Il manuale di Paolo per un mondo che non crede nella speranza

Siamo immersi ne 'fatalismo'. Crediamo che il mondo debba andare così perché così è sempre andato. È un mondo senza speranza. Invece c'è un manuale che ci insegna l'esatto contrario. E sta in una lettera

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza.

La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori  Rm 5, 4-5

Le parole di Paolo di Tarso, nella lettera che rivolge ai cristiani di Roma, costituiscono una sorta di manuale, per affrontare periodi così duri, come quello che stiamo vivendo in queste settimane. 

Paolo si rifà all’insegnamento tradizionale che indicava nelle tribolazioni (le difficoltà, le disgrazie, gli eventi luttuosi naturali, le guerre…) un modo per crescere, per individuare soluzioni nuove, per migliorare sé stessi. Risolve così la questione con un capovolgimento della concezione classica del mondo.

La gran parte delle culture contemporanee di Paolo erano fataliste: il mondo è andato sempre così, non si potrà mai cambiare, vincono sempre gli stessi, nulla può essere modificato.

Al contrario Paolo vede nella speranza (sguardo obbligatoriamente rivolto al futuro) la virtù capace di rovesciare tutto. Se io ho speranza nel cambiamento, sono in grado di sopportare la tribolazione altrimenti vengo travolto, appunto, dalla disperazione.

Un mondo che non crede nella speranza

Foto © Alexas_Fotos

Ma il mondo antico, come anche quello moderno, non crede nella speranza, anzi la considera come il male definitivo, è l’ultima disgrazia umana che fuoriesce dal vaso della sconsiderata Pandora.

Infatti,  secondo le società fataliste e secondo anche tanti oggi, la speranza inganna, ti addormenta come fa l’oppio (pensate alla definizione di religione da parte del giovane Marx) non ti fa sentire male ma, in realtà, ti illude…

Ricordate le parole di Foscolo ne I Sepolcri: anche la Speme, ultima dea, fugge i sepolcri; oppure Leopardi in A Silvia: all’apparir del vero, tu, misera, cadesti… In pratica: tutto quello che avevamo pensato, sperato viene sepolto nell’ombra fredda della morte che rivela il destino vero dell’uomo, il nulla. 

Il vero messaggio

Invece il messaggio di Gesù, la Parola, offre speranza, capacità di affrontare il male, di resistere alle tribolazioni. Perché veniamo riempiti di amore. Ma non quello che viene generato dal piacere effimero di ciò che ci circonda, ma un amore più forte, più forte anche della morte, un amore che ci viene donato da Dio.

Soltanto così, nella fede di appartenere ad un progetto in cui ciascuno di noi ha senso se accoglie ciò che gli viene donato. La speranza di migliorare non ci deluderà.