Il via libera di Letta. E l’altolà di Leodori al suicidio del centrosinistra

Il disco verde di Letta al Lazio: via libera alle indicazioni dei territori. Leodori compie la prima mossa: e con un post obbliga tutti a calare le carte. Pronto a farsi da parte se è l'elemento che non permette di fare il Campo largo. Disposto a competere solo se c'è l'alleanza con cui ha governato in questi anni. Il gioco di Conte sui nomi. Le manovre di D'Amato.

Per decifrare il messaggio occorrono tre chiavi di lettura. La prima, sono le mosse di Giuseppe Conte con cui creare un asse con chi ha rinnegato il Pd: il mondo dell’ex sindaco Ignazio Marino e quello dell’ex sottosegretario Stefano Fassina. La seconda, è il semaforo verde acceso oggi da Enrico Letta durante la Direzione nazionale Pd: sarà il livello Regionale a decidere strategia e candidatura perché “bisogna essere rispettosi delle indicazioni dei territori”. La terza è l’incontro di Azione – Italia Viva fissato subito dopo il ponte di Ognissanti: deve decidere se stare con il Pd nel Lazio, se aderire all’iniziativa dell’assessore alla Sanità Alessio D’Amato il 10 novembre al Brancaccio quando annuncerà la sua decisione di candidarsi. (leggi qui: Il siluro di Conte sul Campo Largo: M5S da solo nel Lazio).

Zingaretti e Leodori

Solo con queste tre chiavi di lettura è possibile comprendere fino in fondo il post affidato oggi alla sua pagina Facebook dal vice presidente della Regione Lazio, Daniele Leodori.

È una mossa con cui costringere tutti a scoprire le carte, dire adesso con chiarezza cosa vogliono fare e con chi vogliono stare. Non si nasconde. E mette in evidenza un dato: se è lui l’elemento intorno al quale non si vuole ricostruire il Campo largo è pronto a tirarsi indietro. Per il bene della Coalizione è pronto a lasciare spazio e rinunciare a candidarsi alla successione di Nicola Zingaretti. Con altrettanta chiarezza però avverte gli attuali alleati: Daniele Leodori è disposto a starci solo se c’è il Campo Largo: se non c’è il modello unito con cui la Regione è stata governata in questi anni, non contassero su di lui. È un altolà alla vocazione al suicidio che il centrosinistra ha nel suo patrimonio genetico. E che mai come questa volta sta mettendo in mostra.

Il segnale di Letta

Enrico Letta durante la Direzione Nazionale Pd Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica

Tutto parte dopo la Direzione Nazionale. Il Segretario Enrico Letta esprime un concetto chiave. Parla del percorso di rinnovamento verso il quale vuole guidare il Partito. Dice che “alcune Regioni voteranno dentro lo stesso tempo del Congresso e noi dovremo essere dentro questo percorso. Nel Lazio, in Lombardia, in Friuli e in Molise dobbiamo mettere in campo progetti per cui noi ci determiniamo ad essere rispettosi delle realtà territoriali”.

È un passaggio decisivo. Perché significa che la decisione sul nome del candidato non verrà presa su alcun tavolo nazionale. Devono essere le Regioni a decidere. È quello che in molti chiedevano. Perché esiste già un accordo tra i Gruppi che in questi anni hanno governato con Nicola Zingaretti. Il Pd nazionale fornisce il via libera. Ora devono essere gli altri Partiti a decidere se vogliono provare a governare ancora il Lazio o usarlo come pedina per la distruzione del centrosinistra.

C’è una ragione che va al di là dei numeri, nella scelta fatta da Enrico Letta. Spiega il Segretario “Il Lazio è andato in controtendenza rispetto alla vicenda nazionale. Nel Lazio siamo cresciuti, grazie al lavoro di Nicola Zingaretti. Dobbiamo andare alla gestione e alla proposta politica di queste quattro regioni rispettosi del lavoro fatto sul territorio, senza negoziazione tra i capi con scelte che poi vengono fatte planare sui territori.

Il post di Leodori

È il semaforo verde che il Segretario Regionale Bruno Astorre attendeva. Ora non c’è più nessun freno. Tocca agli altri scoprire le carte e dire cosa intendono fare, che partita vogliono giocare.

Ci pensa Daniele Leodori a fare la prima mossa. È quella che mette fine alle ambiguità. È lui l’erede amministrativo di Nicola Zingaretti, ha governato al suo fianco in questi anni. Ma se a qualcuno non sta bene è arrivato il momento di dirlo.

«Le vicende di queste ultime settimane impongono una riflessione seria e importante che voglio condividere con chi mi accompagna ogni giorno e chi ci supporta» scrive su Facebook.

Ricorda i risultati centrati in dieci anni di centrosinistra alla Regione e soprattutto l’ultima fase, quella che ha visto il dialogo con il Movimento 5 Stelle. “Il lavoro che abbiamo svolto in questi anni in Regione Lazio ha prodotto risultati importanti. È stato possibile grazie alla qualità umana delle persone impegnate in questo progetto ma anche alla capacità di condividere le scelte con un’alleanza ampia, che ha lavorato nella stessa direzione”.

Così è troppo fragile

Ma non ci sono stati solo i risultati amministrativi. Ci sono stati anche e soprattutto quelli politici. Che hanno fatto da apripista al governo nazionale giallorosso. “Siamo stati la prima Regione ad allargare l’alleanza di centrosinistra con una coalizione che includeva il Movimento Cinque Stelle. E gli unici ad avere nella nostra maggioranza contemporaneamente anche i rappresentanti di Azione,Italia Viva, Demos e le forze ambientaliste e di sinistra”.

Ora però va fatta chiarezza. E detto subito chi vuole starci e chi no. “I risultati raggiunti sono stati frutto anche di questa unità. Nei mesi scorsi ho dato la disponibilità a proseguire l’esperienza condotta in questi anni in Regione Lazio anche impegnandomi in prima persona. Anche con le primarie. Per continuare questo lavoro con una coalizione unita e ampia”.

In questo momento il progetto del campo largo mi sembra più fragile e ne prendo atto. Non sta a me giudicare le scelte di altri Partiti. Ma, è chiaro che la mia disponibilità fosse legata fortemente alla possibilità di proseguire questa esperienza. Per quello che mi riguarda, continuerò a lavorare per realizzare questo disegno unitario finché sarà possibile. Perché a mio avviso rimane necessario per dare al Lazio continuità e qualità amministrativa e, allo stesso tempo, battere le destre”.

La reazione di Conte

Giuseppe Conte (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Qualcosa si è mosso. Secondo fonti dell’agenzia Dire, Giuseppe Conte non ha chiuso in modo definitivo agli interlocutori. Un canale di dialogo è ancora aperto con il Responsabile Pd per gli Enti Locali Francesco Boccia. Anche perché i Cinque stelle del Lazio non hanno mai nascosto la loro volontà di proseguire col campo largo.

Nel pomeriggio Giuseppe Conte ha parlato con The Post Internazionale- TPI‘ diretto da Giulio Gambino. Dicendo “Noi al nostro interno stiamo affinando quella che è la prospettiva regionale. Lo faremo, ovviamente, consapevoli del fatto che c’è un’esperienza in uscita di governo che si è rivelata positiva ma è anche vero che il contesto attuale è completamente cambiato. C’è stata una campagna elettorale nazionale il Lazio comprende Roma e il cuore della politica…”. Un sottilissimo filo è ancora intrecciato.

Non possiamo non tener conto di tutte le vicende che sono successe negli ultimi mesi. Ma comunque facciamo una riflessione interna sempre nell’interesse della comunità regionale e cercheremo di porre delle premesse per una proposta politica competitiva“.

Il gioco dei nomi

IGNAZIO MARINO Foto: Imagoeconomica, Stefano Carofei

E per far capire che un sentiero ancora c’è smentisce i nomi girati in mattinata di Marino e Fassina come candidati del Movimento 5 Stelle. “Smentisco queste anticipazioni. Sono anticipazioni che non hanno fondamento” ha detto Giuseppe Conte.

Giuseppe Conte potrebbe mettere la spada sul piatto della bilancia come fece Brenno il capo del Galli nel 390 avanti Cristo durante le trattative con i romani. L’impressione è che voglia solo mettere in difficoltà il Pd proponendo nomi capaci di dividere il Partito Democratico. Oltre ai nomi circolati in mattinata e smentiti nel pomeriggio, ora in serata c’è quello di Fabrizio Barca, ex ministro per la Coesione territoriale nel governo Monti.

Senza accordo con i 5 Stelle resterebbe la possibilità di costruire l’alleanza che però è già saltata su scala nazionale con Azione ed Italia viva. In quel caso, la moneta da pagare è conosciuta: Carlo Calenda ha detto che la condizione per un appoggio è la candidatura dell’assessore alla Sanità Alessio D’Amato.