Il suicidio a 5 Stelle sulla tastiera di Rousseau

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La votazione su Rousseau è in corso. I Gruppi M5S sono tutti per il Si. Anche Di Maio ha evitato di appoggiare il No. C'è un motivo: la vittoria del No al nuovo governo sarebbe la fine anche per il MoVimento. Ecco perché.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

I Gruppi del Movimento 5 Stelle a Montecitorio ed a Palazzo Madama hanno le idee chiare. Una larghissima maggioranza di loro condivide il ragionamento fatto da Beppe Grillo: la Lega stava lentamente Salvinizzando il MoVimento. In parte lo ha ideologicamente fagocitato. (leggi qui La scelta di Grillo: perché ha deciso che la via migliore è con Zingaretti). Tranne Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Gianluigi Paragone e pochi altri, tutti sono schierati per il Si al nuovo governo. Al quale riconoscono un pregio: oltre a salvare la poltrona salverebbe il M5S da una deriva che in un anno e mezzo gli aveva già dimezzato i voti. La ragione è semplice: se il M5S (partito post ideologico e quindi senza ideologia) deve essere la copia delle idee della Lega tanto vale scegliere l’originale.

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La decisione è nelle mani della piattaforma Rousseau. Che non sta in alcuna riga della Costituzione della Repubblica Italiana, in nessuna Legge, in alcun Decreto e non se ne trova traccia nemmeno in alcuna Circolare. Il voto su Rousseau ha un valore esclusivamente morale. E solo per gli aderenti alla sua chiesa.

Se Rousseau è una piattaforma con un minimo di serietà è scontato il risultato. Non ci sono alternative dopo tre anni di martellamento a colpi di slogan come “Pidioti“, “Pd = Ladri“, “Il Partito di Bibbiano“, “Il Partito delle Banche“. Basterebbe spiegare che nell’ultimo anno, le altre banche entrate in crisi sono state salvate dal M5S con gli stessi provvedimenti adottati per Etruria. E che scatolette di tonno non ne sono state trovate. Tantomeno soldi nei cassetti. Ma una campagna martellante durata tre anni per togliere il potere al Pd non si cancella in tre giorni.

Ma che succede se gli iscritti pentastellati dovessero bocciare l’ipotesi di un’alleanza con il Pd e quindi l’opzione del Governo Conte bis?

In teoria, Senatori e Deputati del M5S possono tranquillamente ignorare il risultato di Rousseau: perché non è una legge.

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Inoltre, sulla carta Beppe Grillo, che è il garante del Movimento, ha il potere di far ripetere la votazione. E se il quesito non raggiungesse il quorum verrebbe considerato decaduto. Difficilmente l’Elevato ricorrerà a questa arma.

Il via libera all’accordo con la Lega avvenne con più di 44.000 voti. Stavolta si arriverà più in alto. Se alla fine dovessero prevalere i no, ne dovrebbero prendere atto Beppe Grillo e Giuseppe Conte soprattutto. Quest’ultimo rimetterebbe il mandato nelle mani del Capo dello Stato Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica non avrebbe altra scelta che guardare ad elezioni anticipate, non prima di aver dato un altro incarico per un governo tecnico che gestisca questa complicata fase.

Ma perché, se i deputati ed i senatori possono ignorare il risultato? Il problema non è giuridico. È politico. Quale peso avrebbe un Governo sconfessato dalla base dei suoi elettori? Nessuno. Diventerebbe il facilissimo bersaglio delle opposizioni: in Parlamento e nelle Piazze.

Che decimerebbero ancora di più il Movimento 5 Stelle: proprio perché non c’è stato tempo di far capire agli elettori il motivo della scelta. Nemmeno per sottolineare che è stato Matteo Salvini ad innescare tutto questo: è stato lui a staccare la spina. Gli elettori vedrebbero che il MoVimento, ormai costola della Lega per via della sua assenza di idee, è senza la Lega e quindi senza idee. In nome di cosa, bisognerebbe votarlo? Sull’onda di quali slogan? Impossibile gridare No Tav, impossibile rivolgersi agli ex Ilva di Taranto, impossibile aggrapparsi ai No Tap o agli allevatori sardi. Impossibile gridare Bibbiano o Banche.

Beppe Grillo

Non potrà attaccare il Partito Democratico: ci si è seduto accanto per mettere su insieme un Governo. Non potrà attaccare la Lega: ci è stata seduta accanto un anno e mezzo, condividendo il governo del Paese.

Al contrario, la Lega potrà attaccare l’ex alleato accusandolo della serie di No che avevano esasperato Salvini; il Pd potrà attaccare il MoVimento per non essere stato nemmeno capace di fare un Governo nonostante avesse ampiamente i numeri per sostenerlo.

Un’altra soluzione non c’è. O il si di Rousseau o le nuove elezioni. E alle nuove elezioni il M5S rischia di essere più solo di quanto è oggi Luigi Di Maio. Rischiando di fare la sua stessa fine politica.