Internazionale, i protagonisti della XXV settimana MMXXII

I protagonisti della XXV settimana del 2022 sulle pagine degli Esteri. Per capire meglio cosa accade nel mondo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

I protagonisti della XXV settimana del 2022 sulle pagine degli Esteri. Per capire meglio cosa accade nel mondo.

UP

JEAN LUC MELENCHON

Jean Luc Melanchon

Passerà alla storia per motivi tangenti, secanti, radenti e volventi e non se ne abbiano i puristi se facciamo macedonia ma qui usiamo le lettere e violiamo qualunque norma: per aver permesso ad Emmanuel Macron di vincere all’Eliseo, per aver aiutato Marine Le Pen a perderle per aver riportato la sinistra francese a numeri parlamentari straordinari, rammentando a Macron che in Francia il potere assoluto non lo si dà a nessuno.

Jean Luc Melenchon è stato il candidato della sinistra francese “dura e pura” che, turandosi il naso nel voto presidenziale, aveva preferito mandare all’Eliseo un amico delle banche piuttosto che una nemica della tolleranza. E ha fatto bene per come la vediamo noi. Ma mai bene quanto Melenchon ha fatto nel ricordare a Macron che lui di certe sue brighe era stato furetto già in campagna elettorale. Lo ha fatto forte dei 135 seggi che le sinistre radicali di Nupes hanno avuto alle elezioni politiche di qualche giorno fa e che con gli 89 della Le Pen hanno inaugurato la difficile stagione dell’anatra zoppa di Monsieur le President.

Come si è preso la sua rivincita politica Melenchon? Sottolineando malignamente a due giorni dal voto che lui aveva avuto ragione a cazziare l’allora candidato Emmanuel per l’App Elyze. Di cosa parliamo? Di un’applicazione usata per monitorare il gradimento degli sfidanti che all’epoca delle Presidenziali venne accusata da Melenchon di “taroccarli” in favore di Macron con un algoritmo sballato, roba di colpa, non di dolo sia chiaro. 

I dolori di Elyze
Jean Luc Melanchon

E chiariamoci ancor meglio: Elyze era nata con un intento nobile e probabilmente lo ha mantenuto al di là di qualche sbavatura: incoraggiare i giovani a interessarsi alla politica e in particolare alle elezioni presidenziali. In pratica “facendo scorrere” a destra o a sinistra le proposte elettorali dei candidati a seconda se si fosse d’accordo o meno con esse l’applicazione aveva stilato una graduatoria dei papabili migliori alla Presidenza in base al numero di punti di accordo condivisi tra l’utente e il candidato. 

Inutile dire che da quel giochetto era emerso che le cose che diceva Macron erano le più condivise, ma Melenchon non ci aveva visto chiaro e dal palco ha supposto che a suo parere qualcosa non quadrava. E in questi giorni si sta scorticando le dita sulla tastiera del Pc come Behetoven per scrivere che forse lui aveva ragione. 

Si, ma perché? Perché uno dei due co-fondatori di Elyze, Grégoire Cazcarra, è stato nominato consigliere incaricato della comunicazione digitale e della previsione nel gabinetto della portavoce del governo Olivia Gregoire secondo un decreto già schiaffato in Gazzetta Ufficiale. Quando? A tre giorni dal voto politico, roba che harakiri scansati. Magari Melenchon non ha vinto all’Eliseo, ma ha stravinto in Parlamento, e se in Francia rispetti la tradizione e fai le barricate dove serve farle non serve vincere: basta che non vincano gli altri.

Sanculotto.

NATHANIEL GORTON

Secondo Usa Today che censì in sistema giudiziario Usa nell’aprile 2019, Nathaniel Gortonha la reputazione di emettere condanne più consistenti dei suoi colleghi“, mentre Law360 sostiene che “ha la reputazione di essere un giudice senza fronzoli e abbastanza conservatore“. Ecco, Nat Gorton è così, un ex ufficiale della Marina imbarcato nel Pacifico e nominato giudice da George Bush nel 1992. 

E’ un duro che non ha paura di farlo sapere. Ed è un giudice che nei giudicati mette la tigna massima che il codice gli concede. Tigna massima come quella che ha messo al super broker del Massachusetts, John Wilson per aver pagato più di 1,2 milioni di dollari di tangenti per assicurarsi che i suoi tre figli fossero ammessi alle università d’élite. Il capoccia di un fondo di investimenti di quelli a nove zeri avrebbe brigato per far figurare che i suoi pargoli avessero skill sportive precise. 

È roba che come si sa negli Usa fa titolo per entrare al college anche se hai le capacità intellettive di una vongola verace. Solo che era risultato che i figli di Wilson non solo non erano cime di comprendonio, ma neanche atleti di calibro, il che aveva messo il padre nella imbarazzante condizione di dover giustificare quelle largizioni ad personam ad alcuni influenti papaveri accademici. E davanti a chi ti è capitato Wilson in piena fregola da mercimonio? 

Da noi il merito è un’altra cosa
Gli studenti di Stanford

Esatto, il tycoon dei fondi di investimento si è ritrovato tutto rincagnato nel suo completo da 12mila dollari sotto lo scranno del giudice Gorton. Giudice che tanto per cominciare gli ha dato 15 mesi di galera, più due anni di libertà vigilata, 400 ore ai servizi sociali e 200mila dollari fruscianti di multa per frode e corruzione. E quando l’imputato ha provato a ribattere che i suoi figli adorati all’Università della California meridionale, all’Università di Harvard e alla Stanford University ci erano andati come matricole meritevoli Gorton gli ha risposto: “In questo Paese il merito è un’altra cosa, signor Wilson, spero solo che almeno i suoi figli facciano in tempo a capirlo“. 

Noi non lo sappiamo se Vostro Onore Gorton, dette queste parole di platino, ha battuto il famoso martelletto come nei film americani, ma se l’ha fatto quello è stato il suono più seccamente melodioso della storia degli strumenti a percussione. Perché è stato il suono del mondo che vorremmo e che qualcuno ci aiuta a credere come possibile.

Vostro Grande Onore.

DOWN

JACINDA ARDEN

Jacinda Arden

In un mondo a cui interessa a tutti i Paesi (a molti via) ridurre l’effetto serra anche la Nuova Zelanda ha un piano per ridurre le emissioni di metano. E da Wellington hanno l’uovo di Colombo: tassare i rutti di pecore e bovini e con essi le cose che ovini e vacche mollano dal retrotreno. Si tratta, anche a fare la tara alla veste non proprio “comune” del legiferato da venire, di una iniziativa che, in un paese che ospita poco più di 5 milioni di abitanti e oltre 10 milioni di mucche e 26 di pecore, potrebbe far centro

Insomma, il fine è nobile ed è quello di abbassare le emissioni totali di gas serra e il mezzo lo è un po’ meno, a contare che diventerebbero materia da erario rutti e scoregge. Il dato però resta: la premier Jacinda Arden ha voluto spiegare il suo piano alla Bbc e, con fare franco come tutti i residenti degli antipodi di ceppo british hanno in genoma comunicativo, lo ha spiegato ad un giornalista della Bbc. Il problema non è tanto che in effetti in Nuova Zelanda ci sono tanti di quei capi di bestiame che se mollassero tutti insieme ci troveremmo Wellington alla periferia di Isernia, ma il modo.

Rutti & co.

La premier ha parlato infatti proprio di “rutti & co.” nel descrivere una cosa che magari scientificamente e lessicalmente poteva esser messa meglio. Il mese scorso, il ministro delle finanze della Nuova Zelanda ha impegnato 2,9 miliardi di dollari neozelandesi, cioè circa 1,9 miliardi di dollari, per iniziative per affrontare il cambiamento climatico, che sarebbero stati finanziati da un sistema di scambio di quote di emissioni che tassava gli inquinatori. 

Quindi da un punto di vista della tutela dell’ambiente e degli impegni concreti il Paese è al Top, ma “floppeggia” per come quegli intenti sono stati snocciolati dalla leader, che ha spiegato come con appositi enzimi gli allevatori potrebbero ridurre la “capacità di fuoco” dei capi. Però lo ha detto in maniera talmente franca che della bontà del progetto si è capito poco e quello che alla fine è rimasta è stata solo la….puzza.

Rutto libero.

DOUG BEATTIE

Dall’inizio del 2022 ne ha combinate talmente tante che il Carlo in Francia del detto antico a paragone suo pare la Mummia. Il leader del Partito Unionista dell’Ulster Doug Beattie aveva incassato il sostegno dei suoi malgrado nella sua condotta di sostenibile ci fosse stato ben poco. Ma in questi giorni qualcosa si è mosso e contro di lui è partita una inchiesta politica interna

Ma di cosa parliamo? Di tweet e post social talmente raccapriccianti e paleolitici che perfino un tagliaboschi del Kentucky prima di Appomatox li troverebbe di cattivo gusto. Sessismo, razzismo, intolleranza, in quegli scritti c’era tutto. Qualche esempio? In uno, Beattie aveva pubblicato l’immagine di una donna che aveva sul maglione in corrispondenza dei seni due budini. E la scritta sotto spiegava soavemente: “Non indossare un maglione come questo, oppure non lamentarti se ti guardo le tette“. 

Sempre in florilegio ce n’era stato poi un altro, questo era più wagneriano: i tifosi di calcio inglesi, per congrua parte i più mazzieri, tamarri e pericolosi del pianeta, con divise da crociati che si preparavano ovviamente a macellare musulmani indicati come invasori. L’Oscar però Beattie se lo era beccato con un post diretto e sconcio sulla moglie di un avversario di Partito. 

Quando è troppo…

Insomma, il tipo è becero, impunito e coperto dalla sua ghenga. Solo che i Partiti non sono ghenghe e perfino fra gli unionisti dell’Ulster ci sono galantuomini fatti e finiti. Perciò dopo il sostegno del vice capo del Partito Robbie Butler era arrivata la chiosa di un gruppo di membri che hanno chiesto e sollecitato un’indagine interna. 

Perché una cosa deve essere chiara: in linea del tutto teorica sui social ci si può permettere ogni caduta di stile e metterci un bel purtroppo dopo appare doveroso quanto inutile, ma questo vale se sei un “laqualunque. Se sei uomo delle istituzioni o della politica e sai di poter influenzare con le tue uscite gente che la domenica si irregimenta nelle firm e va a fare macelli allora un freno non è roba di indole, è roba di dogma. Ed è ora che Doug e tutti quelli come lui imparino cos’è un ordine, dato che non impareranno mai cosa sono le buone maniere.

Uniti contro l’unionista.