Internazionale, i protagonisti della II settimana MMXXII

I protagonisti della II settimana del 2022 sulle pagine degli Esteri. Per capire meglio cosa accade nel mondo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

I protagonisti della II settimana del 2022 sulle pagine degli Esteri. Per capire meglio cosa accade nel mondo

UP

TAWI

Gli Zoe sanno che esistono altri esseri simili a loro dal 1987, da quando alcuni cercatori d’oro meticciati Jivaros portano loro i walkman, le barrette energetiche ed il morbillo.

Dopo il riconoscimento del governo brasiliano la tribù ottenne i soliti privilegi da riserva indiana ma almeno si salvò da una malattia contagiosissima verso cui il loro sistema immunitario era come un bambino.

Tawi con in spalla il padre

Il padre di Tawi è uno Yu. Nel sistema tribale è una persona che in base ad una pregressa e specifica esperienza è considerato un maestro nel senso etimologico occidentale del termine: è uno che sa di più.

Forse è stato per questo che nel 2021 ma immortalato in una foto diffusa oggi, suo figlio Tawi se lo è caricato sulle spalle e con un viaggio di 12 ore nella selva lo ha portato di peso a vaccinarsi contro il covid. Come un Enea amerindo con lo mberpot, il piolo di legno infilato nel labbro inferiore, al posto della lancia ed un vecchio in cerca invece di un Anchise in fuga accucciato sul dorso.

O semplicemente come un figlio che vuole proteggere suo padre da una cosa che non conosce ma alla cui conoscenza ha delegato altri “più yu” di lui.

Perché che lo sfondo sia foresta, deserto, città o luna di Giove lo il soggetto non cambia: amare è proteggere e per converso chi non protegge no, non ama. O non sa come si fa. E dovrebbe ascoltare chi lo sa.

Mission.


L’UNESCO

La sede centrale dell’Unesco a Parigi (Foto Mbzt)

Che cos’è un “patrimonio immateriale” secondo l’agenzia culturale delle Nazioni Unite? In iperbole è l’espressione dell’identità di un popolo o della sua affermazione secondo principi di libertà, caratterizzazione della sua indole e di come la stessa ha segnato la storia. In pillole è quella cosa che ti fa essere fiero della bandiera che ti copre il cuore ma che non ha tre dimensioni o misurabilità fisica.

L’Italia ad esempio si è vista riconoscere proprio nel 2021 come patrimonio immateriale la cerca dei tartufi, e prima di quella, pescando a caso nel mazzo, l’opera dei Pupi siciliani. Spesso il patrimonio immateriale è anche un totem puro di libertà e l’ultima scelta del 2021 dell’Unesco lo testimonia.

Da qualche giorno patrimonio immateriale dell’umanità è una zuppa, la zuppa Joumou o fracesizzata “giraumon”. Si tratta della minestra nazionale di Haiti ed è molto di più che un’occasione per ridacchiare scettici. Noi occidentali di antico lignaggio buffone tendiamo molto a considerare le nostre skill sacre e quelle degli altri bislacche. Questo vizietto non ci ha abbandonati neanche quando abbiamo conosciuto la democrazia. Questo perché dalle nostre parti si tende più a proclamarla che ad applicarla.

La zuppa giraumon, è fatta con zucca, verdure, platano, carne, pasta e spezie. Prima del 1804 gli schiavi di Haiti la potevano preparare per i padroni francesi, anche loro all’epoca pionieri di democrazia purché fosse pigmentata pallida, ma non la potevano mangiare. Non era consentito per legge e chi veniva sorpreso a mangiarla doveva vedersela con i molossi sbranafemori delle piantagioni e si trovava monco del braccio che aveva osato pescare nella gamella.

Dopo l’indipendenza nel 1804 agli haitiani, che sono ironici e cattivelli come solo gli ex schiavi sanno esserlo, venne chiesto di trovare un simbolo per la loro libertà fresca di conio. E quelli scelsero la zuppa che i padroni gli mangiavano in faccia mentre loro morivano lerci e scheletrici in mezzo alle canne da zucchero.

Oggi l’Unesco si è ricordata di quella storia e ha deciso di lanciare un messaggio di gloria alla martoriata Haiti di oggi che la gloria non sa più cosa sia. Il direttore generale Audrey Azoulay ha detto: “Quando le comunità sono colpite da disastri o emergenze il patrimonio culturale immateriale ha un ruolo importante nella resilienza e nel recupero della comunità”. E se era un terremoto di fiducia che cercava di innescare beh, il direttore ci è riuscito.

Molto più del pan bagnato.

IL DEF

La sede del Dipartimento dell’Educazione a Londra (Foto LordHarris).

Nel Regno Unito il 2022 non comincia benissimo e non solo per il dilagare della Omicron, ma per una categoria mainstream, quella degli STT, che se avessimo potere di plasmare acronimi starebbe per Studenti Tiktokers Tamarri. Sveliamo l’altro acronimo e togliamoci il pensiero: il Def è il dipartimento dell’Istruzione.

E gennaio 2022 segna a tutti gli effetti il primo round del match Def vs Stt, nel senso
spiccio che gli insegnanti britannici non ne possono più di essere perculati su TikTok
dagli studenti, perciò hanno agito alla fonte, cioè contro i vertici del gettonatissimo
social mandarino e contro i genitori dei simpatici pargoli
. Il senso di tutta la faccenda
lo ha spiegato il Guardian: “Gli insegnanti sono presi di mira da account TikTok
abusivi e dai contenuti umilianti creati dagli studenti
”.

Insomma, il tasso di studenti e ragazzonzoli che in Gran Bretagna crea gruppi TikTok
per mettere i docenti alla gogna
, umiliarli, trasformarli in grafica, ridicolizzarli e
perfino sottoporli a sondaggi di body shaming è troppo alto e massivo. Un gruppo di
funzionari del Dipartimento per l’Istruzione ha perciò raccolto le proteste dei presidi
che si sono fatti testimoni del malessere degli insegnanti.

Un esempio? Nel Derbyshire uno di loro è stato battezzato “rabbi” perché è ebreo e
in un video viene perennemente inseguito da cani-lupo-umanoidi con la faccia di
alcuni insegnanti dell’istituto dove il poveretto lavora. Ed è roba che, in questo
mondo cretino, a diventare virale ci mette poco.
Lo ha spiegato bene al Guardian un
portavoce del dipartimento, che ha parlato di comportamento “inaccettabili, illegali
e che gli amministratori dovrebbero censurare
”.

Ora, a contare che TikTok è cinese e globale e che la scuola in cui si canzona un po’
troppo è inglese e nazionale lo scontro appare un tantino impari. Tuttavia il Def ha
puntato i pedi ed è andato a meta. Come? Minacciando di vietare l’ingresso degli
smartphones in tutte le scuole del Regno
.

A quel punto da TikTok hanno capito e partire da fine gennaio i contenuti offensivi
andranno in ban.
Perché fra gentiluomini ci si capisce sempre, specie se di mezzo ci
sono view e danè.

Gentleman’s Agree

DOWN

MAMADY DOUMBOUYA

Mamady Doumbouya

Quattro mesi fa aveva giurato da presidente ad interim della Guinea Conakry. Lo aveva fatto promettendo che entro un mese avrebbe annunciato libere elezioni dopo il colpo di Stato con cui aveva rovesciato Alpha Conde, un ex democratico convertito alla tirannia sanguinolenta tipica dei governi africani che nascono primavere, campano da autunni e finiscono inverni diacci.

Tuttavia Mamady Doumbouya, colonnello e conducator del golpe che avrebbe dovuto far fiorire le democrazia, con l’annaffiatoio pare avere decisamente il braccino corto. La Guinea vive una crisi economica e sociale di proporzioni forse eguali a nessun altro Paese del pianeta, perfino il Sud Sudan pare la Germania di Shroeder a paragone.

Eppure, secondo un canovaccio fin troppo noto e mesto, quella crisi non genera reazioni, ma solo una crisi più profonda dove chi rovescia il tiranno si fa più tiranno del rovesciato e cambia solo i nemici da fucilare. Il colonnello Doumbouya, oggi presidente ad interim Sua Eccellenza Doumbouya, aveva giurato davanti al capo della Corte Suprema Mamadou Sylla il 5 settembre ed aveva detto che né lui né alcun membro della giunta da casermaggio che lo appoggia si sarebbe presentato alle future elezioni.

E’ solo un periodo di transizione”, aveva detto con quello sguardo sornione da caporalone scafato: non gli aveva creduto neanche il ghepardo ammaestrato che in una botta di cesarismo equatoriale si porta dietro ad ogni occasione pubblica assieme all’immancabile Black Kala con caricatore a falce placcato in oro. A novembre poi aveva fatto appiccicare un altro solenne proclama sulle colonne di The East African, squittendovi che avrebbe “rifondato lo Stato”, redatto “una nuova Costituzione” e indetto “elezioni libere, credibili e trasparenti”, roba che Thomas Jefferson pare Bokassa, al paragone.

Però ancora una volta non aveva specificato quando questo libeccio di libertà avrebbe spirato in faccia ai suoi cittadini. Anzi, aveva chiuso i confini e imposto il coprifuoco. Pochi giorni fa, in prologo di civiltà per battezzare l’anno appena iniziato. Sua Eccellenza Doumbouya, che è talmente grosso e scolpito che Myke Tyson gli potrebbe fare da maestro yoga, ha avuto nostalgia della giungla.

Perciò ha messo a frutto le skill maturate nel terrificante II Rep Etrangeres della Legione Straniera Francese dove ha militato in passato e si è concesso una battuta di caccia al ribelle nelle selve del Paese a cui doveva ridare luce e che annega ancora ne buio. I media locali dicono che ha personalmente ammazzato due “bracconieri” della vicina Guinea Bissau. Però il nodo al fazzoletto di dare la democrazia al suo Paese se l’è fatto, solo che quel fazzoletto è macchiato di rosso.

Legge della giungla.

JANN-MICHAEL GREENBURG

Jann-Michael Greenburg

Spiace cominciare il 2022 con una faccenda legata al covid ma è empiricamente impossibile non censire fatti legati allo stesso e sarebbe un po’ cretino pretendere che il solo scatto di un numeretto sul calendario cassi il problema. Stavolta però il covid, o meglio, coloro che lo negano, sono vittime, almeno in punto di diritto.

Quel Diritto che in ogni stato occidentale prevede che la delega a scoprire chi violi la legge o attenti alla sicurezza della società tu la dia a poliziotti, pubblici ministeri e giudici, tanti quanti sono gli step procedurali del Paese in cui abiti.

E’ faccenda semplice ma non sempre di pronta beva, almeno stando all’incriminazione che è stata formalizzata in questi giorni nei confronti di Jann-Michael Greenburg. Costui è il presidente del consiglio scolastico di un istituto di Scottsdale, in Arizona, che ha riposto la sigaretta elettronica da swappatore accanito in favore della pipa di schiuma di Sherlock Holmes.

Secondo un’accusa preliminare il tizio avrebbe infatti raccolto un dossier su un gruppo di genitori No Mask e negazionisti. A far scoppiare lo scandalo poi diventato fascicolo era stata la solita cappellata da millenial che con le malizie 2.0 ci flirta ma non ci limona: Greenburg aveva accidentalmente condiviso una cartella cloud di Google proprio con il figlio di uno dei “dossierati”, che ovviamente aveva spiattellato tutto a mamma e papà.

Già, perché in quella cartella, come in decine di altre raccolte dal “detective de no’antri” c’erano robine sensibili come dati bancari, foto, info sulle finanze personali, perfino in alcuni casi carichi pendenti ed account di Google Maps con mappe dei loro spostamenti per i conclave No Vax che i tizi tenevano periodicamente dalle parti di Sonora.

Ciascuna di quelle cartelle poi era contrassegnata con nomi che davano la cifra dell’opinione di Greenburg. Qualche esempio? “SUSD Wackos“, “Anti Mask Lunatics” e “Press Conference Psychos“. La polizia ha incamerato tutto e girato la cosa ad un giudice distrettuale diramando un laconico comunicato stampa: “Stiamo conducendo un’indagine sulla questione e riferiremo i nostri risultati una volta completata entro fine gennaio”.

Perché se fai Sherlock devi sapere che solo nei sontuosi libri di Conan Doyle uno che non è sbirro può prendersi la prerogative di sbirro e farla franca uscendone magari pure bene perché ha la zucca che trabocca di sale. Ma qui, nel mondo reale e per fortuna, se fai Sherlock sei solo uno che non conosce il bordo del vasino.

Elementare, Greenburg.

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