La camorra dei rifiuti sentitamente ringrazia

L'aumento della tariffa sui rifiuti nasconde responsabilità antiche. Che paghiamo oggi. Il paradosso del pagamento ad Acea. La mancanza di coraggio per fare le scelte. E per il futuro si prevede peggio.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

La camorra non porta la coppola. E nemmeno la doppietta sulla spalla. La camorra non è quella di Gomorra e dei suoi cinematografici personaggi. È quella che non vedi, vestita in maniera pulita, che parla bene in italiano e sposta un mucchio di soldi. Facendo affari sporchi, operazioni criminali, guadagnando tantissimo anche a costo di avvelenare bambini ed il futuro di intere generazioni. La camorra così non la vedi perché usa metodi raffinati: ha imparato che spesso basta aspettare.

 

Aspettare come fecero i francesi trent’anni fa. Gli italiani vennero chiamati alle urne per decidere se puntare sull’energia nucleare, ci fu un’ondata di ambientalismo durata il tempo d’un fuoco di paglia: vinse il no, spegnemmo le centrali e la Francia le accese al nostro confine. Vendendoci l’energia elettrica.

 

Attendere e magari soffiare un po’ sul fuoco. Come avvenne con la storia che ha confezionato la supposta in arrivo nelle prossime settimane in busta chiusa assieme alla bolletta dei rifiuti con la stangatina. Il presidente della Saf Lucio Migliorelli è uno concreto e poco incline ai riflettori: per questo si è limitato a dire che l’aumento è dovuto “ai rincari per valorizzazione energetica”. Un presidente più da salotto avrebbe aggiunto che quella supposta ce la siamo confezionata da soli, come le centrali francesi.

In che modo: Saf (società pubblica che appartiene a tutti i Comuni ed alla Provincia) riceve i rifiuti, li lavora, li trasforma in carburante per termovalorizzatore e lì ci alimentano l’impianto ricavandone energia elettrica. Il paradosso è che noi alla società del termovalorizzatore gli diamo il carburante e la paghiamo pure per bruciarlo: come se andassimo dal benzinaio, facessimo il pieno e lui ci allungasse anche cento euro.

Quando Francesco Scalia propose di mettere una terza linea a San Vittore solo per bruciare gratis i nostri rifiuti pubblici ed abbattere così la bolletta dell’immondizia, stavano per impiccarlo. I sindaci e la politica non ebbero il coraggio di sostenerlo, di fronte alle proteste di piazza. Come per le Centrali francesi, l’ondata di ambientalismo si è dissolta in poco tempo e la folla intorno all’impianto ora di Acea non si vede più.

 

Pazientare mentre non si decide. È lo stesso metodo che a lungo ha impedito la costruzione tra Colfelice e Roccasecca dello stabilimento Saf e dell’annessa discarica: quelli che dagli anni Novanta ha evitato l’emergenza rifiuti in Ciociaria, mentre tutt’intorno, da Roma a Napoli, la monnezza veniva incendiata per strada. I Comuni all’epoca si erano scelti un socio privato: era lo stesso che a Roma gestiva le buche nelle quali gettare l’immondizia. Chissà perché ma si litigava sempre e oltre allo scheletro in cemento armato non si andava avanti. Ed i rifiuti continuavano ad andare a Roma.

Quell’impianto è stato ultimato quando finalmente qualcuno ebbe il coraggio di prendere una decisione. Venne commissariato tutto, azzerato il rapporto con i privati. Anche dopo ci sono state ondate di proteste. Ma a fasi alterne: durante i periodi di elezioni tutti ambientalisti e contro il cancro, dopo le elezioni l’ambientalismo si diluisce.

 

Quando si decide la camorra non può fare i suoi affari. Perché è tutto alla luce del sole. A confermarlo, nel caso del ciclo dei rifiuti, ci ha pensato il ministro dell’Ambiente quando ha mandato i carabinieri del Nas: i quali hanno certificato quello che due inchieste avevano già detto all’allora presidente Cesare Fardelli. Hanno scritto che l’impianto funziona bene. La stessa conclusione cui giunsero le inchieste, culminate con una contravvenzione per l’unica irregolarità rilevata: un gabinetto posto pochi centimetri dentro un perimetro in cui non doveva stare. Che non inquini lo ha detto il Consiglio Nazionale delle Ricerche.

 

La camorra entra quando non si decide. Quando si va di fretta. Quando non c’è chiarezza. I clan hanno interessi enormi nei rifiuti. I governi che lo hanno capito hanno messo su una Commissione d’Inchiesta sugli intrecci tra clan e smaltimento delle immondizie. Fino a quando ha lavorato, quella Commissione ha scoperto l’acqua calda: ci sono le imprese oneste che lavorano in maniera corretta e dove si paga un pozzo di soldi, perché smaltire in modo corretto rispettando tutte le leggi costa tanto. E poi ci sono quelli che fingono di smaltire, inquinano ed avvelenano. E poi la buttano in caciara lasciando credere che tutto ciò che è legato ai rifiuti sia veleno.

 

Non è così. Il problema non è se trattare o no i rifiuti. Ma come vengono trattati. All’estero studiano alcuni dei nostri impianti. Non bisogna uscire dall’Italia per trovare strutture con cui si produce gas metano in maniera green per alimentare le fabbriche senza inquinare. Stimolando la ripresa dell’industria. A Vienna il termovalorizzatore è nel centro della città, a Copenaghen ci hanno costruito intorno il quartiere più d’elite dell’intera città.

 

Il problema è che qui non abbiamo il coraggio di dire si o no ai progetti. C’è un’intera economia che si basa sui rifiuti: trasformandoli in materie prime. Le prime a capirlo sono state le fabbriche ad alta tecnologia: ritirano il tuo telefonino vecchio per affidarlo a macchinari costosi e sofisticati quanto quelli necessari a produrli. Solo che queste, invece di montare gli apparecchi li smontano. E ne recuperano i pregiatissimi metalli che sono all’interno. C’è un’intera filiera che si chiama green economy: significa centinaia di posti di lavoro. Ex Marazzi si è salvata così, Ideal Standard è in piedi grazie ad una scommessa analoga.

 

Ad impedire che il ragionamento vada avanti sono due cose. La mancanza di decisioni e la mancanza di chiarezza nei progetti. Ed anche di accettarli. Come ha scoperto quel sant’uomo del vescovo Ambrogio Spreafico quando ha sostenuto la nascita di una cooperativa che recupera le materie prime da ex televisori e computer. C’è stato chi, all’ipotesi di avere una filiale di quella realtà, ha detto no grazie, sono rifiuti.

 

La Camorra dei rifiuti, quella silenziosa, senza coppola e doppietta, sentitamente ringrazia.

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