Il sequel di Gizzi-sciamano. Con riporto alla Trump

L'assessore alla Cultura di Ceccano posta le sue considerazioni dopo la bufera sul suo endorsement ai complottisti di QAnon. Ne chiedono la testa. E a chi lo vorrebbe fuori dal team Caligiore contrappone bordate. E benaltrismo moralista.

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

Signore e signori, tutti comodi, arriva il sequel di “Stefano Gizzi lo Sciamano”. L’assessore alla Cultura di Ceccano ha dismesso ormai da 22 giorni il copricapo di pelliccia con le corna. Quello reso tristemente famoso da Jake Angeli: il “QAnon Shaman” del sanguinoso assalto al Campidoglio americano durante l’Epifania. Sotto il cappello, però, il leghista Gizzi ha un riporto alla Trump. Condivide appieno la tesi del complotto elettorale contro l’ormai ex presidente degli Stati Uniti. Niente scuse e dimissioni: punto e basta.

Le corna (indiane) gli sono piaciute

Stefano Gizzi in versione “sciamano”

Post incriminato a parte, ha vinto il “Premio dell’autoironia”: «Bellissima la mia foto con le corna – ha commentato alla vista della copertina dell’opera prima -. Mi stanno bene, anche perché ho sempre tifato per gli Indiani d’America!». Lo avevamo lasciato così: tra le richieste di dimissioni e le arringhe difensive, la sua replica benaltrista. (Leggi qui Gizzi ‘sciamano’ difende QAnon e scatena l’inferno).

Ora, davanti a chi continua a invocare la sua destituzione, ribadisce che ha ben altro da fare. Non prima di scagliarsi, però, contro chi vuole la tua testa. «Le forze politiche di sinistra – dice – chiedono di perdere tempo in Consiglio comunale sul post apparso molti giorni fa sulla mia pagina privata. Questo invece di riflettere sugli enormi danni procurati alla città in decenni di pessima amministrazione. E di contribuire con soluzioni intelligenti a superare le gravi problematiche ereditate dal passato».

Di Pofi all’attacco, ma è solo

Chi ha richiesto una seduta consiliare per pretendere la sua revoca? Il consigliere di opposizione Emiliano Di Pofi, esponente del PSI.

Emiliano Di Pofi

Di Pofi ha rotto gli indugi, è andato all’Ufficio Protocollo di Palazzo Antonelli e ha presentato una richiesta di convocazione del Consiglio comunale. Un Consiglio avente ad oggetto: Provvedimento del sindaco mirato alla revoca dell’incarico dell’assessore Stefano Gizzi.

Atto che Emiliano Di Pofi ha definito «Atto necessario ed indispensabile da parte del sindaco Roberto Caligiore. Sindaco che ancora non si è espresso e non ha avuto una presa di posizione in merito a tale vicenda. Non è possibile rimanere indifferenti ad un tale attacco alla democrazia. Specie in un momento particolare e delicato come questo in cui viviamo, tra pandemia, pericolose proteste del suprematismo. Periodo di false convinzioni personali che minano il rispetto, la sovranità del popolo. E che istigano alla teoria del complotto, alla ribellione e allo sprezzo delle regole».

Peccato, però, che un’adunanza del Consiglio non possa essere richiesta individualmente bensì da almeno un quinto dei consiglieri. Segue, pertanto, la scena della missiva che finisce nel cestino. Quello dell’ufficio del presidente del Consiglio Fabio Giovannone.

Piroli e Querqui, la prima censura

Gizzi, dal canto suo, non manca di infierire: «La presa di posizione del PSI, Partito cancellato dagli elettori dal panorama politico nazionale, supera ogni livello di senso del ridicolo. E nemmeno è originale, in quanto già altri esponenti dell’opposizione disoccupata e senza argomenti, aveva sollevato il caso delle elezioni americane!».

Chi lo aveva fatto? In primis i consiglieri Emanuela Piroli e Andrea Querqui, che in Consiglio rappresentano il coordinamento di centrosinistra Il Coraggio di cambiare.

Emanuela Piroli ed Andrea Querqui

Anche con una petizione online diretta al sindaco Caligiore nonché al prefetto Ignazio Portelli. Petizione finalizzata alle dimissioni immediate. Si punta a 100 firme, ma per ora ne sono state raccolte 66.

Il duo Piroli-Querqui, però, ha anche presentato un’interpellanza al primo cittadino. Assieme all’altro consigliere di minoranza Marco Corsi. Da Caligiore vogliono conoscere «la sua posizione in merito ai fatti descritti ed eventuali provvedimenti mirati a contrastare atteggiamenti di questo tipo».

Questa sì che potrà approdare in Consiglio. È una richiesta di chiarimenti rivolta al sindaco. A fronte di uno dei principi ispiratori del Comune di Ceccano. Cioè la promozione di una cultura di pace e della cooperazione internazionale. Anche in considerazione, a detta del trio di opposizione, delle «successive condivisioni pubbliche da parte dell’assessore di notizie false e teorie complottiste».

Roghi di libri e moral suasion di Gizzi

«Ma questi signori non erano quelli che si ergevano a parole in difesa delle opinioni altrui?», si chiede e domanda ora Stefano Gizzi.

E si risponde pure da solo: «Ora sono ridotti proprio male nell’invocare la censura sulle mie affermazioni! Ma in perfetta malafede, uniscono al ridicolo la meschinità, mescolando piccoli attacchi personali, che non mi toccano proprio, ad un clima di terrore giustizialista».

Il rogo del Codice Da Vinci

Di Pofi ha anche riportato alla memoria il famoso “Rogo del Codice da Vinci” del 2006 in Piazza Municipio. Quello con cui Gizzi, allora consigliere di opposizione tra le file della Democrazia Cristiana, volle gridare al mondo quanto fosse «un volume blasfemo che offende gravemente Gesù Cristo». E ci è riuscito. Assieme al coprotagonista Massimo Ruspandini, a suo tempo esponente di Alleanza Nazionale e oggi senatore di Fratelli d’Italia.

«La storia insegna che chi brucia un libro è spesso accompagnato da fanatismi ideologici – ritiene il socialista Di Pofi –. E non posso fare a meno quindi di associare tali circostanze».

Gizzi, uno sciamano che divide

Siamo davanti a un annoso accanimento della sinistra giustizialista contro l’assessore incriminato? C’è chi dice di sì e chi sostiene il contrario. Anzi, di più: si arriva a definirlo «una vergogna per la città». D’altro canto, invece, è osannato come «il miglior assessore alla Cultura della storia di Ceccano». Non che la concorrenza fosse spietata, del resto.

Di certo Gizzi è un provocatore nato. E non si smentisce neanche replicando all’universo del centrosinistra: «Da un lato li comprendo pure. Non hanno ancora digerito la batosta elettorale con cui i cittadini li hanno sonoramente bocciati. E vogliono far credere di svolgere una visibile azione amministrativa utilizzando le elezioni presidenziali americane!». (Leggi qui La lezione delle Comunali / Ceccanoe anche qui Da Stalingrado ciociara a roccaforte di patrioti).

Massimo Ruspandini

Provocatore, ma nell’occasione anche moralizzatore: «Le conseguenze tragiche del Covid anche sull’economia di migliaia di famiglie ceccanesi, il dramma ambientale, la sanità, il lavoro che manca, la necessità di rinnovare la macchina amministrativa. – accentua l’assessore -. Per queste opposizioni da operetta il problema è un post sulle elezioni americane. Io non ho tempo di seguirli in questo puro delirio».

“Via col vanto”

Il sequel di “Stefano Gizzi lo sciamano” finisce senza troppe sorprese. Il protagonista torna al Castello dei Conti ad occuparsi della ristrutturazione di cinque sale. In mente ha anche le procedure per il restauro di importanti opere d’arte comunali. Senza parlare del rilancio della biblioteca comunale e della pubblicazione di preziosi volumi sulla storia cittadina.

Anche perché non appena avrà portato a termine i suoi progetti, scatterà la preannunciata staffetta in quota Lega: il consigliere Angelo Macciomei diventerà assessore al suo posto ma non l’attuale delega ai Lavori Pubblici. E in Consiglio approderà il futuro delegato alla Cultura: il primo dei non eletti Alessio Patriarca, fedelissimo di Gizzi e coordinatore della Lega Giovani Ceccano.

E la sua frase di chiusura fa davvero concorrenza al «Francamente me ne infischio» di Clark Gable in “Via col vento”. Si volta e, dopo un’aggiustatina al riporto alla Trump, sbotta: «Le polemiche da manicomio politico le lascio tutte a loro».

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