Il segno del Lupo: “Senza impianti si inquina di più”

Foto Paolo Cerroni © Imagoeconomica

Il confronto organizzato in rete sulla Valle del Sacco. Servono impianti per difendere l'ambiente in provincia di Frosinone. Senza di loro la differenziata è una perdita di tempo. Ecco perché

Fabio Cortina

Alto, biondo, robusto, sOgni particolari: molti

«È impensabile e impossibile gestire un ciclo dei rifiuti senza la realizzazione di impianti. Oggi parliamo molto di economia circolare e di raccolta differenziata, ma la frazione umida (quelli che semplificando vengono chiamati ‘avanzi delle cucine’) va gestita e recuperata». Si chiama Marco Lupo ed è il cane da guardia messo dalla Regione a sorvegliare aria ed acqua. È il Direttore Generale dell’Arpa l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente nel Lazio. Spesso dice di no e quando non lo fa aggiunge una serie di vincoli contro lo smog o gli inquinanti nei fiumi.

Solo lui poteva permettersi di dire che rischiamo di fare una colossale fesseria: perché nelle nostre case stiamo differenziando i rifiuti ma senza gli impianti per traformarli in nuove materie prime stiamo solo perdendo tempo. Il caso più assurdo è quello degli avanzi nei piatti: li mandiamo in Veneto spendendo circa 150 euro a tonnellata e loro ci si ricavano bio metano e concimi naturali per l’agricoltura. Recuperano il 95 per cento.

Senza impianti inquiniamo e basta

da sinistra: l’assessore Valeriani, il governatore Nicola Zingaretti, il Dg Marco Lupo. Foto Paolo Cerroni © Imagoeconomica

Marco Lupo ha detto che nel Lazio servono gli impianti che ci sono in Veneto ed in giro per tutta l’Italia. Per trasformare gli avanzi di cucina (in termine tecnico Forsu – Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani). Il Direttore generale di Arpa Lazio lo ha detto intervenendo al webinarAria, acqua e terra: come cambia la Valle del Sacco‘. «Non avrebbe senso raccogliere separatamente l’umido se poi non riusciamo a valorizzarlo – ha detto Marco LupoLa gran parte del nostro umido oggi va fuori Regione». Per questo, osserva il direttore è “necessario dotarci di impianti“.

Nel passato la provincia di Frosinone ha detto no. In parte perché ha fatto il gioco di chi voleva prendersi il mercato. In parte perché le tecnologie non erano ancora ben sviluppate. E oggi. Il direttore Lupo non ha dubbi: gli impianti ora «sono evoluti» e «dal punto di vista normativo rispondono a tutte le direttive comunitarie. Occorre superare questa avversione alla realizzazione di qualsiasi tipo di impianto, perché ha come unica conseguenza quella di determinare un’emergenza rifiuti e di essere una criticità per l’ambiente e la salute dei cittadini».

Basta con la diffidenza

Massimiliano Valeriani. Foto Carlo Lannutti © Imagoeconomica

Il problema è che ci portiamo avanti una diffidenza che viene dal passato. A dirlo è stato l’assessore alle Politiche dei Rifiuti della Regione, Massimiliano Valeriani. Non ha usato mezzi termini per descrivere l’orizzonte della gestione rifiuti nel Lazio: “Basta diffidenza sui biodigestori e sulla gestione dell’umido”.

Al centro del confronto c’era la Valle del Sacco. Per Valeriani c’è bisogno che il territorio scommetta sull’unico modo per uscire da una situazione di oggettiva per la filiera dei rifiuti: una serie di impianti che permettano una gestione di prossimità. In pratica: invece di spedire in Veneto la pasta avanzata nei piatti ciociari bisogna tenersela qui e già così si risparmiano i primi 150 euro a tonnellata; poi fare come in Veneto e ricavarci bio metano e concime naturale.

La gente si lamenta per le bollette sempre più alte nonostante la differenziata. L’assessore Massimiliano Valeriani spiega dove sta il problema: differenziamo e non ricicliamo, come nel caso della pasta.

Perché questo fa crescere le bollette? «Per gestire i costi di trattamento e smaltimento – ha sottolineato Valeriani – la legge impone la copertura integrale con la tariffa: quindi se non si realizzano impianti le bollette saranno sempre più alte”.

Il mea culpa sugli impianti

Lucio Migliorelli, presidente Saf

Ma il problema è più ampio. Basti pensare a quanto si inquina di più, perché i nostri rifiuti in giro per l’Italia ed anche per l’Europa, ci vanno con i camion e quindi producendo più inquinamento ambientale.

L’assessore ha poi fatto mea culpa. «La cattiva politica – ha detto Valeriani – ha alimentato una paura nei cittadini per cui il problema non sono i rifiuti, ma gli impianti. Questo non va bene». E per l’assessore non va bene perché gli impianti ormai vengono realizzati seguendo norme strettissime, possono essere fatti senza avere alcun impatto ambientale.

Indica un percorso. È quello che a Frosinone il presidente Lucio Migliorelli e la Saf (la società composta da tutti i Comuni della Ciociaria) hanno già imboccato. In pratica: se si vuole ancor più sicurezza c’è bisogno che scenda in campo il Pubblico, solo così si potrà somigliare più alle virtuose regioni del Nord che a quelle del Mezzogiorno. (Leggi qui Saf, si al metano bio con gli avanzi delle nostre cucine).

Si cambia marcia

Non è stata solo una simpatica chiacchierata. L’assessore Valeriani è venuto al webinar con il portafogli pieno. Perché la Regione ha deciso di fare una scelta importante: finanziare gli impianti di trattamento e smaltimento di proprietà pubblica con dieci milioni di euro, a cui si andranno ad aggiungerne altri 70 che arriveranno grazie al Recovery Fund.

Ora quindi la palla passa agli amministratori: «Se i territori comprenderanno la scommessa e verranno a chiederci di realizzare impianti del genere, troveranno la Regione al loro fianco».

Ambientalisti: non se, ma quanti

Impianto di biogas Foto © Riccardo Squillantini / Imagoeconomica

E sul discorso in linea generale, cioè sull’utilità degli impianti di biodigestione, sono d’accordo anche gli ambientalisti di Retuvasa, che sono intervenuti in risposta all’assessore Valeriani.

L’associazione per la tutela della Valle del Sacco ha sottolineato: “Il problema non sta nella verifica della compatibilità ambientale dei singoli impianti, ma il convergere di più biodigestori in provincia di Frosinone”.

Da Retuvasa sostengono che paradossalmente, seguendo la legge, si rischierebbe di concentrare in una sola provincia l’intero fabbisogno impiantistico a livello nazionale, in una provincia così critica come quella ciociara dove insiste il Sin della Valle del Sacco. Come a dire, noi non siamo contro i biodigestori, ma neanche potete metterli tutti qui giustificando il fatto con un articolo del codice ambientale che permette la circolazione dei materiali ricavati da raccolta differenziata su tutto il territorio nazionale. Che poi è lo stesso principio per il quale i nostri rifiuti viaggiano in Italia ed in Europa, venendo smaltiti lontano centinaia di chilometri.

E quali

Anche Legambiente è convinta che «gli impianti di biodigestione anaerobica con produzione di biometano e di compost siano, al momento, la migliore soluzione impiantistica per il trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani, quello che voi amate definire “gli avanzi di cucina». Lo sottolinea Rita Ambrosino, presidente del circolo Legambiente di Anagni.

Allora perché di recente hanno detto No alla struttura che potrebbe nascere ad Anagni? «Ci riserviamo il diritto di valutare caso per caso, territorio per territorio, impianto per impianto». Senza divisioni con il livello regionale: «Tanto è vero che le osservazioni e le note tecniche sono state presentate a doppia firma, dal Circolo di Anagni e da Legambiente Lazio, dopo un un confronto con tutti livelli associativi».