Il ‘fuoco amico’ centra i consiglieri indagati per le firme a Ceccano

CECCANO – 02 LUG – Coliche intestinali stanno attraversando la pancia di Forza Italia. Colpa dell’inchiesta appena conclusa dalla Procura della Repubblica di Frosinone sulle elezioni comunali di Ceccano. E ad alimentarle non è la paura per il contenuto dell’indagine: i fermenti addominali sono per gli aspetti politici.

L’aspetto giudiziario. La Procura della Repubblica di Frosinone sospetta che fossero irregolari ben 19 delle 28 liste presentate a maggio per le elezioni comunali di Ceccano poi vinte dal sindaco Roberto Caligiore. Per questo il sostituto procuratore Barbara Trotta ha ipotizzato il reato di ‘falso’ a carico di cinque consiglieri provinciali: sono quelli che hanno autenticato le firme a sostegno delle 19 liste. In pratica, avrebbero detto che le firme erano state apposte dai sottoscrittori in loro presenza. Ma le indagini hanno portato a dubitare che le cose non siano andate in questo modo. Con elementi talmente concreti che la Procura intende chiedere l’apertura di un processo. Per questo ha emesso l’avviso che concede ai 5 indagati 20 giorni di tempo per farsi interrogare o per consegnare memorie difensive, altrimenti il fascicolo verrà trasmesso alla sezione Udienze Preliminari chiedendo la fissazione di una data per il processo.

L’avviso riguarda i consiglieri provinciali Gianluca Quadrini di Arpino, Antonio Cinelli di Monte San Giovanni Campano, Gianni Bernardini di Ferentino, Andrea Velardocchia di Cassino e Alessandro D’Ambrosio di Cassino. Al consigliere provinciale Gianluca Quadrini viene contestato il reato di falso ideologico, autenticando le firme di ben 14 liste: 9 furono presentate mentre altre 5 sono rimaste nei cassetti. Stessa accusa anche per i consiglieri provinciali Cinelli (che avrebbe autenticato le firme su 4 liste), Velardocchia e Bernardini (tre liste ciascuno).

Nella maggior parte dei casi l’accusa è di aver autenticato le firme in un secondo tempo, mentre la normativa prevede che debba avvenire alla presenza del pubblico ufficiale. In qualche circostanza, invece, il falso si sarebbe concretizzato nell’attestazione di firme completamente false e disconosciute dagli autori, una volta chiamati dai carabinieri.

L’aspetto politico. E’ quello che sta creando i mal di pancia. I consiglieri provinciali sono andati ad autenticare le firme su richiesta del Partito. A prescindere da eventuali irregolarità, il paradosso sta nel fatto che l’inchiesta nasce per via di una segnalazione fatta proprio da esponenti di Forza Italia. Un classico caso di ‘fuoco amico’. Il più amareggiato pare sia Gianluca Quadrini che questa mattina al bar avrebbe detto ‘Una volta queste cose non succedevano: a denunciarti erano gli avversari, ora ti sparano addosso i tuoi stessi’. Ad espressa richiesta, Quadrini risponde: “No comment, dico solo che sono sereno ed ho fiducia nella magistratura, non commento quello che dico nei bar. Anzi: dico che ne prossimi giorni ci sarà un mio documento politico.”

Mario Abbruzzese getta acqua sul fuoco e ricorda che l’inchiesta era partita da una segnalazione del Movimento 5 Stelle e soltanto in un momento successivo c’era stata la denuncia di Filippo Misserville, candidato sindaco proprio da Forza Italia.

Il paradosso è anche giuridico. Pare che nell’indagine siano finite anche 5 liste che poi non sono state presentate: pure queste con firme autenticate da alcuni dei 5 consiglieri provinciali indagati. E pare non ci sia un precedente giuriprudenziale analogo: indagati per firme che poi non sono state usate e contestate dal proprio fronte.

Le coliche nascono soprattutto da qui.

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