Internazionale, i protagonisti della XXXII settimana MMXXII

I protagonisti della XXXII settimana del 2022 sulle pagine degli Esteri. Per capire meglio cosa accade nel mondo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

I protagonisti della XXXII settimana del 2022 sulle pagine degli Esteri. Per capire meglio cosa accade nel mondo.

UP

LA CINA

Foto © Johnathan Nightingale

Facciamo qualche conto spiccio e cerchiamo di capire come mai, per quanto la Cina sia una nazione con skill poco democratiche e spesso invischiata in faccende non proprio cristalline come la sua ultima reazione isterica (o ragionatissima) su Taiwan, non darle un Up a volte è praticamente impossibile. Ecco un dato interessante, per esempio: Il commercio totale tra la Cina e i paesi BRICS ha raggiunto 244 miliardi di dollari, con le esportazioni cinesi in aumento del 20,6%.

Cosa sono i Paesi BRICS? Sono i giganti dell’economia di ogni continente in un mondo ancora snob e coniugato ormai all’imperfetto che per troppo tempo ha creduto che l’economia fosse solo europea e statunitense: Brasile, Russia, India e Sudafrica.

Ma come ha fatto la Cina a raggiungere questo obiettivo monstre? Il primo motivo è evidente: è Pechino a dettare le regole del trasporto marittimo internazionale, e il commercio della Cina con le nazioni BRICS è cresciuto del 14,1% nel periodo gennaio-giugno di quest’anno.

Il successo via mare
Foto: See-ming Lee

Insomma, con Russia, Usa e Vecchio (vecchissimo) Continente impegnati a scornarsi per e sul teatro ucraino la Cina faceva affaroni, mettendo in spunta un aumento di volume dei medesimi del 4,7% rispetto al tasso di crescita complessivo del commercio cinese nello stesso periodo. E si tratta di un tasso di crescita marginalmente più elevato rispetto al commercio Cina-UE, significativamente superiore al commercio Cina-ASEAN (l’Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico).

Ma in cosa ha commerciato Pechino con i paesi BRICS? Petrolio greggio, gas naturale, carbone e altri prodotti energetici hanno rappresentato il 36,2%, mentre le importazioni di prodotti agricoli sono state pari al 22,5%. E ci sono nazioni che hanno chiesto di entrare nel club, nazioni come Iran e l’Argentina, mica cotica. E la Cina ha guadagnato punti anche con i Paesi e le regioni lungo Belt and Road, la cintura indopacifica di commercio, quelli sono aumentati del 17,8%.

Perché le cose stanno andando così bene a Pechino? Perché l’economia è come la geopolitica: è fatta di nicchie che non restano mai vuote, se qualcuno le lascia libere, qualcun altro le occupa, e questa è una cosa che la Cina ha capito prima e più di tutti. Forse anche troppo, a contare come guarda Taipei.

Drago di un Dragone.

KATHY HOCHUL

Kathy Hochul

Due cose la contraddistinguono e sono entrambe cose buone, specie se le metti assieme: la tenacia e la fortuna. Kathy Hochul è tenace perché in vita politica non si è mai arresa davanti a nessun ostacolo ed è fortunata perché questa tenacia l’ha ripagata con fior di occasioni. Qualche esempio? Nel 2011 il deputato repubblicano Usa Chris Lee fu costretto a dimettersi per uno scandalo sessuale e vennero indette elezioni straordinaria di collegio che lei vinse.

Ancora? Esattamente dieci anni dopo questo episodio il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo fu costretto a dimettersi per uno scandalo sessuale e lei gli era succeduta nella carica, che ricopre ancora oggi. Insomma, dove c’è un politico americano che sloggia per fatti di mano morta dietro c’è Kathy Hochul che se ne avvantaggia.

E anche stavolta fortuna e tenacia giocano a suo favore. Perché? Perché New York, lo Stato di New York, va verso il divieto di vendita di cani e gatti nei negozi e vorrebbe mettersi in scia dell’esempio legislativo della California. E come in tutte le cose democratiche il testo di legge andava discusso nel parlamento statale.

Testo pronto, manca la firma
Kathy_Hochul

Ebbene, forse per la prima volta nella storia degli Usa la vicenda è stata liquidata in maniera tanto bipartisan che molti si sono chiesti se sia poi così vero che su armi ed aborto dem e repubblicani siano ai ferri corti come non mai. Il testo di legge è pronto e manca solo una cosa. Cosa? La firma di Kathy Hochul, il veto totale o il rinvio alla Camera per eventuali modifiche, ovvio.

La storia nella sua parte terminale l’ha raccontata il New York Post: lo scopo del disegno di legge è quello bellissimo incoraggiare i cittadini ad adottare animali dai canili e da altre strutture simili, ma il presidente delle associazioni del pet-shop avrebbe dovuto avere un incontro chiarificatorio con la governatrice, forse allo scopo di indurla ad emettere un veto parziale e rendere il legiferato più “morbido”.
E cosa ti va a capitare?

Che per una vicenda molto delicata in cui il tizio si è trovato impelagato l’incontro c’è stato ma con un suo sostituto, sostituto che pare la Hochul abbia liquidato in un quarto d’ora di fredda conversazione: la legge va bene così com’è e sarà vigente. Ma perché il presidente dei commercianti originario era venuto meno al rendez vous? Si, avete intuito bene: per uno scandalo sessuale.

Ed è stato così che per la terza volta in 11 anni Kathy Hochul è andata a meta grazie a due cose: tenacia e fortuna. E forse anche grazie al fatto che troppi americani ancora non sanno tenere quelle manacce a posto.

(Mano) Mors tua…

DOWN

L’IRAN

Foto: Marco Fieber

Se a raccontare questa storia fosse Carlo Lucarelli direbbe subito che è una storia in cui c’entrano due presidenti, uno “scienziato pazzo” e una città asburgica. E che se l’Iran oggi ha tanto uranio da poterci fare una bomba nucleare la “colpa” non è solo dell’Iran, ma anche di un signore che si chiama Donald Trump.

Ad ogni modo l’annuncio di Teheran di qualche giorno fa faceva paura: “Siamo in grado di costruire la bomba atomica”. Non lo ha detto qualche ayatollah invasato perché in Iran la stagione degli ayatollah è finita ma fa paura lo stesso, specie se a dirlo è stato Mohammed Eslani, numero uno del programma nucleare nazionale.
Per la precisione il tizio ha detto così all’Agenzia di stampa iraniana non ufficiale Mehr: “Siamo in grado di costruire la bomba atomica ma al momento non abbiamo intenzione di farlo”. Che è un po’ come se un figlio ti dicesse “io uso l’eroina ma al momento non voglio farmi nessuna pera”.

Il ruolo di Trump
Donald Trump. Foto © Gage Skidmore

E veniamo a Trump: una volta, quando i potenziali stati-canaglia li dovevi mettere sotto scacco prima che scomparisse l’aggettivo “potenziali”, si facevano gli accordi. Accordi come quello nucleare internazionale del 2015. L’accordo di Vienna ad esempio, che mirava a impedire all’Iran di acquisire armi nucleari, era una carota utilissima perché dietro prospettiva di resettare le sanzioni faceva capire a Teheran che la strada dell’atomica non era la strada giusta.

Poi era arrivato Trump che nel 2018 lo aveva rescisso unilateralmente ed aveva messo l’Iran sulla strada dell’arricchimento dell’uranio. E step by step, arricchendo arricchendo, oggi uno stato islamico sempre in bilico fra fede composta e fanatismo d’assalto è in grado di farsi il suo arsenale dell’orrore ma non è in grado di gestirne la assoluta funzione di deterrenza.

E con Israele lì a due passi tutto questo non è affatto bello.

Grazie Donald.

ALEKSANDAR VUCIC

Aleksandar Vučić

Ne avevamo scritto in tempi non sospetti: la Serbia si arma e fa troppe esercitazioni militari. Ed essendo la Serbia perennemente ancorata al suo sogno di grandezza essa è una nazione pericolosa perché confina con territori su cui prima estendeva gli angoli della bandiera e che oggi controlla da remoto e con limiti precisi.

Il sogno di grandezza della Serbia ha sempre avuto contrafforti a Mosca, dove le skill di un Paese tradizionalmente refrattario alle regole occidentali sono da sempre guardate con benevolenza, interesse e generosità. Negli uffici di Sergei Lavrov la Serbia è vista come i fiori di De Andrè in mezzo al letame dell’Occidente atlantico.

Aleksandar Vucic è presidente della Serbia da quanto basta per capire che esiste ancora ed esisterà sempre una “questione Kosovo”. Di fatto il Kosovo è una ex provincia di Belgrado su cui Belgrado ancora oggi accampa diritti di base e ne invoca di accessori. Gli effetti dei fatti bellici del 1998/’99 sono ancora là, nascosti ma non troppo in ogni piega di una società fatta a strati etnici ciascuno di quali impermeabile all’altro.

L’esercito jugoslavo controllato dai serbi andò alla guerra contro i ribelli kosovari albanesi, che volevano separarsi. Dovette intervenire la Nato che con decisione unilaterale e controversa bombardò la Serbia, costringendo le sue forze a ritirarsi dal territorio kosovaro.

Il problema ritorna

Nel 2008 il Kosovo dichiarò l’indipendenza della Serbia, che fu riconosciuta dagli Stati Uniti e da un pezzo dell’Unione Europea, ma non dai serbi e dai paesi loro alleati, come la Russia e la Cina.

Ecco, oggi il problema si è riproposto ma con una Russia ormai “nemica” certificata dell’Occidente e di fatto belligerante di suo. E con Aleksandar Vucic che continua a dire che le auto kosovare non hanno diritto a targhe nazionali, utilizzando il più scemo dei “casus belli” per mettere zizzania in un mondo che di zizzania ne aveva già di suo.

Eterna caserma.

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