Il tempo di un abbraccio, di una lacrima: ed è già Serie A (di E. Ferazzoli)

La vita regala rare occasioni in cui piangere di gioia. E le ricorderai tutte. Detta i tempi delle rivincite. Sceglie quando farti riscuotere i debiti con la sorte. È il tempo di un abbraccio. Ed è davvero Serie A.

Elisa Ferazzoli

Giornalista in fase di definizione

Nella vita saranno poche le volte in cui piangerai di gioia. E quelle volte le ricorderai tutte. Minuto per minuto. Ricorderai gli abbracci di chi c’era intorno a te e anche il vuoto lasciato da chi avresti stretto per primo ma che oggi, lì vicino a te, non c’è più. E allora quelle lacrime scenderanno doppie, per te e per lui.

Quando saprai di aver vinto, ci sarà un istante in cui rimarrai impalato a guardare quel campo di fronte e ci sarai solo tu con i tuoi ricordi, i cori, il fumo, le risate, le delusioni e tutti quei chilometri che ti hanno portato esattamente dove sei adesso: nel bel mezzo di un’impresa che è di fatto un capolavoro. E solo a quel punto inizierà la festa.

Le lacrime spariranno per diventare euforia pura, baci, abbracci, brindisi e balli fino all’alba con quella famiglia allargata che ogni sabato è lì con te in questo viaggio chiamato campionato di serie B.

 

Un cammino che non è stato scontato e nemmeno facile. Che se ha tradito le tue aspettative lo ha fatto soltanto per riservarti un epilogo degno della migliore sceneggiatura.

 

La vita quando detta i tempi delle rivincite lo fa a modo suo. Ed il più delle volte fa in modo che sia proprio tu a prendertele. Con la consapevolezza di chi ha imparato dai propri errori. Con la rabbia di chi è stato sbeffeggiato. E con la forza di chi pretende quella promozione in serie A perché è giusto, una volta tanto, che sia il merito ad avere la meglio.

 

“La rabbia e il coraggio s’infiammano nel risveglio di un leone ferito!”

 

È l’incipit della Nord. È uno Stirpe in assetto di guerra, passionale, duro, assordante. Che restituisce i fischi del Barbera, che a 15’ dalla fine sembra un Matusa in stile sudamericano: tutti sono in piedi, tutti cantano, tutti gridano in un delirio collettivo che fa tanto calcio vero. Quel pallone anni ’90 furbo e ignorante, che non fa sconti. Che ti regala il goal del 2-0 al 96’. E che invade il campo un secondo dopo il triplice fischio più inascoltato della storia.

 

E loro, quegli 11 leoni feriti nell’orgoglio e infiammati nello spirito sono stati perfetti. Brillando sia come squadra sia come singoli, il destro di Maiello è una saettata di precisione, lucidità e classe; la velocità e gli assist di Soddimo una certezza ritrovata; la grinta di Gori un motivo di orgoglio collettivo. Alla guida un uomo che ha lavorato sodo, il più criticato, il più esposto. Un allenatore giovane che ha saputo gestire uno spogliatoio “complicato”, ricostruire una squadra frantumata dai play off della scorsa stagione e “bravo a ricompattare il gruppo in più di un’occasione

Le lacrime di Moreno Longo sono fra le più belle perché sanno di fatica, solitudine e vittoria.

Così come commovente è stato l’abbraccio con il Presidente Stirpe avvenuto in diretta tv.

 

E le sue parole ai microfoni di Sky è bene che risuonino a lungo nelle orecchie di chi avrebbe preferito una grande “realtà” nel calcio che conta e che ora vorrebbe delegittimare questa promozione. “Una volta tanto date merito al lavoro che è stato fatto a livello societario, a livello sportivo. Lasciateci godere questa vittoria. È stata una grande vittoria signori e io me la godo fino alla fine. E dei vostri giudizi non me ne frega niente.”

 

Godiamocela. Perché è successo davvero. Il tempo di un abbraccio ed era serie A.

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