La nostra stella che vediamo al contrario

L'arrivo dei Magi per molti è sconvolgente. In tanti non furono felici ma preoccupati. Per i cambiamenti in arrivo. Dei quali abbiamo sempre paura. Perché guardiamo il mondo al contrario

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

«Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.

Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. (Mt. 2,1; 12)

Il racconto che Matteo fa dell’adorazione dei cosiddetti Magi ha diversi momenti drammatici. Che poi, come sovente è accaduto per i racconti dell’infanzia di Gesù, sono scomparsi dalla tradizione iconica e musicale. Da Giotto in poi tutto si risolve nella descrizione di personaggi ricchissimi che si prostrano davanti ad un bambino.

Invece il vangelo ci offre tanti elementi per comprendere meglio che cosa accade a quegli uomini venuti da lontano. Sanno che è nato un re, lo hanno capito dai loro studi astronomici, c’è una strana stella che si muove come se volesse guidarli. Sono uomini coraggiosi, capaci di sollevarsi dai loro divani (come direbbe qualcuno, molto autorevole, oggi) se sono attratti da qualcosa di importante. E perciò partono alla ricerca di questo re, che le loro profezie annunciavano da secoli.

Preoccupati più che felici

Adorazione dei Magi (Filippino Lippi – tempera grassa su tavola di quercia – Galleria degli Uffizi, Firenze)

E dove si va a cercare un re appena nato? In una reggia, appunto. Matteo descrive però il turbamento che coglie il re Erode e tutta Gerusalemme alla notizia: il popolo che attende il messia si impaurisce alla notizia che potrebbe essere nato e che quindi si dovranno cambiare equilibri e rimescolare poteri.

Questa è la prima considerazione di Matteo: la nascita di Gesù, invece di suscitare gioia, per la promessa che finalmente si adempie, genera turbamento.

È quello che accade nella nostra vita quando c’è la possibilità di migliorare tutto, di cambiare definitivamente, di risolvere questioni annose: subito c’è chi si preoccupa del proprio angoletto di potere, di privilegio, fino a pensare di eliminare l’autore del cambiamento.

La stella di Dio non sta nel potere

Natività (Carlo Maratta – 1650 – Roma, San Giuseppe dei Falegnami)

I magi però seguono ancora la loro stella, non demordono e finalmente trovano un bambino. Che, però, non è l’erede di un regnante, ma il figlio di una normale famiglia della Palestina di quegli anni; e qui sono costretti a cambiare tutte le loro convinzioni. Dio non sta nel potere di Erode, nelle sue ricchezze, nelle sue armi, ma nella mangiatoia di una stalla che funge da ricovero per una giovane famiglia di gente normale. Dio si è affidato alla responsabilità di due giovani assolutamente normali.

Nella loro coscienza si fa strada il discernimento: meglio tornare da Erode per dirgli dov’è il bambino o invece evitare quel re sanguinario, il cui potere si regge sulla lama delle spade, e così consentire a quella famiglia di mettersi in salvo?

I magi avevano notato il turbamento di Erode. Furono probabilmente loro a far sorgere in  Giuseppe la necessità di cambiare aria se vuole che la sua famiglia si salvi dalla violenza di un potere che teme ogni concorrente. Per arrivare a questo i magi hanno dovuto fare un grande cammino interiore che li ha finalmente liberati dalle immagini che ci costruiamo del Dio che ci farebbe piacere adorare: un Dio che cavalchi al nostro fianco, che faccia i nostri interessi, che dica sempre che abbiamo ragione, che distrugga i nemici.

L’equivoco più grande

Gott mit uns portavano inciso sui loro cinturoni le SS: Dio è con noi. È l’equivoco più grande, il peccato più pericoloso: costruirsi un Dio a propria immagine e somiglianza. Che sostenga le nostre idee, che ci rassicuri,  quando invece Dio è in quella mangiatoia, affidato alle decisioni di povera gente che al contrario di Erode ha però capito tutto.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti).