Il gioco di Conte, la fine di Di Maio e la strategia di Zingaretti: si riparte da Fico

Foto © Imagoeconomica, Benvegnu' Guaitoli

La svolta dalla riunione preparatoria del G7 a Biarritz. Le frasi di Giuseppe Conte. Che demoliscono il progetto di Di Maio. Impossibile il ritorno con la Lega: mancano i numeri. Perché Zingaretti ha commentato "Stanno ancora giocando". Il via libera a Roberto Fico. Conte può trasformare il M5S in Partito

Il punto di svolta per comprendere la giornata è a Biarritz, costa basca dei Pirenei Atlantici in territorio francese: sede del G7. L’intervento del premier dimissionario italiano Giuseppe Conte è un insieme di segnali: fondamentali per il seguito della crisi.

Giurano che al Nazareno quel discorso non sia piaciuto. E che il Segretario nazionale Nicola Zingaretti abbia commentato “Stanno ancora giocando“: giudizio arrivato al termine di un lungo vertice a casa del senatore Luigi Zanda, elemosiniere del Partito Democratico, rieletto in Senato nel collegio Colleferro – Marino. Presenti (o comunque consultati): Paolo Gentiloni, Marco Minniti, Dario Franceschini.

Giuseppe Conte

Eppure Giuseppe Conte è stato devastante. Con il suo intervento da Biarritz ha devastato ciò che restava del fortino in cui si era asserragliato il vice premier Luigi Di Maio, lo ha ridotto in una stanzetta e gli ha tolto praticamente tutto: ogni alibi, ogni pretesto, ogni possibilità di mantenere il ruolo di guida del Movimento 5 Stelle. Che con ogni probabilità passerà proprio a Giuseppe Conte.

In che modo il professore ha demolito il fortino del suo vice? Con una serie di messaggi chiari. Il primo, si vuole sia stato recapitato con una telefonata: nel corso della quale Conte avrebbe messo in chiaro con Di Maio che per lui non esiste in alcun modo la possibilità di tornare indietro ad un governo bis con la Lega; che in quel caso sarebbe lui a mettersi di traverso.

Per Luigi Di Maio è soltanto una conferma di quanto gli avevano fatto notare i suoi collaboratori: indietro non si può tornare, indietro non c’è terra. Ad impedirlo sarebbe una pattuglia composta da una quindicina di senatori M5S pronti alla spaccatura.

Giuseppe Conte: © Imagoeconomica

Il professor Conte ha poi mandato un secondo messaggio: è lui l’unico uomo capace di trasformare l’accozzaglia informe del Movimento 5 Stelle in una vera forza politica con una linea, una credibilità internazionale, una capacità di interlocuzione, progetti economici. In pratica, tutto ciò che oggi è mancato. Giuseppe Conte lo dimostra facendo una passerella istituzionale a Biarritz che lo accredita all’interno del M5S. Nel corso della riunione preparatoria del vertice la cancelliera tedesca Angela Merkel lo abbraccia e non fa alcuna risatina come invece avvenne con Sarkozy quando parlarono del futuro di Berlusconi. Il presidente francese Emmanuel Macron cita a voce alta l’impegno italiano per la stabilizzazione della Libia. Il presidente Usa Donald Trump si intrattiene con il professore per una buona decina di minuti.

Nessuno di loro aveva l’obbligo di mandare questi segnali ad un premier dimissionario: potevano limitarsi alle cortesie istituzionali. Segnali che pongono i proprietari del brand M5S Grillo & Casaleggio di fronte ad un bivio: se vogliono un Partito è Giuseppe Conte a poterlo sdoganare, accreditandolo in modo definitivo sullo scenario nazionale e mondiale; se vogliono continuare ad avere un giocattolo con il quale attrarre tutto il malcontento nazionale la ricreazione è finita, il 33% di qualche tempo fa è ridotto al 10%, le balle su Ilva, Tap, Tav e latte sardo sono state smascherate.

È per questo che Nicola Zingaretti ha commentato “Stanno ancora giocando“. Perché quella in atto è una partita tutta interna al MoVimento.

Nicola Zingaretti © Imagoeconomica, Benvegnu’ Guaitoli

Ma la sabbia nella clessidra girata l’altro giorno dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella è quasi finita. Il Capo dello Stato entro domani vuole sapere se il M5S intende fare un governo con il Pd o tornare con la Lega, poi manderà alle Camere l’eventuale nuovo esecutivo per verificare che abbia una maggioranza. In caso contrario, mercoledì ci sarà la nomina di un governo elettorale per gestire le elezioni e tutti alle urne.

Nella sua ultima stanzetta, asserragliato intorno alle macerie in cui ha ridotto la prima forza politica italiana, Luigi Di Maio non solleva il telefono, non chiama Zingaretti, non gli dice cosa intende fare. L’altra sera, nel corso dell’aperitivo con il Segretario nazionale Dem, Di Maio aveva lanciato sul tavolo l’ipotesi del Conte bis. (leggi qui L’aperitivo del disgelo: Zingaretti e Di Maio parlano del nuovo Governo. Ma c’è l’amaro Conte). In politica il primo nome che viene fatto è quello che deve essere bruciato. E la strategia del vice premier è talmente elementare da ispirare quasi tenerezza: lanciare il nome di Conte, farsi dire no da Zingaretti, tornare indietro da Salvini per rimettere tutto com’era oppure fare lui il premier. Un gioco che da Biarritz Giuseppe Conte ha disinnescato subito, dicendo «Io non copro questa tua iniziativa».

Conte a suo volta sta giocando la partita di quello che se ne va nella speranza che lo richiamino. Oltre a Merkel, Macron e Trump, per lui c’è anche l’apprezzamento di Ursula von der Leyen che è stata eletta alla Presidenza della Commissione Ue proprio attraverso la mediazione decisiva di Conte sui voti pentastellati.

Anche per questo Nicola Zingaretti dice che stanno giocando. Qualcuno sostiene che in questo, sia in perfetta sintonia con Matteo Renzi.

Roberto Fico

A sbloccare il gioco ha provveduto allora il Segretario. Facendo filtrare una dichiarazione nella serata di sabato: “Se mi proponessero Fico non potremmo dire di no“. Il presidente della Camera Roberto Fico è il nome dal quale ripartire. E già questa mattina le diplomazie si sono messe al lavoro. È esponente del Partito che ha vinto le elezioni, è la terza carica dello Stato (e si è fatto apprezzare per il suo equilibrio), è il punto di riferimento per la fronda interna contraria alla linea Di Maio, viene da una cultura di sinistra, sta in sintonia con Roberta Lombardi la capogruppo M5S in Regione Lazio con la quale da settimane gli uomini di Nicola Zingaretti hanno costruito una linea di dialogo.

Zingaretti e Tria: © Imagoeconomica, Benvegnu’ Guaitoli

Luigi Di Maio rimarrebbe al governo: con un incarico che servirà per onorare la richiesta fatta da Casaleggio a Zingaretti: non deve essere umiliato, sarebbe una sconfitta per tutto il MoVimento. Ma nulla di più: l’interlocutore politico diventerebbe Luigi Conte. Nel nuovo esecutivo resterebbe il ministro del Tesoro Giovanni Tria che l’altro giorno ha assicurato come la manovra sia già scritta ed i conti siano in ordine. A fare il vice premier sarebbe Dario Franceschini, socio di maggioranza della coalizione che ha eletto Zingaretti segretario. Gli altri serbbero tutti nomi nuovi e di profilo.

E sarebbe la fine dei giochi.