La bonifica? L’abbiamo fatta noi dei monti

Quella intervista fatta ad Alessandro Di Trapano (detto Bufalotto) che racconta un'altra verità. ben diversa da quella propagandata per decenni dalla retorica. La lezione è che Siamo tutti meticci di qualcosa. Per questo capaci di verità che i puri non possono concepire. 

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

La bonifica l’hanno fatta i montanari“: con questa affermazione lapidaria Alessandro Di Trapano (detto Sandrino Bufalotto) ex sindaco comunista di Sezze, rivendica con orgoglio il ruolo della sua gente nella costruzione del nuovo mondo non disdicendo il vecchio.

Ma le osservazioni puntuali di Alessandro Di Trapano vanno oltre. Non solo affermazioni sul ruolo dei lepini nella bonifica, ma anche contestazione del modo in cui la bonifica è stata fatta.

Questa intervista è del 1996, anni luce fa. Ma oggi che a 90 anni dalla nascita di Latina la retorica sulla fondazione e sulla città nell’agro redento ci sommergerà, un pensiero “capoculo“, un “altro pensiero“, l’idea che un altro modo di fare le cose c’era è utile. Per non dimenticare che sta Storia è bella perché dentro ha mille storie. (Leggi anche Bonifiche pontine: La “malefica” è di Gino Clerici, non di Mussolini).

Lascio l’intervista come era, perché dentro c’è la storia. Di Trapano moriva nel 1999 tre anni dopo l’intervista, lasciando questa terra priva del punto di vista dei butteri, di cui lui era stato capo. I butteri la gente della palude, capaci di cavalcare a pelo, capaci di vincere Bufalo Bill, capaci di restare gli ultimi uomini ad amare Bakunin e la libertà. (leggi qui: I 100 anni di Lalla, nel paese dove con la poesia batterono pure Benigni).

LA MACCHIA CANCELLATA

Nessuno afferma – esordisce Alessandro Di Trapanoche la palude non doveva essere battuta, ma occorre anche sottolineare, ed in questo sono confortato da illustri luminari, che il modello di bonifica scelto non ha funzionato“.

Due sono gli ordini di contestazione dell’ex sindaco di Sezze: “innanzi tutto  va detto che con la bonifica è stata cancellata la macchia di Caserta, una fascia verde che dalla Campania arrivava a Terracina e da qui a Roma seguendo la costa , un immenso patrimonio verde che svolgeva un ruolo importante per regolamentare il clima nell’area pontina e di tutto il Lazio meridionale“. Di Trapano ricorda che questa fascia verde proteggeva dai venti ed assorbiva l’umidità. L’averla eliminata ha lasciato la piana senza protezione. E le trombe d’aria di questi giorni testimoniano le conseguenze di quella scelta operata.

Oggi di quella immensa distesa verde non è rimasto che un pallido ricordo nella zona del Circeo. Che resta l’unica prova di come avrebbero potuto convivere città e bosco. Il sindaco non tralascia il ruolo economico svolto dalla macchia di Caserta: “Il bosco è una ricchezza, andava difeso“. Di Trapano ricorda le potenti macchine che azionate a vapore portarono a compimento l’opera di disboscamento: “noi fornivamo l’acqua alle vaporiere che strappavano le radici degli alberi dal terreno scavando solchi di un metro e mezzo“.

DOVE STA LITTORIA

Clerici e la bonifica delle paludi

Anche l’ubicazione di Latina, allora Littoria, è contestato: “poteva essere costruita più verso la collina e così la fascia verde poteva essere salvata“. E sbagliato è il modello di agricoltura scelto da fascismo basato sulla monocultura del grano. Esistevano, per il sindaco di Sezze, numerose varianti possibili rispetto a questo modello, tra cui l’acquacoltura a cui non si è mai pensato. Oltre alle attività tradizionali di allevamento.

Le contestazioni di Di Trapano si fanno più tecniche: “Parlano sempre di bonifica eppure ci sono zone, penso all’area intorno a Mazzocchio dove la palude pare non essersi mai ritirata dove ad ogni pioggia di una certa consistenza centinaia di ettari vengono sommersi“. Per l’ex sindaco è stato commesso l’errore di convogliare le acque del Semprevisa verso il punto più basso della pianura che è Mazzocchio: “Restiamo un territorio a rischio, se piove un poco più del solito l’acqua torna a farla da sovrana“.

Ma la nostra non è una critica distruttiva – afferma Alessandro Di Trapanovogliamo lavorare insieme per correggere gli errori commessi“. Ricostruire le linee frangivento, riprogettare la gestione idrica del territorio sono i punti principali di azione”.

CHI HA FATTO LA BONIFICA

LA BONIFICA DELL’AGRO PONTINO

Riguardo al lavoro svolto per far nascere la pianura, la memoria di Di Trapano è puntuale. “Abbiamo lavorato noi delle montagne aiutati dagli operai abruzzesi e casertani e abbiamo fatto tutto a mano. La prima Roston, una draga di produzione inglese l’ho vista nel 1935, lavorava sul Selcella ed ha fatto un solo argine di 400 metri, il resto tutto lavoro di braccia“. Il primo trattore che ricorda il sindaco è uno Spa, visto al lavoro sempre nel 1935, il resto “è memoria di duro lavoro“.

I funzionari fascisti – ricorda Di Trapano – pagavano gli operai con una pistola sul tavolo, e queste cose non si dovrebbero mai dimenticare. Le genti del nord – continua – arrivarono dopo, quando fanno gli appoderamenti. E molti di loro non erano mai stati contadini“. Nell’assegnazione delle terre i lepini vengono esclusi.

La bonifica ha rappresentato anche la rovina per molti allevatori locali, le conseguenze della crisi economica del 1929 si sommano alle scelte sulla bonifica: “i prezzi della carne subirono un tracollo – ricorda Di Trapano – . Mio padre fu costretto a vendere due puledri da 1000 lire l’uno di allora, a 700 tutti e due, si rovinarono in molti, scomparve l’allevamento di maiali“.

Infine Di Trapano sottolinea la sottrazione di migliaia di ettari di terreno ai danni di Sezze, Priverno e Terracina. “A Sezze furono tolti 5000 ettari, arrivavamo fino al Sisto e a Tor Tre Ponti, terre emerse da secoli dove c’era una economia e una vita sociale intensa. Hanno tolto le terre a Sezze, a Priverno e Terracina i paesi degli operai che hanno prosciugato la palude“.

IL CAPO DEI CONTADINI SETINI E IL RISPETTO

“Qui tutti quelli che sono arrivati hanno trovato le nostre porte aperte e la dimostrazione di quello che dico sono le centinaia di matrimoni misti tra abitanti dei lepini e le genti venute dal nord. Qui abbiamo dato un esempio di rispetto reciproco, le venature razziste dei lumbard non ci toccano neanche lontanamente. Matrimoni misti e vita insieme che non esclude il nostro diritto di ribadire verità storiche negate per decenni” disse Alessandro Di Trapano.

Come era un tempo. “Si coltiva il grano nelle zone completamente emerse, il granoturco praticamente ovunque da maggio a settembre quando le acque si ritiravano. Nelle zone pedemontane si coltivavano i carciofi. Il pezzo forte era l’allevamento alo stato brado: suini erano così tanti che non ne conoscevano il numero neanche i proprietari. L’allevamento era gestito dalle università agrarie di Sermoneta e Bassiano. Da Filettino scendevano gli allevatori di pecore, greggi di 2000 capi ciascuna che svernavano qui per tornare in montagna a marzo”.

Con la bonifica è nato si un mondo nuovo, ma c’è anche un mondo che è scomparso”.

NOTA DELL’AUTORE: 

Questa intervista l’ho fatta da setino quale sono, per nascita e per educazione siberiana di mio nonno Lidano e mia nonna, Za Pippa, ma nel sangue non rinnego la mia parte veneta, di mamma Bruna che veniva da Piazzola Sul Brenta. Una donna così bella che per amore da papà fu scelta dopo che lei lo aveva scelto per medesima convinzione. Siamo tutti meticci di qualcosa. Per questo capaci di verità che i puri non possono concepire.