Perché a volte la vera vittoria è quella che fa battere il cuore (di E. Ferazzoli)

Non è dai punti persi a San Siro che passa il discorso salvezza. Perché nonostante i limiti del caso, non si è trattato né di una gara scontata né della “classica goleada” che ti fa guardare il cronometro supplicandolo di accelerare. Il Frosinone aveva già vinto prima di scendere in campo. Perché...

Elisa Ferazzoli

Giornalista in fase di definizione

Nella tredicesima giornata di campionato, il privilegio di contraddire i pronostici è toccato all’ultima della classe. Al San Paolo, il Chievo fa 0-0 e conquista il suo primo punto in classifica.

Non è così per il Frosinone, che si “arrende” alla legge del più forte. Senza Ciano, Campbell e Maiello viene a mancare la spinta propositiva vista nelle gare precedenti. Si torna al 3-5-2 di inizio stagione, ad una squadra che fa fatica a superare la propria metà campo; tornano le disattenzioni in fase di disimpegno e zero calci dalla bandierina.

Ciofani, Pinamonti e compagni possono davvero poco di fronte ad un’Inter padrona del gioco e del campo che dà spettacolo per 90’: 25 tiri in porta, oltre il 70% del possesso palla, tre reti, 11 calci d’angolo.

 

Nessuna catastrofe. Tutt’altro. Perché non è dai punti persi a San Siro che passa il discorso salvezza. Perché nonostante i limiti del caso, nonostante il risultato possa lasciar immaginare il contrario, non si è trattato né di una gara scontata né della “classica goleada” che ti fa guardare il cronometro supplicandolo di accelerare. Ed è questo che in vista della prossima sfida casalinga con il Cagliari conta più di ogni altra cosa. Perché il Frosinone, merito anche degli interventi di Sportiello, non è mai apparso completamente in balia dell’avversario. Nessuno può dire come sarebbe andata se sull’1-0 Handanovic non avesse risposto al colpo di testa di Ciofani con una grande parata delle sue.

 

Seppur piccoli, rimaneggiati e sconfitti quegli undici leoni hanno dimostrato coraggio, umiltà ed impegno. E lo stesso hanno fatto gli oltre 500 tifosi arroccati su quel terzo anello, così distanti dal campo che quelle voci sembravano venire direttamente dalla Ciociaria. Un sostegno incessante che se ne è fregato di chilometri, denaro, tempo, previsioni e risultati. Una dimostrazione di fedeltà e amore che supera ogni logica. Perché c’è poco da ragionare quando quegli spalti sono l’unico luogo dove vorresti essere.

Perché sabato il Frosinone aveva già vinto prima di scendere in campo.

 

E quella profonda sensazione di orgoglio provata prima, durante e dopo il triplice fischio,  quella consapevolezza mista a stupore di sapersi nella Scala del calcio italiano è un’emozione unica e rara che sarà davvero difficile dimenticare.

Sabato, ne è valsa la pena.

Perché non sempre la vera vittoria coincide con quella che fa battere le mani.

 

A volte è sufficiente che faccia battere i cuori.