Il sampietrino a Mattarella e la strada per fare ripartire l’industria

Il sampietrino consegnato lunedì al presidente Mattarella è il segnale di un tessuto industriale al bivio tra vecchi schemi e rinascita. Il futuro dell'Automotive. E le opportunità della Circular Economy. L'Italia è prima in Ue. Ma gli altri stanno arrivando. Il ruolo di Pompeo. E di Migliorelli

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Il sampietrino consegnato lunedì da un operaio Saxa Grestone di Roccasecca nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella non è soltanto l’ultimo anella di una catena. Che chiude un ciclo industriale e ne apre un altro. È soprattutto una prospettiva sullo sviluppo del territorio con la quale fare i conti.

In queste ore Volkswagen ha annunciato che taglierà tra i 5mila ed i 7mila posti di lavoro nei prossimi cinque anni. È una scelta legata alla necessità di migliorare i guadagni (chi compra le azioni di una società lo fa per avere un guadagno a fine anno). Ed è il risultato dell’automazione: le azioni ripetitive svolte fino ad oggi dagli operai le faranno le macchine.

È il lato negativo del 4.0 previsto fin dall’inizio dal vice presidente nazionale di Confindustria Maurizio Stripe. Due anni fa sollecitava a guardare oltre: puntare sui nuovi lavori specializzati che oggi ancora nessuno sa fare. Ecco perché Unindustria nei giorni scorsi ha patrocinato la nascita del primo Istis in Meccatronica, prima che le fabbriche si trovino senza manodopera qualificata.

I tagli Volkswagen sono il preludio a ciò che accadrà nel resto del mondo Automotive in Europa: le crisi e le riprese nel ramo partono dalla Germania. Oggi è in atto una trasformazione: i gruppi come General Motors e Ford si stanno evolvendo in realtà che non producono più soltanto auto ma ‘sistemi di mobilità‘.

Fiat Chrysler Automobiles ci arriverà in modo più lento. Oggi la sua strategia a Cassino Plant come negli altri stabilimenti del Gruppo punta a ricavare il massimo guadagno dalla attuale fase di mercato: produrre i suv che la gente sta chiedendo in massa, rinunciare alle utilitarie storiche come la Punto, spingere su Jeep come marchio globale, lasciare un ruolo locale ai brand come Fiat (Ue ed Italia soprattutto) e Ram (in Usa e America Latina).

Il futuro dell’automotive è lì, nella evoluzione verso la nuova industria della mobilità. Basata su meno manifattura (e operai), più legata a nuove forme di servizio. Gli analisti non esitano a definire questa transizione come un passaggio fondamentale

Se questo è il futuro dell’automotive, il sampietrino consegnato a Sergio Mattarella è un doppio segnale di rinascita: dello stabilimento ex Ideal Standard comprato dall’imprenditore Francesco Borgomeo evitandone la chiusura; del tessuto industriale provinciale che sempre più si orienta verso la Circular Economy.

I numeri parlano chiaro. L’economia italiana si sta lanciando sull’Economia Circolare: l’industria fatta prendendo i rifiuti e trasformandoli in nuova materia prima. C’è un mondo sterminato, inesplorato, ricchissimo. L’ultimo esempio in ordine di tempo è il progetto presentato da Cosilam Cassino, messo a punto da Unicas Cassino e Palmer Frosinone insieme a professionisti locali, finanziato nelle ore scorse da Ue e Regione Lazio. (leggi qui Niente più scarti: dalle polveri nascono nuove pietre con il progetto Apea Alamer)

Non è un caso che l’Italia sia al primo posto nelle classifiche europee sulla Circular Economy. Abbiamo 103 come indice complessivo di circolarità: è il valore attribuito in base al grado di uso efficiente delle risorse; quanto utilizziamo le materie prime seconde (materiali ricavati da rifiuto e trasformati in nuova materia prima); innovazione nelle categorie produzione, consumo e gestione rifiuti. In sostanza, quell’indice misura come la nostra economia riutilizza in varie forme quello che è già stato usato.

Facciamo meglio di Regno Unito (90 punti), Germania (88), Francia (87), Spagna (81). A dirlo è il I Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2019, presentato a Roma e realizzato dal Circular Economy Network. L’Italia è tra i paesi più virtuosi.

Non basta. Rispetto al 2018 ha conquistato solo 1 punto. Altri Paesi hanno fatto molto meglio: la Francia ne ha aggiunti 7, la Spagna 13.

In provincia di Frosinone c’è una potenzialità enorme. Lo ha spiegato proprio Francesco Borgomeo durante la visita compiuta nei giorni scorsi dal sindaco di Anagni Daniele Natalia nello stabilimento Saxa Gres di Anagni (da non confondere con quello di Roccasecca), un altro miracolo industriale preso dal fallimento e rimesso in piena produzione.

Ha spiegato l’imprenditore che la grande forza della provincia di Frosinone sta nei suoi lavoratori. In pratica? «Chi sa montare i televisori è anche capace di smontarli. E recuperare i materiali pregiati che sono al loro interno e valgono milioni e milioni di euro, invece di tenerli in discariche». Un chiaro segnale di come potrebbero essere recuperate le manualità di Vdc.

Gli investitori su progetti di Circular Economy ci sono perché è un settore industriale che produce utili. E materie prime. Occorre però che sul territorio la politica e le istituzioni entrino finalmente in sintonia con le imprese. Cosa che fino al momento non è avvenuta se è vero che solo ad Anagni giacciono 4 richieste di ampliamento e 3 di apertura per nuove industrie.

Manca un vero processo di transizione dell’economia italiana in un’economia pienamente circolare. Fatta però non da industrializzazione selvaggia come negli Anni 70. Ma recependo pienamente le nuove Direttive europe, facendo partire i decreti che tecnicamente regolano il trattamento e la destinazione di quelli che sono considerati rifiuti e che invece possono diventare risorse.

Un primo passo potrebbe essere il Circular Economy Network, una rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e 13 aziende e associazioni di impresa e da Enea, anche far dialogare politica e imprese, individuando le opportunità che ci sono: un business che tutela l’ambiente.

Un dibattito al quale non può essere estranea l’Amministrazione Provinciale di Frosinone e nemmeno l’azienda pubblica Saf impegnata in una radicale trasformazione del suo ciclo di lavorazione dei rifiuti. Proprio per convertirsi alla Circular Economy. Né il presidente Antonio Pompeo né il presidente Saf Lucio Migliorelli possono essere estranei a questo dibattito. Perché una volta trasformati gli impianti di Colfelice, si troveranno tra le mani una delle principali fabbriche di materia prima seconda (materie prime ricavate da rifiuti) presenti nel Lazio.

È un mondo in larga parte da esplorare. Sicuramente da proteggere con leggi adeguate. In cui portare efficienza e snellire la burocrazia. ma che non si può ignorare.

Il motivo lo ha detto, tutto in una frase, l’operaio Saxa Grestone che ha consegnato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il sampietrino prodotto a Roccasecca. «Se me lo avessero detto un anno fa, quando fuori i cancelli sembrava tutto finito, che avrei consegnato un nuovo prodotto fatto a Roccasecca, nelle mani del Presidente della Repubblica, non c’avrei mai creduto!».

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