La lezione di Ivano da Rocca di Papa alla sinistra (di L. Grassucci)

La sinistra di oggi non ha assaggiato gli schiaffi degli Edili della Cgil. Quelli che ai cortei erano 'la forza proletaria'. E difendevano le manifestazioni. Oggi solo fighetti benvestiti, che parlano bene ma dicono nulla. E non parlano più al loro popolo. Come ha ricordato Ivano da Rocca di Papa

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Quando ero ragazzo avevamo in animo di “cambiare la sinistra” e cercavamo di “cambiare” il mondo e il Partito.

Armati di gioventù, di furore anarchico, andavamo a contestare la sinistra dei Partiti (vecchi e logori). Ma, tra noi e la contestazione, a Roma, c’erano gli edili della Cgil (molti erano nostri padri, ma veri) e… non abbiamo mai visto la manifestazione e mai i carabinieri. Risolvevano loro con “la forza proletaria” contro “il virus dell’ingenuità piccolo borghese” che portavamo e già ci rendeva malaticci.

 

Questa era la sinistra, la forza di una Fede, la irragionevolezza di una ragione che era un noi. Oggi in tv, nel talk, quelli di sinistra sono signorine ben vestite marcate Gucci, ben parlanti, ma, spesso nulla dicenti.

 

Ed ecco Ivano da Rocca di Papa. Ivano è un uomo grande e grosso, mi segnala il fatto Franco Abbenda, un mio “compatriota”, con un articolo di Massimo Gramellini, scatenandomi orgoglio e ricordi, ma soprattutto ragioni.

Che ha fatto sto madonna? Il compagno Ivano stava nel suo paese a Rocca di Papa davanti ad un drappello che protestava contro l’arrivo degli immigrati: “Perché dopo viaggi di mesi, 10 ore di pullman sti poracci se debbono pure gode sta rottura de cojoni dei 4 fascisti”.

Era un programma televisivo di quelli falsi come una banconota da 22 euro virgola 5: i conduttori lo richiamano, lui tiene la “fede”.

 

In quel momento Ivano colpisce il cuore di tanti. Tanti che credono cose semplici tipo: che la sinistra sta con gli operai dell’Ilva e non con gli alberi: che dovrebbe vincere a Sesto San Giovanni e vaffanculo i Parioli ed il centro di Milano. Che ci vogliono le sezioni e la scritta “socialismo” non fighetterie che non dicono niente. E che ama il lavoro e gli operai che sudano e non le piume azzurre degli uccellini. Che a Genova sta con i portuali; che il rosso è un bellissimo colore e l’Internazionale dice che siamo figli del mondo generoso e non di un piccolo mondo pauroso e chiuso.

 

Gramellini sintetizza dicendo

Ivano incarna anche fisicamente una sinistra «vintage»: la barba da assemblea, la maglietta sformata, l’ eloquio rude e il cuore tenero. È figlio di un operaio e di una contadina dei Castelli Romani che gli hanno insegnato – dice – il rispetto per i più deboli. Il contrasto con i liderini democratici di ultima generazione – camicia immacolata, cravattina scura, smania di riconoscimento sociale e linguaggio raffreddato dagli scrupoli del politicamente corretto – non potrebbe essere più schiacciante. Mentre i politici di destra parlano come i loro elettori, quelli di sinistra non parlano più come Ivano né soprattutto a Ivano. Per questo parlano invano.

(leggi qui sul Corriere della Sera)

 

Ivano ha fatto un manifesto. Il cronista fighetto insiste affiancato dal giornalista dei quartieri bene, giunto lì in Bmw e con un gettone di presenza che è un anno di reddito di cittadinanza: “ma non pagano i bus e fanno la pipì per strada”.

Ivano sublima: “Pure io non ho pagato il pullman e fatto la pipì per strada”. Perché Ivano prende il bus, Ivano non aliena l’umanità agli altri schifandola, ma se la assume su sé.

In studio vogliono replicare, lui ha detto quel che c’era da dire, come andava detto.

 

Per questo ha rotto lo schema, a Salvini non rispondi col ”pensiero debole” di Vattimo, con le signorine Gucci, col “sono ignoranti”

 

E le mani degli edili, ve lo posso assicurare, facevano male.