L’aperitivo del disgelo: Zingaretti e Di Maio parlano del nuovo Governo. Ma c’è l’amaro Conte

Aperitivo di un'ora venerdì sera tra Zingaretti e Di Maio. No ad un Conte bis, prendere o lasciare. Poi la telefonata a Renzi. Che approva.Gli scenari.

Menù leggero: nessuno dei due a tavola può esagerare. Per questi si sono limitati ad un aperitivo. In una casa privata, a Roma: quella a Castel Sant’Angelo in cui abita il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Vincenzo Spadafora (M5S). Vertice riservato ma alla luce del sole: a rivelare la notizia sono stati gli staff di Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio. O la va o si spacca. O si va al nuovo governo o si va a nuove elezioni.

Foto © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Il Segretario nazionale Pd in camicia bianca, il vice premier pentastellato in Lacoste. Nessuna indiscrezione sul menù a tavola. Qualcuna sul menù politico: il Conte-bis (in politica il primo nome da fare è quello che poi viene sacrificato) e il taglio dei parlamentari (la prima posizione posta nelle trattative è quella sulla quale trovare una soluzione).

Zingaretti ha ribadito l’invalicabilità dei principi fissati ieri: “discontinuità” rispetto alla precedente esperienza di governo. In pratica è un no garbato ma invalicabile ad appoggiare un governo retto dallo stesso premier che fino a due settimane fa ha realizzato tutte le politiche contestate dal Pd. Il Segretario ha messo subito in chiaro che il suo Partito non farà la ruota di scorta sostituendo la Lega nel nuovo esecutivo. Ma è disposto ad appoggiare un governo con un progetto chiaro ed una base solida, in totale discontinuità con quello precedente. Per questo motivo non ci sono margini per un Conte bis. Condizione non negoziabile: prendere o lasciare.

È il vero ostacolo. Più concreto del taglio dei parlamentari. Perché lì una sintesi è individuabile: attraverso una serie di aggiustamenti ai testi, tali da rendere la riforma digeribile all’elettorato Pd e non snaturarla dallo snellimento voluto dall’elettorato a 5 Stelle.

A precedere la cena è stato un incontro di quasi due ore tra gli sherpa del Pd e quelli del Movimento 5 Stelle. Ci sono ostacoli. Ma «nulla di insormontabile». Il capogruppo renziano del Pd a Palazzo Madama Andrea Marcucci ha garantito: «La riunione si è svolta in un clima positivo e costruttivo». Più possibilisti il presidente dei deputati Pd Graziano Delrio e l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, oggi vicesegretario Dem. Che sottolinea «questa è l’unica interlocuzione possibile». O accordo o voto.

Anche gli sherpa a 5 Stelle parlano di «Clima costruttivo». Nella delegazione c’erano Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli, con i vice.

Dopo la cena

Nicola Zingaretti Foto: © Imagoeconomica, Benvegnu’ Guaitoli

Al termine dell’aperitivo, Nicola Zingaretti ha preso lo smartphone e telefonato a Matteo Renzi. Informandolo dell’incontro e dei contenuti, in sintesi: “Ho confermato a Di Maio che il Pd considera irrinunciabile il no a Conte se vogliono avviare il confronto sul nuovo Governo”. Fonti del Pd assicurano che il senatore sia sia detto pienamente d’accordo.

Al termine dell’incontro, durato in tutto un’ora, fonti dem riferiscono che “il confronto continuerà nelle prossime ore“. Le stesse fonti assicurano che «oltre al nodo del Conte bis, proposto dal M5S, altri punti non sono stati affrontati“. Soprattutto che “non è stata avanzata nessuna proposta di Gentiloni commissario Ue“.

La sintesi politica

Nicola Zingaretti non ha nessuna voglia di fare un governo con il Movimento 5 Stelle. Ma preferisce le elezioni, consapevole che il voto fotograferà l’attuale scenario del Paese, profondamente diverso da quello che era un anno e mezzo fa: un centrodestra a trazione leghista, un Movimento 5 Stelle ridotto di due terzi, un Pd che recupera un bel po’ dei voti fuggiti per via della matrice renziana, tutto il resto ridotto a poca cosa. In pratica, il ritorno di una situazione bipolare (leggi qui Tornano centrodestra e centrosinistra, ma c’è la variabile Renzi). Soprattutto gli restituirà un Pd più plurale e non con i gruppi parlamentari a vocazione quasi interamente renziana.

Luigi Di Maio non ha nessuna voglia di fare un governo con il Partito Democratico, dipinto fino a due settimane fa come il demonio sul quale scaricare ogni nefandezza del Paese: la base non lo vuole, il MoVimento è stato concepito come forza anti Pd e per questo ha attirato tanti elettori Dem in fuga. Ma i gruppi Parlamentari lo vorrebbero, per non andare ad un voto dal quale uscirebbero decimati.

Ognuno sta giocando la sua partita. Interna. Zingaretti contro Renzi. Di Maio contro l’ala che vorrebbe il dialogo. La speranza di entrambi è che si arrivi ad un nulla di fatto. Che riconsegnerebbe il M5S alla Lega, tornata del tutto sui suoi passi e pronta ad accettare anche un Di Maio premier.

Una crisi dalla quale i 5 Stelle uscirebbero lacerati. Nel corso della quale hanno legittimato il Pd. Ancora più ridimensionata ne uscirebbe la Lega ed il mito del Capitano Salvini. Il Pd ne uscirebbe rafforzato e compattato. Ma se non si va subito al voto, rischia di essere una vittoria effimera.

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