La distanza fra Cesare ed il legionario e cosa ci hanno insegnato le Comunali

Cosa ci hanno insegnato le elezioni Comunali 2023? Tanto. Basta volerlo apprendere. E c'è molto che ci arriva da Giulio Cesare

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Il segreto neanche tanto inconfessato di Giulio Cesare sta tutto in quello che di lui ci hanno tramandato gli storici, anche i pettegoli repubblicani come Svetonio che a suo tempo era il prototipo di Alfonso Signorini. Ed era un segreto solo a chiacchiere: Cesare era una vera canaglia, ma in senso buono. Era cioè un uomo del Destino che aveva imparato a foraggiare il suo mito con la più saggia delle magie: accorciare le distanze fra ciò che decideva e faceva come generale, dittatore ed autarca ed il popolo a cui chiedeva di seguirlo in un’avventura che per Roma segnò di fatto il tracollo della Repubblica ed avviò l’Impero.

Il legame di Cesare

Di Cesare si racconta come ogni volta che tornava dalle sue vittoriose campagne i suoi soldati lo bersagliassero mentre si pavoneggiava figo sulla biga del “Trionfo” con frasi tipo questa: “Romani, rinchiudete le mogliere, è tornato il calvo puttaniere”. Loro, i soldati, si sentivano amici del loro capo e lo trattavano come uno di loro, perciò si aspettavano di essere trattati come se fossero tutti dei generali compartecipi dei successi. Cesare lo sapeva e a quei fegatacci gli aumentava paga, canali irrigui ed acri di terra. Ecco, il legame che Giulio Cesare seppe creare con la base attiva dei suoi successi è esattamente quello che sta cominciando a mancare ad un’Italia contemporanea che ovviamente di essere Impero ha imparato a diffidare in punto di Costituzione.

Un Paese in cui la politica “alta” sembra aver perso di vista i territori ed i loro bisogni. Senza necessariamente scomodare i gargarismi retorici di chi la gente la blandisce un tanto al chilo sui social, le ultime elezioni amministrative hanno lanciato un segnale, a prescindere dall’esito. Ed il segnale è che fra il Cesarismo del governo centrale (e di chi ad esso si oppone) ed i bisogni basici delle singole terre che il governo ha in mission ci sono distanze ormai siderali. Ogni singolo Comune in cui pochi giorni fa si sia insediato un sindaco nuovo di pacca ha lanciato il suo monito indiretto.

Il dato di affluenza

Foto: Marco Carli © Imagoeconomica

E i dati sull’affluenza lo hanno certificato, quell’assioma: dove in ballo ci sono i bisogni locali la gente va a votare di più di quanto non faccia dove invece in ballo ci sono i massimi sistemi o le scuole di pensiero paracadutate dai satrapi di collegio dei Partiti.

Ferentino, Aquino, Latina, Atina, Pignataro Interamna, Terracina, tanto per citarne alcuni, sono tutti micro sistemi complessi in cui le esigenze mirate della realtà vissuta se ne sono beatamente fregate del “mood” nazionale.

Il guaio sta tutto in un aggettivo, maledetto e poco compreso: “minore”. In un’Italia oggi come non mai spinta dagli afflati del Pnrr a considerare una rinascita di tipo faraonico con la vagonata di soldi in arrivo, quello che vorrebbero i cittadini dei comuni passa in secondo piano. E da “minore”, cioè semplicemente più piccolo, quel criterio diventa meno importante, cioè cassabile o calciabile in casella di momentaneo oblio. E il dato paradossale è che proprio la politica nazionale, i Partiti, che oggi come non mai vedono nell’astensionismo una piaga, non si rendono conto che di quella piaga il pus è proprio la loro ieratica imperturbabilità rispetto ai bisogni basici delle terre.

La misura della realtà

Sara Battisti

La misura del rischio e della realtà la troviamo in una proposta di legge depositata questa mattina in Regione dal consigliere Sara Battisti (Pd) e sottoscritta dal gruppo. Chiede l’istituzione di un percorso per la medicina di genere Lgbtq+ e per il contrasto all’Omolesbotransfobia. Per l’onorevole Battisti ed il Pd va affrontato il disagio psicologico connesso alla scoperta della propria sessualità o della propria identità di genere. Meritorio. Utilissimo per chi si trova all’interno di quel disagio e per le loro famiglie. Civilissimo e segno di una società attenta ed evoluta.

Ma rischia di essere catalogato dall’elettore insieme all’Ucraina, il Ponte sullo Stretto, le grandi questioni etiche, l’utero in affitto, i migranti, l’atlantismo con e per gli Usa, i rapporti con l’Ue e gli scazzi con la spocchiosa Francia di Macron. Dall’altro lato c’è zio Peppe idrofobo da mesi per la provinciale che taglia il paese e si sfascia in un’orgia di asfalto crepato, per le scuole in cui piove, le parrocchie che invocano aiuto e i Comuni che salgono sul ring coi preti, i giardinetti da fare e l’edilizia popolare che ormai è rimasta solo un concetto.

La panchina di San Vittore

La cifra più significativa del problema la dà un aneddoto non contemporaneo, quindi elevabile solo a paradigma concettuale, che circola ormai da anni a San Vittore del Lazio. Anni fa un cittadino chiese ad un vice sindaco di installare una panchina in una piazzetta per consentire il riposo ad alcuni anziani ed un altro amministratore, interpellato in terza battuta, gli rispose che no, lì non sarebbe stata messa una panchina. Altro che panchina, lì era previsto un Grande Progetto con strada di collegamento sopraelevata, file di alberi, piazza rifatta a sampietrini e sbocco nel centro storico che Ninive scansati.

Erano gli anni d’oro della Legge Obiettivo ed ognuno si sentiva ammalato di cesarismo magniloquente. Inutile dire che che del Grande Progetto non se ne fece nulla per motivi indipendenti dalla volontà amministrativa e che i vecchietti restarono senza una panchina dove appoggiare le terga, ma il senso è un altro. E sta tutto nel fatto che oggi i Comuni chiedono allo Stato di ricordarsi che l’Italia è composita.

E che vivere in un paese di poche migliaia di anime significa mettere da parte la felicità ed ammalarsi di responsabilità poche ore dopo aver stappato la sciampagna. Lo ha detto ad urne ancora calde il neo sindaco di Terracina Francesco Giannetti: la felicità dura un attimo ora è già il tempo della responsabilità.

E c’è da giurare che non lo abbia detto solo a se stesso. Perché la lezione di Cesare sta ancora là, tutta nei libri di storia. A disposizione di tutti.

(Foto di copertina © DepositPhotos.com).

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