Internazionale, i protagonisti della XXVI settimana MMXXII

I protagonisti della XXVI settimana del 2022 sulle pagine degli Esteri. Per capire meglio cosa accade nel mondo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

I protagonisti della XXV settimana del 2022 sulle pagine degli Esteri. Per capire meglio cosa accade nel mondo

UP

ANDREA CARMEN

Galeotta fu una visita di 22 anni fa e con lei l’occhio lungo di chi la fece, quella visita. Le cronache dell’epoca dicono che Andrea Carmen dopo aver attraversato l’Atlantico trovò un’Europa baldanzosa per gli accordi di Shengen, un’Italia stranita dalla prima volta della Fiat che si mise a braccetto di General Motors ed un mondo che in media faceva gli scongiuri per quello strano anno bisesto ancora gravato dalla bufala del millenium bug. Per la precisione Andrea era in visita in Svezia nella sua veste di studiosa delle civiltà amerinde.

Andrea non era solo una studiosa, era una Yaqui, e questo ebbe molto peso quando vide ciò che vide in un museo a Stoccolma. Gli Yaqui sono una popolazione che di una parte del Messico in cui vivono hanno sempre rivendicato l’indipendenza perché sono un popolo fortemente identitario. E che ti va a capitare ad una rappresentante di un popolo fortemente identitario proprio nell’anno in cui in Messico c’erano state le elezioni e il suo popolo era stato preso a bastonate dalla polizia e tacciato dal neo presidente Vicente Fox di “non esistere“? 

Che in Svezia, in un paese che sta al Messico come Putin sta alla libertà di stampa, Andrea trovò uno dei simboli più forti dell’identità del suo popolo. Esposto in un museo c’era un Maaso Kova, una testa di cervo cerimoniale sacra alla nazione Yaqui.

Non potevo credere a quello che stavo vedendo“, ha raccontato la signora Carmen della sua scoperta al Museo di Etnografia. Era “come vedere un bambino in gabbia“. Per la nazione Yaqui, i cui membri vivono nello stato di Sonora, il Maaso Kova è un oggetto sacro usato nelle danze cerimoniali per collegare il mondo fisico al mondo spirituale dei loro antenatiAndrea Carmen era cittadina Usa perché viveva in Arizona, e quando tornò a casa fece il diavolo a quattro per riportare quel simbolo a casa sua. Per capirci, è come se un italiano trovasse all’improvviso la Sindone addosso ad un manichino in un centro commerciale di Taiwan. Andrea interessò il governo Usa e poi l’Onu, che riconosce solo gli Stati (a volte neanche quelli) ma non le nazioni etnografiche e iniziò una lotta durata 21 anni e 10 mesi esatti. 

Tanti quanti ce ne sono voluti per perorare, lottare, brigare, arringare documentare e riportare a casa sua, a Sonora, quella testa di cervo insieme ad altri 23 oggetti della nazione Yaqui. La signora Andrea oggi è un po’ più vecchia, un po’ più saggia e un po’ più soddisfatta. Perché ognuno ha le sue Gioconde, e a volte ha più ragione degli altri per rivolerle indietro.

Torna a casa, cervo.

KAMALA HARRIS

Kamala Harris (Foto © Gage Skidmore)

Come Onofrio del Grillo si è svegliata ma non poltrisce: agisce e mena botte da orbi dove menare è giusto e urgente. E Kamala Harris, che di mestiere fa la Vice Presidente degli Stati Uniti, di colpi di maglio non ne ha risparmiati ultimamente ed ha parlato di “aberrazione“.

In ordine a cosa? Al fatto che sulla questione delle armi i repubblicani Usa hanno messo la “ridottaed hanno proposto una soluzione che è peggio del guaio. 

In Ohio ad esempio, per legge e con firma diretta del governatore super retrò Mike DeWine, a scuola avranno insegnanti armati. DeWine ha firmato una legge che consente di armare tutti i dipendenti delle scuole ed ha indicato le “soft skill” per presentarsi in aula a spiegare lo sbarco in Normandia magari tenendo un Bar nel borsello così magari gli studenti capiscono meglio. 

Basteranno 24 ore di addestramento e un minimo di 8 ore all’anno di esercitazioni. Più 4 ore di formazione teorica su tre aspetti: pronto soccorso, tecniche per ridurre l’escalation di violenza armata ed interventi in caso di emergenza. Ovvio e palese che l’iniziativa non sa piaciuta affatto ai sindaci delle più grandi città dell’Ohio, tutti democratici: metropoli come Cincinnati, Columbus e Cleveland sono insorte e Kamala Harris avrebbe messo in programma una serie di incontri proprio in quelle città. 

E lo scopo non è solo propagandistico: in quei collegi ci sono senatori importanti, di peso come si dice, e in America è in atto la riforma sul controllo delle armi che stabilisce un aumento dell’età per chi possiede armi semiautomatiche. Come accade da un po’ per tutte le faccende “meregane“si tratta di una riforma approvata dalla Camera, ma dovrà superare lo scoglio del Senato dove servono sessanta voti a favore e dove i Repubblicani hanno decisamente più peso. 

E la Harris sta provando ad andare ad eroderne once proprio dove farlo potrebbe costare di più in termini di immagine se il risultato fosse negativo. Per farlo ci vuole un coraggio che “l’istituzionale” Kamala finora non aveva mostrato moltissimo, persa nella mistica di esclusivo totem di genere, ma adesso quel coraggio la vice di Joe Biden se lo è dato e lo ha fatto in un momento in cui averne è più importante che mai. 

Vice ma solo su carta.

DOWN

LA CINA

A furia di bandirla, in Cina la cicogna ha finito per andarci sempre meno, anche quando si è tornati ad invitarla sui comignoli. E a contare che non parliamo della cicogna come specie aviaria ma della cicogna come totem di natalità la faccenda è seria. Il tasso di natalità della Cina continentale è sceso a un minimo storico di 7,52 per 1.000 persone nel 2021 con trend in calo costante nel primo semestre appena concluso del 2022. Quello del 2020 era di 8,52 nascite. 

A fornire i dati il National Bureau of Statistics, che spiega come il trend al ribasso di Pechino sia ormai una costante e non un episodio statistico anomalo. Attenzione: la Cina con le nascite ha avuto sempre pulsioni da controller: il Paese aveva varato leggi per il cosiddetto figlio unico e fino al 2016 le cose erano andate bene perché in Cina si facevano più figli di quanti non ne potesse assorbire il sistema economico. Nella mistica da Paese perfetto che i capoccioni locali sognano erano tutti potenziali focolai di grane sociali che Pechino rifugge come la peste da sempre. 

Poi era arrivato il limite di due figli perché l’economia del Dragone post socialista era diventata il Godzilla del pianeta. In più il Paese è vecchio e la sua produttività è messa a rischio stavolta dalla carenza, non dalla sovrabbondanza di braccia e menti. Il tasso di crescita naturale della popolazione cinese, ad escludere la migrazione, è stato solo dello 0,034% per il 2021, il più basso dal 1960. 

Foto © Can Stock Photo / terachris

Zhiwei Zhang, capo economista di Pinpoint Asset Management, ha spiegato: “La sfida demografica è ben nota, ma la velocità di invecchiamento della popolazione è chiaramente più rapida del previsto“. E ancora: “Ciò suggerisce che la popolazione totale della Cina potrebbe aver raggiunto il picco nel 2021. Indica anche che la crescita potenziale della Cina probabilmente rallenterà più velocemente del previsto“. 

Quante persone sono nate in Cina nel 2021? Roba miserella assai a contare un miliardo e sei di tizi che ne calcano il suolo: 10,62 milioni. E nei primi sei mesi del 2022? Meno della metà del semestre precedente. Tutto questo con le analisi economiche planetarie che indicano come entro 30 anni Pechino sarà città capocantiere in almeno 3000 spot chiave del mondo, dove serviranno braccia, menti, divise e scaffali. 

Il conto non torna perché la Cina ha voluto mettere il cappio alla cicogna, che ora rende il favore e spinge il paese a politiche più aggressive verso i “cinesi burini” di Hong Kong e Taiwan. Lì non ci sono poppanti da crescere nelle logiche di un paese mannaro, ma cittadini da piegare a quelle logiche. Magari a suon di bastonate e approfittando della “distrazione” del conflitto russo-ucraino.

La “cicagna” della cicogna.

LA TANZANIA

La presidente della Tanzania Samia Suluhu Hassan (Foto: © Paul Kagame).

Mentre il “mondo che conta” va avanti sui social e nei tiggì il mondo che esiste porta le sue croci nell’indifferenza di tutti. Ed uno dei massimi momenti e massimi luoghi dell’indifferenza è quando in Africa qualcuno commette un sopruso e a saperlo sono solo due categorie: chi lo commette e chi lo subisce. Tutto mentre qui da noi se solo un qualunque signor Rossi si azzarda a scrivere una boiata sui social ne diventa star in negativo per settimane manco fosse Rasputin e si becca la prima del Corsera. 

La Tanzania ad esempio sta letteralmente sfollando via da casa loro migliaia di Masai nell’indifferenza di tutti, lo sta facendo con gli sfollagente e con i colpi di piatto del calcio del mitra. Vero è che il commissario regionale di Arusha, John Mongella, ha detto che circa 500 famiglie si sono”volontariamente” iscritte per il trasferimento a Handeni, a Tanga, un distretto a 600 chilometri a sud di Ngorongoro. 

Tuttavia Mongella è un funzionario e i funzionari quello fanno: dicono cose tiepide lì dove foto e video dimostrano che il clima è rovente è che non ci sono accordi ma solo botte e polizia. Lo storico è che da 10 giorni laTanzania ha iniziato a trasferire i pastori Masai dalla famosa area protetta di Ngorongoro e che gli attivisti sono insorti con gli sfollati ma invano. Attenzione, i Masai vivono in quella riserva, patrimonio mondiale dell’Unesco nel nord della Tanzania, da oltre un secolo

Da quando cioè da padroni incontrastati delle savane fra Kenya e Tanzaniaerano diventati scomodi e pulciosi reietti. Ad un Masai nessuno dirà mai in faccia che è pulcioso: sono pastori guerrieri di ceppo bantu talmente alti, di nerbo e bellicosi che i loro maggiorenni per diventare tali fino a cento anni fa dovevano ammazzare un leone con la lancia in gruppi di quattro, altro che patente e scuola guida dei nostri pargoli. 

Insomma, a paragone dei Masai gli Spartani sembrano i fricchettonidell’isola di Wight, tuttavia questo non li ha salvati da un governo poliziotto che non vuole i loro armenti in una zona dove arrivano turisti a caccia di belve da fotografare. L’avvocato e attivista per i diritti umani di Ngorongoro Joseph Oleshangay l’ha detta meglio e tutta: “E’ uno sfratto e non è volontario e questo sopruso potrebbe mettere a repentaglio la sopravvivenza fisica e culturale dei Masai“. 

Ma a noi non interessa, noi abbiamo il signor Rossi che posta boiate sui social da condannare fieramente: comodi, da casa e su cose che ci fanno prendere like in quella parte di mondo che consideriamo il solo mondo possibile.

Tutti miopi.

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