Jago sale in cattedra: l’artista di Anagni si racconta a Tor Vergata (di M. Massa)

Jago, l’artista di Anagni, si racconta nell’aula dell’università. Comunicazione social, strategie, il caso Banksy, l’arte di Wildt e Fontana. Oltre 235mila follower attivi, 13 milioni di visualizzazioni, un documentario.

Melania Massa

Moda, Fashion & Style

Passo sicuro, testa rasata e look total black. Sono i tratti che ormai lo contraddistinguono. Sorriso autentico e sguardo intenso di chi ha la consapevolezza di avere qualcosa da raccontare. Così Jago entra nell’aula I2 durante la lezione di Economia Aziendale.

Lo ha invitato l’Alet, Associazione Laureati Economia Tor Vergata. È lì per un incontro dal titolo “L’arte ai tempi del social network: Jago si racconta” Un momento di dibattito sul mondo dell’arte contemporanea e sul ruolo dei social network come strumenti di comunicazione e promozione.

Il perché della presenza a Tor Vergata dell’artista di Anagni è facilmente intuibile se si svelano un paio di numeri.

Con più di 237mila follower attivi sulla sua pagina Facebook e oltre 13 milioni di visualizzazioni del documentario a lui dedicatogli da FanPage, Jago condivide la propria arte sui Social in maniera indipendente, per questo motivo da molti viene definito Social artist.

L’artista del papa

Dietro al nome Jago c’è la genialità e l’estro di Jacopo Cardillo . Trentuno anni, anagnino, vive a metà tra lo studio di Anagni e l’atelier di Verona.

È lui ad avere realizzato il busto in marmo di Benedetto XVI, poi spogliato e trasformato in “Habemus Hominem” in seguito alle dimissioni del Pontefice. Un’opera che gli è valsa la “Medaglia Pontificia”.

Le sue opere sono state sposte in tutti i principali luoghi d’arte moderna e contemporanea in Italia.

Nella Galleria Doria Pamphilj di Roma espone i ritratti in marmo dei componenti della famiglia. A Montecarlo si aggiudica il 1° Prix Gala de l’Art di Monte Carlo. Poi è la volta del “Premio Pio Catel” con l’opera “Containers”. A Roma nella Cripta della Basilica dei Santi Apostoli, espone “Memorie”. Fa tappa a Arte Fiera Bologna, Galleria Montrasio Arte di Milano, Guardiagrele per il festival Artigitale, a Verona riceve l’investitura come Mastro della Pietra in occasione del MarmoMac 2017.

I social le nuove gallerie d’arte

L’artista ciociaro ha trovato nei social lo strumento per far conoscere a tutti il suo talento e le sue opere.

«All’inizio lavoravo da solo e non volevo essere disturbato. Un giorno ho capito che la chiave di tutto era proprio condividere con gli altri ciò che stavo facendo e di farlo a modo mio, allora ho deciso di lavorare in diretta. In questo modo la mia è un opera collettiva perché il mio pubblico sta partecipando al mio lavoro».

Jago non siede dietro la cattedra, né tantomeno davanti. Si siede sulla cattedra, gambe penzoloni, spontaneità e genuinità miste alla voglia di comunicare con i ragazzi e rispondere alle loro domande. Forse scelta strategica anche questa, per mettersi al livello dell’interlocutore, che lascia da subito presagire come sarà l’andazzo delle due ore successive.

Si parla di giovani e di social « I giovani hanno entusiasmo, mi piace fare un percorso condiviso con persone che ti seguono e possono accedere a quello che faccio in tempo record. In questo modo si può crescere insieme. Quelle persone potrebbero diventare tra dieci anni i miei futuri collezionisti, questa è la chiave che funziona del parlare ai giovani attraverso i social».

 

Jago Trade Mark

E’ un fiume in piena. Racconta degli undici anni di lavoro, emerge un amore profondo per i genitori: mamma insegnante e papà architetto. Il legame con la famiglia e con la sua terra, la Ciociaria, punti fissi dove tornare quando possibile.

Parla della grande sintonia che si crea a stretto contatto con il suo staff. Del suo logo: tre triangoli ed un cerchio a creare “Jago”. La sua firma è un marchio registrato ed è importante perché certifica il valore delle sue opere.

Nulla è lasciato al caso, tutto è studiato con grande accuratezza. Per le idee innovative c’è il
consiglio di ascoltare i bambini, loro già hanno in mano la chiave del futuro, sono smart già dai primi anni di vita. L’ispirazione per una nuova opera, invece, cresce nel corso dell’attività stessa, è l’attività creativa che genera in Jago nuove idee.

Imparando a leggere la realtà che ci circonda si alimenta la creatività e quindi la
nascita di nuovi concetti.

 

Banksy, lo spazialismo di Fontana, l’arte di Wildt

La domanda sul caso Banksy, l’artista che è riuscito a beffare una delle case d’aste
più importanti del mondo come Sotheby’s mandando letteralmente in ritagli una
propria opera, arriva quasi palesemente se si vuole parlare di strategia applicata anche
al concetto di arte.

L’intelligenza dell’artista – spiega Jago – non è stata quella di aver realizzato l’opera ma, quella di aver costruito un sistema di comunicazione attorno ad un gesto che si realizzava in un momento.

Ed è stato tutto progettato per lungo tempo. Così il valore di quell’opera si è quadruplicato.

«Banksy ha aggiunto un atto performativo all’interno di un’ asta, ha detto una cosa in più. In questo caso si sta comprando una vera performance e tutto il mondo aspetterà il prossimo evento in attesa che accada qualcosa».

Da qui il collegamento con lo spazialismo di Fontana e il taglio della tela, l’arte di Adolfo Wildt, grande maestro del marmo che bucava gli occhi alle sue opere aprendo uno spazio diverso rispetto alla superficie.

 

Le opere

Jago considera il suo mercato internazionale «in relazione alla totalità del potenziale
del mezzo social che è una totalità mondiale».

Proprio in relazione allo strumento social fa riferimento all’opera “Facelock”, un morsetto identico alla f di facebook che blocca un bambino, su una pila di libri, con la testa china sullo smartphone.

Dopo aver svelato che «il bambino è stato scolpito con un pezzo di marmo, scartato dall’opera del busto di Benedetto XVI», spiega che “Facelock” vuole essere «un messaggio per un uso consapevole dei social, riconoscerne il grande potenziale ma essere a conoscenza dello strumento che si ha in mano».

In opere come “Sassi” “Eataly”, “Carne”, vuole mostrare un’immagine della realtà che non sia ovvia. Con la statua di “Venere” evidenziare il concetto che si può essere Venere per tutta la vita.

Un sunto veloce per un’arte piena di concetti e significati che è quasi difficile spiegare a parole. Per tutto il resto, sapete dove trovarlo!