Internazionale, i protagonisti della XXI settimana MMXXII

I protagonisti della XXI settimana del 2022 sulle pagine degli Esteri. Per capire meglio cosa accade nel mondo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

I protagonisti della XXI settimana del 2022 sulle pagine degli Esteri. Per capire meglio cosa accade nel mondo

UP

OLEKSIY HONCARUK

Oleksiy Honcharuk (Foto: the President of Ukraine p.o.)

Lui non inizierà mai una frase con quel retropensante “se devo essere sincero”. Non lo farà mai perché come tutte le persone sincere davvero non ha bisogno di decantare la sincerità con il dadaismo linguistico, semplicemente le dà fiato. Oleksiy Honcaruk è stato premier dell’Ucraina dal 29 agosto 2019 al 4 marzo 2020, il che significa che è abbastanza giovane da capire il presente e abbastanza vecchio per lusingare il passato.

E sulla situazione della guerra di Putin le ha dette chiare e partigiane come forse mai nessuno prima di lui. Per lui “la guerra finirà quando Putin sarà morto”. E ancora, giocando un filino di iperbole: “L’Ucraina è la nuova Silicon Valley della democrazia, perché non ha paura di cambiare il mondo, combattendo per la libertà“. Poi è tornato alla ruvida verità: “La guerra durerà mesi, forse anni. Non ci sono negoziati reali con la Russia. Al di là delle parole e del tentativo di mostrare una bella faccia, le trattative sono una finestra diretta dai russi. Kiev vorrebbe fermare questa follia. Ma Mosca non vuole”.

Il meglio se lo è tenuto alla fine: “Questa guerra finirà solo quando la Russia perderà tutte le opportunità e capacità di andare oltre, o dopo che Putin morirà. Perché è impossibile negoziare la pace con chi vuole ucciderti“. E ancora: “Adesso noi ucraini possiamo solo contrastare l’esercito russo militarmente. I problemi con la Russia sono solo artificiali, inventati per attaccarci e poi espandersi in Georgia, in Moldavia”.

La neutralità è solo retorica
Oleksiy Honcharuk (Foto: the President of Ukraine p.o.)

E la famosa neutralità di Kiev che dovrebbe essere condizione per garantire la pace o l’arretramento dei russi oltreconfine con la garanzia che non ci riprovino mai più? “La richiesta di una neutralità dell’Ucraina è un’altra figura retorica di cui ha bisogno Mosca. Tra l’altro, se anche la ottenesse, non smetterebbe la guerra”.

La chiosa è da oracolo: “Putin non mira ad una Ucraina neutrale, ma a controllarla o annullarne l’esistenza”. E se è vero che la metà delle cose uscite dalla bocca di Honcaruk ha il sapore vessillifero della parzialità è anche vero che l’altra metà ha il suono scomodo della verità assoluta, merce rara in ogni tempo e rarissima di questi tempi.

Diplomazia ciao ciao.

WILLIE STOKES

Foto: NBC10 Philadelphia

“Non sono amareggiato, io non ce l’ho con nessuno in particolare. Sono solo entusiasta di andare avanti, ma non succede a tutti come a me: qualcuno ricorderà al punto da capire che a questa cosa, questa tragedia si deve mettere rimedio: e alimenterà rancore e crimine“. Quando ad inizio 2022 era uscito dal carcere di Filadelfia Willie Stokes in realtà non disse una parola, ma in questi giorni e dopo che i media di mezzo mondo lo avevano cercato come il Graal alla fine ha parlato, e ha detto le cose qui sopra. Aveva accettato di dare un’intervista a fine febbraio, ma poi il casino in Ucraina si era divorato tutto il mainstream e della cosa non se ne era fatto più nulla.

In carcere Willie ci era rimasto 37 anni, dopo che nel 1984 era stato condannato per omicidio. Ah si, Willie era innocente. Non innocente come tutti quelli che lo dicono nei film del sabato sera ma innocente davvero. Innocente come un giudice federale Usa aveva stabilito, scrivendo in sentenza che i Pubblici Ministeri che lo avevano accusato avevano inquinato le prove.

Come? Pagando una mignotta e offrendo della cocaina ad un teste chiave che, in quanto cocainomane, quel “chiave” non se lo sarebbe dovuto meritare a prescindere in uno Stato di Diritto serio. Roba tutta americana, roba dove un accusatore che mette abbastanza tacche sul calcio del fucile, non importa come, ad un certo punto salta il fosso. Poi con l’aureola del mastino d’aula viene chiamato dai grandi studi legali, si compra una Corvette e dice alla moglie di prendersi un negligée di seta che “a Cabo c’è una villetta vista mare tanto ma tanto carina”.

Oltre 100 innocenti

Stokes ha 60 anni, l’età in cui la vita ha più cose dietro da ricordare che faccende avanti da sbrigare, e in galera ci era entrato quando la vita è un unico lungo binario davanti al muso e alle spalle hai la stazione di partenza, così vicina che vedi ancora le banchine su cui ci sei tu col moccio e le ginocchia sbucciate.

Willie è uno degli oltre 100 detenuti innocenti che secondo un report di Marissa Boyers Bluestine della facoltà di giurisprudenza dell’Università della Pennsylvania hanno patito in quello Stato una pena ingiusta e se la sono vista abbuonare dopo almeno 15 anni di cella. Ma lui, il 23enne innocente che oggi è un 60enne riuscito a non guastarsi, ha messo il dito nella piaga. E la piaga è che quando metti in galera un innocente non uccidi solo lui, ma le prossime vittime che quell’innocente farà quando avrà capito di essere colpevole malgrado la giustizia.

Perché legge e giustizia non sono quasi mai la stessa cosa, e Willie Stokes ci ha ricordato come, pur conoscendo questa differenza, si può fare la differenza. Dimenticando la vendetta.

Libero davvero.

DOWN

LIZ TRUSS

Il ministro Liz Truss (Foto © Simon Dawson / No 10 Downing Street)

In realtà lei di particolarmente grave non ha detto nulla che nella questione Russia-Ucraina il Regno Unito intero non abbia già fatto-detto, lei è il fenotipo della faccenda, direbbe un biologo studiato. Liz Truss è ministra degli Esteri di Londra e già da tempo batte molto su una linea essenziale, per chiudere la faccenda Mosca-Kiev serve che “Vladimir Putin continui ad essere umiliato”. E ancora, in upgrade: “Dobbiamo assicurarci che Putin affronti una sconfitta in Ucraina che gli neghi qualsiasi beneficio e che, in ultima analisi, limiti ulteriori aggressioni“.

Ora, strategia geopolitica e discutibilità o meno della stessa a parte, ma perché da sempre gli inglesi ce l’hanno tanto con i russi? In termini di inimicizie ataviche infatti Londra e Mosca si odiano, letteralmente, molto più di quanto Mosca e Washington si siano sempre esecrate e di certo più di quanto Kiev e Mosca oggi siano disposte a radere l’una al suolo l’altra. Al di là di vecchie faccende imperiali che, guarda caso, rimandano sempre alla Crimea (ed anche allora con l’Italia accorsa a parteggiare, non con Draghi ma con Cavour) il vero clou era stato la Seconda Guerra Mondiale.

Churchill odiava Stalin molto più di quanto non odiasse Hitler e avrebbe fatto carte false per “ricacciarlo a ditate negli occhi” fuori dall’Europa Occidentale. Poi l’anno scorso c’era stato l’episodio, sempre nel Mar Nero e in affaccio di Crimea, del cacciatorpediniere della Royal Navy Defender che era andato a fare un passaggio bullo sotto il naso dei radar di Mosca. Da quell’episodio era scaturita la gigantesca esercitazione navale della Nato Sea Breeze 2021 (anche allora con l’Italia ligia e presente con la fregata Virginio Fasan) per “avvicinare l’Ucraina al contesto occidentale”.

In domino diretto da quella era scaturita in escalation la maledetta faccenda di oggi, con il Regno Unito che sembra il ladro che torna sulla scena del crimine a dire “ma dove andremo a finire signora mia”. E la signora Truss non si è fatta pregare: “Per aiutare l’Ucraina dobbiamo fare di più. La migliore sicurezza a lungo termine per l’Ucraina deriverà dalla sua capacità di difendersi da sola: ciò significa fornirle un percorso chiaro per ottenere equipaggiamenti di standard Nato“. Più di quello che avete già combinato signora Truss? Magari questa mano la passiamo via.

Benzina sul fuoco.

NARENDRA MODI

Il primo ministro Narendra Modi

L’India sta attraversando un periodo di vacche magrissime e non è una battuta: una siccità spaventosa sta mettendo in ginocchio l’agricoltura di un Paese che fra silicio dei chip e germoglio ci mette millimetri di distanza. Ecco perché anche per questo motivo il governo presieduto da Narendra Modi ha da poco deciso di vietare tutte le esportazioni di grano.

La nota che lo comunicava però diceva anche un’altra cosa, una di quelle cose che stanno scritte in mezzo alle parole, all’ombra di accenti e consonanti doppie. E cioè “Il picco improvviso dei prezzi globali del grano mette a rischio la sicurezza alimentare dell’India, dei vicini e di altri Paesi vulnerabili”. Cioè, se il problema è il prezzo e se pur avendo avuto un raccolto nazionale molto magro perché, dato che sei esportatore, il prezzo dovrebbe essere un problema?

Ricordiamolo a noi stessi: l’India non è la Basilicata ed è il secondo Paese produttore del pianeta con 93.500.000 tonnellate annuali. Insomma, il blocco dei porti ucraini e la guerra della Russia stanno facendo diventare il grano il bene più prezioso dell’orbe ed il vero termometro geopolitico della terra, dato che la sua carenza potrebbe innescare carestie e squilibri di potere in grado di cambiare faccia al pianeta.

La vera strategia
Narendra Modi

E il sospetto è che l’india di Narendra Modi stia giocando a fare un po’ come quei pusher che prima di immettere la droga sul mercato maggiorandone i prezzi lasciano i clienti a secco on modo che la domanda diventi parossistica e qualunque prezzo vada bene. Il Brasile di Bolsonaro, ad esempio, si è giocato la matta subito e, dopo aver messo a segno un raccolto da record, si sta preparando a far salire l’export.

Tra gli altri grandi player c’è proprio l’India di Modi, che per ora “fugge” dal mercato ma che si prepara ad invaderlo a tempo debito con la tecnica del “passavo qui per caso e non ho potuto fare a meno di sentire”.

Modi e fuggi

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