle liste collegate), ha rappresentato l’occasione per il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti di cominciare una campagna elettorale da protagonista. Ha detto, infiammando la platea dal palco allestito alla Bocca della Verità: «Fatelo per me, vi prego, non vi mettete le dita nel naso! Non vi mettete le dita nel naso altrimenti Virginia Raggi dirà che è colpa della Regione Lazio. Perché ormai tutto è colpa di qualcun altro in questa città!». Chiaro il riferimento all’esposto in Procura della Raggi contro la Regione Lazio sul tema dell’invasione dei cinghiali. (LEGGI QUI I cinghiali di chi sono? Per il giudice paga Zingaretti).

Ma vale la pena sottolineare anche un passaggio che poche ore prima Nicola Zingaretti aveva fatto in una lettera a Il Foglio. Questo: “Non ho mai sopportato una sinistra minoritaria e subalterna, che accetta la scorciatoia identitaria del no e del parlare male degli altri per raccattare voti (pratica di cui si abusa in maniera oscena anche al nostro interno). Lasciamo questa deriva deprimente ai partitini personali che servono (poco) solo a chi ne fa parte”. E’ un manifesto politico, c’è poco da fare.

Bisognerà attendere il 3 e 4 ottobre, perché poi il risultato delle comunali dirà tante cose.

Il sondaggio: testa a testa

Gualtieri e Michetti

Stando al sondaggio pubblicato ieri da Fanpage e sviluppato da Gpf – Inspiring Research c’è stato in questi giorni un netto recupero di Roberto Gualtieri che ha recuperato una buona fetta del vantaggio iniziale di cui godeva Enrico Michetti.

C’è un dato sul quale i candidati dovranno lavorare: circa un terzo degli elettori è indeciso, considerando quelli che non sanno se andranno a votare e quelli che hanno deciso di andare al seggio ma non hanno ancora deciso chi sostenere.

Tra quelli che andranno a votare ed hanno deciso chi sostenere, circa 2 su 3 voteranno uno tra Enrico Michetti, Roberto Gualtieri, Virginia Raggi e Carlo Calenda. Mentre 1 su 3 voterà uno degli altri candidati.

In testa alle preferenze ad oggi c’è ancora Enrico Michetti (34,7%) ma si è avvicinato molto Roberto Gualtieri (28,6). Più distante Virginia Raggi (22,7%) mentre ha raggiunto un decoroso consenso Carlo Calenda (13,5%).

Il sondaggio si basa su 2500 interviste effettuate tra il 26 e dil 31 agosto.

Il Congresso ed il Modello Roma

Zingaretti, Ruberti, D’Amato

Fatto sta che il Pd dovrà comunque tornare a congresso per eleggere il Segretario. La soluzione di Enrico Letta è stata votata dagli organismi dirigenti proprio su indicazione dell’allora Segretario dimissionario Nicola Zingaretti.

Naturalmente non si vota soltanto a Roma, ma è certo che il risultato della Capitale peserà non poco. L’eventuale vittoria di Roberto Gualtieri farebbe emergere il modello Roma, che passa dalle scelte di Claudio Mancini, Bruno Astorre, Goffredo Bettini, Albino Ruberti e appunto Nicola Zingaretti. Il quale, occorre ricordarlo, non ha mai davvero potuto portare a termine il progetti Piazza Grande, con il quale aveva sbaragliato il campo conquistando la segreteria del Pd.

Non ha mai potuto farlo perché ad un certo punto si pose il problema di assicurare un Governo all’Italia. Eravamo nell’estate dello strappo della Lega, del patto tra Matteo Renzi e Beppe Grillo. Eravamo nel pieno del Conte bis. Poi non c’è stato più il tempo.

Ma il Pd le elezioni del 2018 le aveva perse e probabilmente gli avrebbe fatto benissimo restare all’opposizione per l’intera legislatura. Invece ci fu il ribaltone, ispirato da Matteo Renzi, che poi consumò la scissione. Nicola Zingaretti era contrario ad un Governo con i Cinque Stelle in quel momento. Ma fece prevalere la ragione di Partito. E per molti versi di Stato.

Poi quello che è successo lo sanno tutti. Però quel fino da riannodare è rimasto un pallino di Nicola Zingaretti.