Il fuoco sotterraneo del Pd per il candidato nel Lazio

Si lavora sotto traccia per arrivare alla candidatura dell'erede di Zingaretti in Regione Lazio. Lo scudo del Governatore per Letta. La riunione dei Progressisti. I consigli dall'Emilia Romagna. I tour di Bonafoni. E di Leodori. La posizione dei 5 Stelle dopo Conte 'scaricato' da Zingaretti. L'allarme di Europa Verde e Sinistra Italiana

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

Il fuoco cova sotto la cenere del Pd. Arde lungo due fronti, quello nazionale e quello del Lazio che sono sempre più collegati tra loro. Il Governatore Nicola Zingaretti ha alzato uno scudo intorno al Segretario Enrico Letta: contrasta il logoramento cominciato la scorsa settimana da Area Dem di Dario Franceschini che ha alzato il livello dello scontro.

Uno scontro in corso nel Lazio: che ha come obiettivo finale il nome del candidato in Regione ma che sta ridisegnando gli equilibri tra le componenti. Mettendo di fronte i post orfiniani di Claudio Mancini (che ha portato Roberto Gualtieri alla candidatura a sindaco di Roma), la sinistra di Goffredo Bettini (in sintonia con Zingaretti): coalizzati contro Area Dem guidata dal senatore Bruno Astorre.

Effetto scudo

Nicola Zingaretti ed Enrico Letta (Foto Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

Quello scudo inalzato da Nicola Zingaretti è il lavoro che nessuno volle fare in suo favore quando c’era lui alla guida del Nazareno. Il logoramento culminò con le dimissioni da Segretario ed una scomunica del correntismo che brucia ancora su Franceschini. Che domenica scorsa glielo ha rinfacciato al termine della tre giorni di Cortona. (Leggi qui: Da Conte alle Regionali del Lazio: i segnali di Franceschini da Cortona).

Ora lo scontro nel Lazio inizia a creare fuoco intorno al Segretario. Nicola Zingaretti è già intervenuto in settimana cercando di disinnescare la tensione sulle Regionali e rilanciando la spinta unitaria di Letta. Nel pomeriggio di ieri un nuovo intervento: «Credo che con Enrico Letta dobbiamo costruire in vista delle elezioni politiche un’alleanza. Deve essere inanzitutto chiara su alcuni contenuti e intorno ad essi costruirsi. Secondo me questi contenuti sono il lavoro, la scuola, la salute, la difesa dei salari. Quello che deve cambiare sono le ricette, le forme attraverso cui noi offriamo a un Paese impaurito la speranza di potercela fare». Lo ha detto da Digithon, la maratona digitale in corso a Bisceglie e fondata dal dem Francesco Boccia.

Lo scopo è quello di tenere la giacca di Enrico Letta al riparo da chi vorrebbe tirarla dalla sua parte. Perché c’è una legge elettorale da riscrivere, c’è un Governo da tenere a galla, c’è una data delle elezioni Regionali da stabilire e non tutti vogliono che si voti lo stesso giorno delle Politiche. Soprattutto ci sono i candidati da decidere: li si decidono gli equilibri interni in Parlamento, lì si fissano i fortini sui territori.

La partita è solo rinviata

Bettini, Astorre, Mancini

Come nel Lazio. Dove Area Dem rivendica la candidatura. O meglio: il modo con il quale arrivare alla candidatura. Ma è la stessa cosa. Se si passa dalle Primarie, la componente del Segretario Bruno Astorre è la più strutturata ed ha le possibilità maggiori di spuntarla; anche perché da gennaio il vicepresidente Daniele Leodori ha compiuto un intenso lavoro di relazione, facendo diventare condivisa con molti amministratori dei territori la sua candidatura e strappandola dall’alveo della sola Area Dem.

Anche per questo vogliono che si arrivi alla candidatura passando una una sintesi politica Bettini – Mancini – Zingaretti. L’intervento compiuto a metà settimana dal Segretario nazionale Enrico Letta ha raffreddato la tensione: concesso tempo fino all’autunno per trovare una sintesi (soddisfatti Bettini – Mancini – Zingaretti), senza escludere le Primarie (soddisfatti Franceschini – Astorre). (Leggi qui: Regionali, Letta preme il reset nel Lazio: il nome in autunno).

Venerdì c’è stata una riunione del Campo Progressista coordinata dal Segretario Regionale Pd. Mancava Azione che per il momento si tiene fuori dal tavolo nel Lazio, in Sicilia ed in Lombardia: Carlo Calenda ha scoperto che il gioco delle Tre Carte è conveniente. Puntava a sparigliare il tavolo costituendo una forza di centro moderata allargando ad Italia Viva e Toti. I risultati ottenuti sabato non sono entusiasmanti.

La prudenza di Astorre

La direzione di lunedì scorso

Il Segretario sa che in questa fase la fretta è un pessimo consigliere. Ha un traguardo: l’autunno. Se non c’è una sintesi entro quella data può indire le sue Primarie. Per questo ha proposto alla coalizione di andare avanti con il percorso già stabilito. Ovvero lavorare in tempi serrati sui pilastri del programma e la carta d’intenti e quindi arrivare alla presentazione della coalizione. È la dottrina che aveva proposto Francesco De Angelis (Pensare Democratico): prima la coalizione e poi l’uomo capace di tenerla unita. Poi dopo l’estate, ai primi di settembre, inizierà il ragionamento sul candidato presidente. O sulle Primarie per individuarlo. 

L’assessore alla Sanità Alessio D’Amato ed il vice presidente Daniele Leodori restano alla finestra. Nella peggiore delle ipotesi, un traguardo l’hanno raggiunto: ricordare al Partito Democratico i meriti ottenuti in questi dieci anni di governo regionale: contro la pandemia (D’Amato) e senza una maggioranza (Leodori è il papà del Patto d’Aula che ha consentito a Zingaretti di governare pur non avendo i numeri). Se non gli danno le Primarie, un seggio in Parlamento glielo devono.

I consigli di Elly 

Elly Schlein a La7

A spingere per le Primarie, in questo fine settimana è stata anche Elly Schlein. È la vice di Stefano Bonaccini alla guida della Regione Emilia Romagna. È molto vicina a Marta Bonafoni, esponente del movimento Pop e capogruppo in Regione Lazio.

Elly Schlein è intervenuta dagli schermi di La7 spiegando che le Primarie hanno un indubbio vantaggio rispetto alla sintesi politica. Perché aprono il campo a tante sensibilità che non credono più nei Partiti, gli danno la concreta possibilità di dire la loro e di contribuire alla decisione; mentre la sintesi politica – ha evidenziato dalla trasmissione In Onda – restano un fatto confinato alla sagrestie di Partito.

Condivide Marta Bonafoni che ieri ha aggiunto “Ha ragione Elly Schlein, nel Lazio le primarie servono a proseguire nel percorso avviato in questi anni, ad allargare il campo e a coinvolgere. Occorre aprire, insomma, non chiudere“. Marta Bonafoni sta continuando il suo tour nel Lazio: “Percorrere i nostri territori serve per ascoltare le migliori esperienze. E far sì che possano contare nella costruzione del Lazio del futuro”. 

La posizione dei 5 Stelle

Nicola Zingaretti con Roberta Lombardi e Valentina Corrado (Foto: Livio Anticoli / Imagoeconomica)

Resta un’incognita il rapporto con il Movimento 5 Stelle. Nicola Zingaretti (con il supporto di Daniele Leodori e l’allora capogruppo Pd Mauro Buschini) è stato abilissimo a costruire un ponte di dialogo con Roberta Lombardi in Regione Lazio. Su quel ponte è passato prima un confronto costante; poi un patto d’Aula non dichiarato ma evidente; sfociando in un appoggio pieno con la designazione di due assessori nella Giunta Zingaretti.

La scissione di Luigi Di Maio non ha prodotto conseguenze nel Lazio. Tutto il Gruppo è rimasto compatto intorno a Roberta Lombardi e Giuseppe Conte. Ma nel frattempo sono intervenute due novità. La prima: nessuna concessione sul Termovalorizzatore di Roma. Il Governo non ha ritirato nemmeno una virgola dal Decreto che concede al sindaco Roberto Gualtieri (consigliato dal suo capo di Gabinetto Albino Ruberti) i pieni poteri per realizzare l’opera ed avviarla entro la data del Giubileo.

La seconda. Zingaretti ha rivisto la sintonia con Giuseppe Conte. Era tale che un anno fa lo aveva indicato come ideale federatore dei Progressisti. In settimana ha rivisto la posizione. Spiegando “lo dissi in un momento particolare: all’indomani dell’elezione di Giuseppe Conte a premier di una nuova alleanza. Ed io ero quello che più si era battuto contro questa ipotesi sostenendo che bisognava avere una netta discontinuità. Poi grazie a un’iniziativa Di Maio e di Renzi si decise di continuare con Conte premier. Dissi che era punto di riferimento. Era una constatazione ma anche il rifiuto di una furbizia: quella di far assumere a una persona delle responsabilità e poi dal giorno dopo iniziare a logorarla. Mi hanno inchiodato a questa frase…“.

Conte… superato dai fatti

Roberta Lombardi e Nicola Zingaretti (Foto Francesco Benvenuti © Imagoeconomica)

Lo dice a Metropolis su Repubblica. Gli domandano ma oggi chi è Conte? “Che ora lui sia punto di riferimento mi pare una cosa superata da un dato di fatto“.

La risposta è arrivata ieri proprio da Roberta Lombardi: “Giuseppe Conte è il vero faro del capo progressista. Risponde a Zingaretti, secondo il quale il disagio del M5S si riflette sui Progressisti. Il “profondo disagio politico” di cui parla Conte non è il disagio del Movimento 5 Stelle, come pure qualcuno ha voluto rimarcare, ma la mortificazione della democrazia in un Paese dove un esecutivo non può essere relegato a ruolo di certificatore, né tantomeno può travalicare e opprimere la volontà parlamentare”.

Non è un segnale di rottura ma la difesa del fortino a 5 Stelle. “Insieme, afferriamo a due mani il coraggio per ammettere che non c’è nessuno che possa rappresentare il fronte progressista meglio di Giuseppe Conte”.

Europa Verde e Sinistra Italiana

Filiberto Zaratti (Foto: Francesco Benvenuti © Imagoeconomica)

Un segnale lo mandano nella serata di sabato anche altri due componenti del Tavolo Progressista. Sono Europa Verde e Sinistra Italiana. Ad intervenire sono stati i co-portavoce Filiberto Zaratti e Simona Sareceno (Europa Verde Lazio) e Massimo Cervellini (Segretario regionale Sinistra Italiana Lazio).

Avvertono che “Il buongoverno della Regione negli ultimi 10 anni non è più sufficiente di fronte alle grandi crisi del nostro tempo”. Sollecitano “un nuovo programma partecipato di governo, basato su nuove consapevolezze“. Lo scontro interno al Pd li allarma. “In questo quadro non aiutano le incertezze sulla modalità di scelta del candidato che si sono manifestate in questi giorni, da parte soprattutto del Partito Democratico. Che ha indicato la strada delle primarie per poi sostenere poco dopo la necessità di individuare un candidato senza ricorso al popolo del centrosinistra“.

Temono di essere esclusi: le Primarie gli davano maggiori garanzie. “Il dibattito sulla scelta di questa figura non è e non può essere appannaggio del solo Pd, che pur essendo il più grande dei partiti della coalizione, ne rappresenta elettoralmente solo la metà. Con le primarie o senza – concludono Zaratti, Saraceno e Cervellini – ci sono autorevoli candidature al di fuori del Partito Democratico che dovranno essere prese seriamente in esame“.