Il giudice butta la pasta e ‘sfratta’ Paone

Il giudice dice basta alla gestione della Pasta Paone. Dispone l'abbandono dei locali alla Domenico Paone Spa: il suo contratto di locazione è scaduto. Tutto deve tornare alla Corex di Battipaglia

La locazione per un tempo determinato dalle parti cessa con la cessazione del termine, senza che sia necessaria la disdetta“. In altre parole: se ti affitto un locale per un periodo preciso, arrivata la data di scadenza che abbiamo concordato devi smammare; non c’è bisogno che ti mandi la raccomandata con la disdetta. L’interpretazione dell’articolo 1596 del Codice civile ha fatto scorrere i titoli di coda sulla nuova esperienza industriale del pastificio Paone di Formia

L’ha applicato il giudice Vincenza Ovallesco del Tribunale di Cassino. Dopo un’attesa di cinque giorni ha pubblicato ora la sentenza che pone altre incognite sul futuro del sito produttivo fondato nel 1876: il più antico della provincia di Latina.

La “Domenico Paone spa” ha ora sei mesi di tempo per lasciare il nuovo stabilimento realizzato dalla famiglia Paone nella zona industriale di Penitro dodici anni fa. 

Smantellare e restituire

In base a quel provvedimento ora il management guidato dall’imprenditore italo-argentino Alejandro Octavio Quentin, il “re sudamericano del grano”, deve smantellare le linee di produzione e restituire lo stabilimento alla “Corex spa” di Battipaglia. Non ammette interpretazioni il contenuto della sentenza del Tribunale di Cassino che ha fatto pendere l’ago della bilancia nella controversia sollevata dalla società salernitana protagonista nell’import-export di prodotti alimentari. (Leggi qui il precedente).

La “Domenico Paone spa”  si era aggiudicata nel corso del 2019 il concordato preventivo dopo la conclusione delle precedente esperienza societaria, gestita per oltre 120 anni dalla famiglia Paone. 

Fu una scelta dolorosa per la famiglia. Pensava di ammortizzare i costi sostenuti per la realizzazione del nuovo stabilimento grazie agli affitti della vecchia sede in piazza Risorgimento; c’erano i contratti di locazione già stipulati a dare una certa serenità. Ma quegli immobili nel frattempo sono finiti sotto sequestro (nel 2012) dalla Procura di Latina per l’ipotesi di lottizzazione abusiva. 

A tenere in piedi la produzione è stata l’operazione condotta nel 2019 attraverso un fondo inglese. È intervenuto proprio mentre stava tramontando l’unico sogno industriale di Formia. Il manager sudamericano però non ha potuto procedere con un acquisto vero e proprio: il concordato preventivo gli ha offerto la sola possibilità di subentrare nella gestione della linee di produzione versando alla Corex spa – proprietaria dell’intero stabilimento – un canone mensile di 15mila euro. (Leggi qui: Il bonifico c’è, Paone butta la pasta).

Il contratto con Corex

 Non solo. Nell’accordo c’era una clausola precisa. Stabiliva un periodo massimo di due anni della locazione: dal 2 ottobre 2019 al 30 settembre 2021. Giunta la data di scadenza, la Corex spa ha reclamato ciò che è suo. Ed ha cominciato ad esercitare un pressing nei confronti della “Domenico Paone spa” per lasciarle il sito produttivo

Prima della sentenza della dottoressa Ovallesco c’è stato anche un tentativo di conciliazione tra le parti. Non è andato a buon esito. La Corex spa non ha fatto altro che rivendicare il suo diritto e chiedere la finita locazione. Aggiungendovi dell’altro: i nuvoloni che si sono addensati sul pastificio subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. 

Alejandro Octavio Quentin aveva ottenuto dalla Regione Lazio la cassa integrazione per una parte dei 33 dipendenti. L’aveva chiesta per far fronte alla crisi  legata agli aumenti dei costi di produzione e delle materie prime (come la semola) e al caro energia elettrica. Per Corex, la gestione del pastificio non dava sufficienti garanzie e proprio per questo non intendeva considerare alcuna ipotesi diversa dal ritorno in possesso delle sue mura. (Leggi qui Ucraina, la guerra nel granaio d’Europa lascia Paone senza pasta).

Il cavillo

Foto: Paris / Imagoeconomica

La “Domenico Paone spa” ha tentato di appellarsi ad un cavillo. Come? Sollevando la tardività della disdetta e chiedendo il conseguente rinnovo tacito del contratto di locazione per un periodo di sei anni

Il giudice Vincenza Ovallesco è stata irremovibile: “la locazione per un tempo determinato dalle parti cessa con la cessazione del termine, senza che sia necessaria la disdetta“.

Il Tribunale di Cassino ha dichiarato cessato il contratto di locazione stipulato il 2 ottobre 2019 e registrato il 15 ottobre dello stesso anno presso l’Agenzia delle Entrate di Formia. Ha condannato al pagamento di seimila euro per le spese di giudizio la “Domenico Paone spa” è l’ha invitata a lasciare il sito produttivo di Penitro entro sei mesi. Senza alcuna proroga.

Le reazioni

Alejandro Quentin

Adesso dobbiamo attenzionare seriamente gli sviluppi dell’intera vicenda per evitare inutili sospensioni della produzione” ha commentato la segreteria territoriale di Latina e Frosinone della Flai Cgil. I sindacalisti Stefano Morea e Alfredo Cocorocchio avevano sottoscritto con il nuovo amministratore della “Domenico Paone spa” l’accordo per la cassa integrazione a rotazione della Cig a rotazione tra i dipendenti per 13 settimane, dal 28 marzo al 26 giugno 2022.  

La sentenza del Tribunale di Cassino ha mandato in soffitta un’altra clausola di quell’intesa: Alejandro Quentin si era impegnato, infatti, ad anticipare in queste settimane l’attività manutentiva del pastificio – tradizionalmente svolta durante il mese di agosto di ogni anno –  per non “perdere ulteriore tempo”. 

Il manager italo – argentino si era dichiarato “fiducioso nella riporesa della produzione in tempi rapidi” perché l’attuale situazione di emergenza sarebbe rientrata quando il costo della semola e del grano sarebbe stato rimodulato. La raccolta avviene nell’emisfero nord (Canada, Stati Uniti e paesi dell’es europeo) nei mesi di giugno e luglio. 

Il sindacato aveva chiesto che su questa vertenza venisse aperta dalla Regione Lazio un tavolo tecnico di crisi. Aperto alla partecipazione degli assessorati al Lavoro e all’Agricoltura ma più complessivamente “tutti gli attori in campo”. La sentenza del giudice Ovallesco ha detto dell’altro. Purtroppo.