Nell’iPhone di Abbruzzese cercano le prove di altro

Non è l'Art.353 bis ciò che viene ipotizzato a carico di Mario Abbruzzese nell'inchiesta sulla nomina del Dg Cosilam. La procura sta verificando se ci sia stato 'Traffico di Influenze'

Non hanno compiuto un blitz, non si sono presentati all’alba con i lampeggianti accesi: per sequestrare l’iPhone dell’ex presidente del Consiglio Regionale del Lazio ed attuale presidente del consorzio industriale Cosilam Mario Abbruzzese, la Guardia di Finanza gli ha semplicemente chiesto ad andare in ufficio e consegnare lo smartphone. Lui è andato facendosi accompagnare dall’avvocato Sandro Salera.

Inutile cancellare file e messaggi: la scansione delle memorie è in grado di recuperare tutto.

Ma cosa cerca il sostituto procuratore Alfredo Mattei nell’iPhone di Abbruzzese? E perché lo ha sottoposto ad accertamenti per la votazione del Direttore Generale del Cosilam Annalisa D’Aguanno? (leggi qui Concorso al Cosilam, indagati Abbruzzese, Zola, Mosillo e D’Aguanno). È avvenuta quando lui non faceva parte del CdA ed era un consigliere regionale del Lazio: come potrebbe avere potuto violare l’articolo 353 bis del codice penale: «Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente»?

L’ipotesi è un’altra

La realtà dei fatti è che l’ipotesi di reato a carico di Mario Abbruzzese non è quella. La procura sta valutando invece se esistano gli estremi per ipotizzare una violazione dell’articolo 346 bis del Codice Penale: il cosiddetto Traffico di Influenze.

In pratica? Il Codice recita:

Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319 ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Di cosa si tratta

In pratica? È un reato presente da tempo negli ordinamenti giuridici di molti Paesi europei. In Italia esisteva de facto attraverso un’interpretazione delle norme sul millantato credito e poi la legge Severino contro la corruzione lo ha codificato in maniera esplicita.

Nella formulazione introdotta in Italia l’Art.346 punisce chi promette di fare da intermediario per qualcosa di illecito con un pubblico ufficiale (o incaricato di pubblico servizio). E ottiene in cambio un vantaggio patrimoniale (soldi, un’auto, un biglietto per il derby allo stadio… non fa differenza).

Ad esempio: ‘Parlo io con il vigile per farti togliere la multa, andiamo a prendere il caffè“; se la multa viene strappata ed il caffè lo paga l’automobilista, scatta il reato per chi ha fatto la promessa.

E l’Art.346 punisce anche se chi promette poi non fa più nulla, anche se non dà seguito alla sua opera di influenza verso il pubblico ufficiale da convincere. Per restare all’esempio: basta che prometti e ti prendi il caffè. Possibile? Nella formulazione italiana, a differenza di quella in molti Paesi Ue, quell’articolo non punisce la corruzione ma i fatti che la precedono. A prescindere se poi la corruzione ci sia.

Ma allora fare lobby è reato? Il confine individuato in Italia viene considerato molto labile da vari giuristi. Ma ad oggi il testo è questo.

L’ipotesi sul Cosilam

Nel caso di Mario Abbruzzese i magistrati della procura di Cassino voglio accertare se ci sia stato un accordo politico con la mediazione dell’allora consigliere regionale. Un accordo che ha portato alla designazione di Annalisa D’Aguanno alla guida del Cosilam, convincendo il presidente Pietro Zola e gli altri membri del CdA ad aggiustare la graduatoria. E che prevedesse in cambio un vantaggio per quella mediazione: ad esempio gli equilibri politici che l’area dell’avvocato D’Aguanno poteva garantire ad Abbruzzese.

Soldi? Tangenti? Appalti sottobanco? Non se ne parla. L’inchiesta non ipotizza questo. Allora quale sarebbe stato il ‘prezzo’ in cambio del quale Mario Abbruzzese avrebbe promesso di intervenire sul CdA Cosilam? L’ipotesi sulla quale si sta lavorando è che ci sia stato un accordo per garantire l’appoggio in occasione del ballottaggio nelle scorse Comunali di Cassino. E che le due cose fossero collegate.