La camicia di Nesso, la manina di Zelensky, il dna di Putin

La camicia di Nesso e la prudenza che i leader devono usare. Per impedire di finire in trappola. In questo clima di veleni.

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Tra le tante immagini che circolano in questi giorni del presidente Volodymyr Zelensky, che non esita ad apparire quale deus ex machina nella capitale Kiev per produrre i numerosi video che incitano alla resistenza, vestito con delle divise militari nuove di zecca e ben stirate con la piega, una più normale ha destato la mia attenzione.

Guardando un Tg scorrevano immagini del presidente ucraino di poco prima del conflitto impegnato, in abiti civili, in un meeting presso il parlamento europeo: indossava una normale giacca e cravatta in un atmosfera ancora cordiale.

Ad un certo punto si avvicina uno dei diplomatici presenti e con gesto naturale di saluto porge la mano a Zelensky. Questo sorridente si accinge a ricambiare ma d’improvviso cambia espressione, ritira la manina che rimane a metà strada pendula e moscia, e fa una smorfia del volto al suo interlocutore per dire perdonami ma non ti posso dare la mano.

Questione di sicurezza

Volodymyr Zelensky

Se non conoscessimo i rischi connessi  al ruolo che certi capi di Stato ricoprono lo prenderemmo come un atto di maleducazione o superiorità. Ma non è così.

Perché moltissimi capi di Stato evitano qualsiasi tipo di interazione fisica per motivi di sicurezza. Non sarebbe infatti la prima volta che qualcuno potrebbe perdere la vita per dei veleni da contatto o micro punture. Una evenienza che non esiste solo nei film di spionaggio ma è concreta e reale. E per molti leader e per coloro che ne curano la sicurezza è una specie di ossessione.

Non esiterete a capirne il perché. Immaginate la morte improvvisa ad esempio di uno dei due contendenti nella guerra Russia Ucraina, Vladimir Putin o Volodymyr Zelensky che impatto avrebbe sul conflitto. Chi perdesse il proprio leader piomberebbe nel caos, sarebbe un colpo ferale per il conflitto e per la gestione intera della nazione che si troverebbe senza guida in piena guerra. Con tutte le conseguenze che potete immaginare.

È per questo che Zelensky si rende irreperibile da settimane apparendo solo per brevi video per non essere il bersaglio dei sicari russi che potrebbero cercare di eliminarlo non solo con le armi convenzionali ma con iniziative più fantasiose ma ugualmente efficaci.

La camicia di Nesso

Aleksandr Litvinenko

Non sarebbe la prima volta. Tutti ricorderanno ad esempio l’assassinio dell’ex spia russa Aleksandr Val’terovič Litvinenko avvelenato con qualche goccia di polonio a Londra qualche anno fa. Aveva poco prima accusato il presidente russo dell’assassinio della giornalista Anna Politovskaja. E non è stato un caso isolato. Alcuni sono di dominio pubblico altri rimasti celati sotto circostanze sospette.

Non c’è da stupirsi, la storia è costellata di imprese simili. Quando non si riusciva ad uccidere uomini potenti in guerra o apertamente, si ricorreva a qualche stratagemma o a particolari veleni.

La prima immagine che mi è tornata alla memoria è la “camicia di Nesso” con cui, per la mitologia, fu ucciso Ercole. Lo stesso Ercole combattente invincibile che nel ciclo eracleo non aveva mai trova to la sconfitta e la morte di fronte a qualsiasi nemico affrontato.

Nesso era un centauro, nella mitologia greca, traghettava dietro compenso i viaggiatori oltre il fiume Eveno. Fu protagonista di una terribile vicenda, ossia l’inganno compiuto ai danni di Deianira, moglie di Ercole. Venne colpito da una freccia dell’eroe, ma prima di morire donò alla donna un filtro con il proprio sangue dicendole che si trattava di un talismano d’amore. Quando Deianira fece indossare una tunica, una camicia intrisa di quel sangue a Ercole, di cui voleva riconquistare l’affetto, la tunica, aderendo al corpo dell’eroe, ne bruciò le carni e lo uccise.

Ecco dunque che il sangue di Nesso si trasformò in un potente veleno, che trasudò attraverso la camicia, sulla pelle di Ercole, consumandolo.

Il pranzo in Giappone

Il G20 di Osaka nel 2019 (Foto Japan Gov P.O.)

Proprio da questo episodio, o meglio da un inganno, nasce l’accostamento linguistico e metaforico, Camicia di Nesso, ancora oggi usato e molto frequente anche in ambito letterario.

E da millenni gli intenti degli uomini non sono cambiati, in particolare l’eliminazione dei nemici con ogni mezzo possibile. La stessa cosa potrebbe riproporsi rivista e modernizzata anche ai giorni d’oggi. È per questo che molti leader coltivano una vera e propria ossessione per qualsiasi elemento venga a contatto con loro ed uno dei più maniaci è senza dubbio Putin.

Prendiamo ad esempio il cibo. Tutti ricordiamo gli assaggiatori di corte che testavano i cibi prima che i re potessero mangiarli: lo facevano per preservarne la salute da eventuali avvelenamenti. Non crediate la situazione sia cambiata molto. I cibi ed in particolare le bevande non solo sono rigidamente controllate ma vengono spesso preparate da personale apposito al seguito dei leaders.

Molti di voi potranno trovare in rete foto che fecero il giro del mondo scattate durante il pranzo di gala del g20 in Giappone nel 2019. In alcune di queste si vede chiaramente Putin che beve del the preparato dal suo staff da un suo thermos personale bianco con lo stemma russo d’oro in primo piano. Perché il leader russo non assume nessuna bevanda fuori casa che non sia quella portata dal suo thermos personale. Un maniaco? Forse no solo cauto. Forse più di altri.

Questione di Dna

Il brindisi tra Trump e Putin (Foto Japan Gov. P.O.)

Infatti nella stessa foto al G20, vicino al leader russo si vede un Trump molto più rilassato che tracanna della Coca Cola in uno dei bicchieri del catering come se nulla fosse. Due immagini completamente diverse, forse frutto di una cultura diversa. Ma alla fine il povero Trump lo hanno defenestrato mentre Putin è ancora li saldamente a cannoneggiare gli stati vicini.

Tra l’altro come nota di colore il thermos bianco divenne uno degli articoli più venduti su Alibaba nel periodo successivo. I cinesi riuscirebbero a commercializzare qualsiasi cosa. 

Ma c’è un segno di novità in tutte queste storie di avvelenamenti ed omicidi. Un’ossessione tutta moderna e contemporanea che non aveva modo di essere nell’antichità: il DNA. L’acido desossiribonucleico o deossiribonucleico, in sigla DNA, dall’inglese DeoxyriboNucleic Acid; è un acido nucleico che contiene le informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine, molecole indispensabili per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della maggior parte degli organismi viventi. Ormai lo conosciamo tutti non c’è telefilm poliziesco che non lo citi ed usi per qualsiasi tipo di indagine, quasi sempre in modo determinante. È diventato non più solo un termine scientifico ma una espressione di tipo comune.

Eppure è un arma potentissima perché può rivelare della persona di cui viene analizzato una serie di informazioni utilissime nello spionaggio. Pensate ad esempio se col dna di Putin si capisse che è malato o che addirittura come ipotizzano non è lui ed utilizza dei sosia per motivi di sicurezza.

Il Dna è mio ed il test lo faccio io

L’incontro Putin – Macron (Foto: Imagoeconomica)

Non sarebbe la prima volta come successo già per dittatori sudamericani, narcos o addirittura per Saddam Hussein. Tracce di pelle, saliva, peli, urine, capelli, sono ormai utilizzabili alla stregua di un arma. Ed anche qui Putin non è certo l’unico fissato con queste precauzioni.

Prendiamo un esempio più recente. Nelle scorse settimane, prima del conflitto, arrivati a Mosca a distanza di una settimana uno dall’altro per incontrare Vladimir Putin, sia Emmanuel Macron che Olaf Scholz hanno entrambi rifiutato di fare il test molecolare per il Covid offerto dai servizi medici del Cremlino. Ma siccome era indispensabile per vedere il presidente russo, il presidente francese e il cancelliere tedesco si sono sottoposti a un test eseguito dai medici delle rispettive ambasciate, con apparecchi portati dalla Francia e dalla Germania. Il personale medico russo è stato invitato ad assistere alla prova.

La semplice ragione del rifiuto è che Macron e Scholz non volevano che i russi entrassero in possesso dei loro dna.

I dati sono diventati merce preziosa e le tracce genetiche sono sicuramente quelle più sensibili e personali. Per i servizi segreti una vera miniera d’oro, anche soltanto a futura memoria.

A caccia di impronte genetiche

Hilary Clinton (Foto © Gage Skidmore)

È un fatto che molte intelligence siano state da sempre interessate ai dati biometrici delle persone. Nei cablo di WikiLeaks si cita un ordine di Hillary Clinton, al tempo in cui era segretario di Stato, per ottenere qualsiasi dettaglio individuale, dna incluso, di esponenti africani.

Si narra che negli anni ottanta la cia sottrasse le feci del dittatore filippino Marcos, la cartella clinica di Saddamm Hussein o altri capi di stato ricoverati in ospedali occidentali. Il Mossad si impossessò delle urine del leader siriano Hafiz al-Assad al funerale del re di Giordania. Nella Ddr la Stasi conservava certamente anche prove olfattive dei nemici del regime comunista. Utili per esempio al riconoscimento con i cani.

Forse la più colorita è quella che si narra del dittatore nordcoreano Kim Jong Un che in occasione dell’incontro con Trump portò con se un wc portatile personale. Non immaginiamo la felicità degli addetti al trasporto di tale trabiccolo.

Trump come molti altri ha una squadra di persone che raccolgono dietro a lui tutti gli effetti personali lenzuola comprese quando è in viaggio per poi distruggerle.

Una traccia per tutti gli usi

Foto: John Still via Imagoeconomica

Dunque è tanto l’interesse in questi strumenti sui dati personali dei leaders, non soltanto per capirne le condizioni di salute, traendone conseguenze politiche, come sarebbe stato il caso di Assad, ma anche per trovare eventuali malattie ereditarie o l’origine dei loro antenati. Tutte informazioni che potrebbero teoricamente essere usate a scopo di ricatto o di propaganda negativa. Oppure i servizi potrebbero usare i dati per ordire delle trappole, fabbricando fake news e coinvolgendo ingiustamente un premier, un ministro o un deputato in un crimine o in un affaire extraconiugale.

Insomma una guerra si può perdere o vincere anche solo uccidendo un a singola persona. Nel passato le sfide tra i combattenti più valorosi a volte evitavano intere guerre. Ricorderete quando quel bellone di Brad Pitt nei panni di Achille nel kolossal sulla storia di Troia abbattè in un solo colpo tra lo stupore generale il gigante nemico che fronteggiava scongiurando attraverso quel duello una guerra intera.

Beh oggi a ruoli e tecnologie diverse la situazione è simile l’eliminazione del più forte condiziona l’esito di una guerra è per questo che la mattina quando i leader si alzano devono stare attenti che la camicia che indossano, oltre a non essere gelata per le responsabilità che ricoprono, non sia la camicia di Nesso, avvelenata come il clima che stiamo vivendo.

(Leggi qui tutte le riflessioni di Franco Fiorito).

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