Il giorno di una roba che si chiama Italia

Il giorno in cui il treno del Milite Ignoto ripercorre il cammino da Nord a Sud. Per ricordare il sacrificio di 700mila ragazzi. Partiti da tutta l'Italia. Per fare un'Italia che all'epoca era solo sulla carta

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Dice… che  giorno è oggi? Bho, il 4 mi pare. Il 4 di novembre. A beh San Carlo Borromeo.

Dice… e per San Carlo tutte ste bandiere? Il 4 novembre. Ma deve essere successo qualcosa il 4 novembre? Ora non ricordo bene, mi pare tutto vago, roba che ti dicono a scuola che dopo rimuovi. Poi con tutto quello che ho da fare…

Il 4 novembre, dice che gira un treno non con passeggeri vivi, ma con un passeggero morto. Dicono sia ignoto, senza nome, non si sa. E fanno tutto questo baccano per un uomo morto, per un ignoto per di più. Ma come è morto? Dicono lo abbiano sparato. Che tempi…

Ma non ora è morto ma allora.

Il treno della memoria sulla Roma-Napoli via Formia

Allora quando? Un 4 novembre di oltre un secolo fa.

Era un criminale? No, un ragazzo di 19 anni. Un ragazzino.

E perché  lo hanno ucciso? Per l’Italia.

Ma che scherzi.

No non scherzo, per l’Italia per un noi che ora è anche tuo.

Ma che è successo sto 4 novembre? Che 700 mila ragazzi sono morti per l’Italia, loro che avevano visto solo il loro campanile, e… 

Dae sa trincea finas’ a sa Croazia

Erano ragazzi di Sardegna, andavano a morire sulle montagne dove non si vedeva il mare gridando “Sardigna” che sta nel mare contro la mitraglia. Erano ragazzi alti che sul monte Cengio hanno preferito buttarsi giù piuttosto che cedere, lo chiamano ancora adesso salto del granatiere, sono saltati loro perché nessuno dopo dovesse farlo ancora. 

Tornati a casa facevano tutti “ci-pum” il rumore che faceva il Carcano 91, il fucile dei ragazzi italiani sui monti di Trento, sull’Isonzo, sugli altipiani di Asiago.

Bersaglieri a Conca di Plezzo 1915

E così facevano i ragazzi presi dai paesi della Ciociaria, dei Lepini, dalla campagna romana. Tanti. Per un’Italia che era appena stata fatta ma che in realtà stava nascendo sul loro sangue. Perché è nelle trincee della I Guerra Mondiale che l’Italia ha cominciato ad avere un’identità. I Ciociari nello stesso fango dei Romani, dei Sardi, dei Siciliani, dei Parmensi e dei Milanesi. Che nemmeno si capivano tra loro dalle lingue diverse che parlavano. I loro genitori non erano italiani, forse lo erano nell’animo, ma venivano da granducati, principati e piccoli regni.

Che giorno è oggi? Non è San Carlo Borromeo, è una roba che si chiama Libertà. E si chiama pure Dgnità.

Dicevano che eravamo una “espressione geografica“. Invece chi lo disse ha visto gli occhi del demonio dei sassarini, hanno visto la fermezza di alpini e muli, e non eravamo più “espressione geografica“, ma uomini degni tra gli uomini

Un poeta volò su Vienna e non lanciò bombe, ma parole. Fece un bombardamento di parole…

Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell’arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremmo osare e fare quando vorremo, nell’ora che sceglieremo.
Il rombo della giovane ala italiana non somiglia a quello del bronzo funebre, nel cielo mattutino. Tuttavia la lieta audacia sospende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, o Viennesi.
Viva l’Italia!

Gabriele D’Annunzio

Dice… ma che giorno è oggi? Oggi è il giorno i cui piccoli ragazzi di Sardegna, di Ciociaria, dei Lepini, di Toscana e di Sicilia, poeti, alti granatieri, fanti di mille modi, alpini e muli, fecero questa libertà che è nostra.

Non è un giorno normale, è l’eccezionale di essere liberi