La doppia frattura nel centrodestra. Che non preoccupa Silvio

La doppia frattura nel Centrodestra. Perché Berlusconi non va con Lega e FdI. Non solo la necessità di dialogo sulle concessioni tv. Ma anche avviare la costruzione di un nuovo centro.

Primum vivere deinde philosophari: Silvio Berlusconi deve avere ripreso dalla sua sterminata libreria con i volumi maniacalmente allineati il Carpe Diem, opera fondamentale del filosofo Quinto Orazio Flacco. Primo riportare la pelle a casa, poi si può anche filosofare. Il nuovo Governo giallorosso sta prendendo forma. Ed il Cav si prepara a fornirgli il necessario supporto strategico: un po’ di senatori con i quali puntellare al bisogno i traballanti numeri a Palazzo Madama.

Berlusconi e Tajani

Nei primi giorni di trattative era tornato in campo l’eterno Gianni Letta, l’eminenza azzurra di Forza Italia che era stata messa da parte quando un anno e mezzo fa era prevalsa la spinta verso la Lega. Proprio Letta ha stabilito in un secondo la linea di dialogo. Perché primum bisogna mettere al sicuro il patrimonio industriale del Cavaliere: le frequenze tv, l’affollamento pubblicitario, la concentrazione delle testate. Evitare che al nuovo governo possa venire in mente di metterci mano. Perché il M5S, nei giorni infuocati di tensione con la Lega, aveva mandato un messaggio in codice: Non solo Autostrade, poi metteremo mano a tutte le concessioni; chiaro il riferimento: anche quelle televisive. Allora, primum il core business. Poi si può anche philosophari.

Ed il philosophari che Silvio Berlusconi ha in mente è in grado di contribuire a modificare l’orizzonte politico dei prossimi anni. Con una riaggregazione del Centro.

La doppia frattura

Giorgia Meloni e Matteo Salvini © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Così, il governo giallorosso non è nemmeno nato e il centrodestra che si prepara all’opposizione, già si spacca. Su due fronti.

La prima frattura si è consumata giovedì sera. Sulla piazza, invocata solo da Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che annunciano due manifestazioni separate contro la nascente maggioranza M5S-Pd. Mentre Forza Italia non ci sta.

La seconda spaccatura riguarda la partecipazione alle consultazioni del premier incaricato Giuseppe Conte, in programma stamattina a Montecitorio: il ‘Capitano‘ dà forfait e manda i sottosegretari uscenti Claudio Durigon e Lucia Borgonzoni. Idem la presidente di Fratelli d’Italia: invierà i suoi capigruppo.

Invece, Forza Italia andrà al completo. È prevista addirittura la presenza di Silvio Berlusconi, rientrato ieri sera ad Arcore e tornato stamattina di nuovo a Roma. Nella delegazione azzurra, composta dai capigruppo Maria Stella Gelmini e Anna Maria Bernini, soprattutto ci sarà il vicepresidente forzista, Antonio Tajani. E la presenza del numero 2 del Partito, fanno notare fonti azzurre, conferma l’intenzione di smarcarsi dagli alleati, spazzando via ogni interpretazione diversa.

Nessuna connivenza

Berlusconi e Tajani

Antonio Tajani è stato l’uomo che nei giorni della crisi con la Lega, prima delle Europee, aveva attaccato il Carroccio a testa bassa, sparando sulla linea di galleggiamento. E non a caso, anche ora, è proprio Tajani a indicare la linea, concordata con l’ex premier: “Noi siamo all’opposizione“, ma “siamo per la democrazia parlamentare e rispettiamo le istituzioni“.

Parole che suonano come un vero e proprio monito per i partner di coalizione. “Se il premier incaricato ci chiede di incontrarci, ci andiamo e spieghiamo le ragioni del nostro dissenso. Del resto, andare alle ‘consultazioni’ non significa essere conniventi con Conte…”, puntualizza Tajani, invocando il senso di responsabilità e il rispetto delle istituzioni, a cominciare da Sergio Mattarella.

È sempre l’ex presidente del Parlamento Ue a prendere le distanze da Lega-Fi, a nome del Partito, anche sul ricorso alla piazza: “Salvini e Meloni in piazza? Ognuno fa le sue scelte…“. 

La gabbia di Mara

In mattinata un segnale chiaro l’aveva già lanciato Mara Carfagna. Con un appello lanciato attraverso le colonne de Il Foglio diretto da Claudio Cerasa.

“Liberiamoci dai complessi di inferiorità. Usciamo dalla gabbia che ci hanno costruito intorno i nostri alleati con la collaborazione dei filo-sovranisti a oltranza di casa nostra che, persino davanti al tracollo dei sondaggi (dal 14 per cento di un anno e mezzo fa all’attuale 6 per cento), hanno ostinatamente rifiutato di riconsiderare la linea del vassallaggio alla Lega”.

Salvini e Carfagna © Imagoeconomica, Benvegnu’ Guaitoli

Un atto d’accusa ben preciso quello lanciati da Mara Carfagna. “La domanda ‘E ora, che facciamo?’ ha costellato gli ultimi dodici mesi di vita della destra non-sovranista. Una parte della classe dirigente ha risposto nel modo più semplice, producendosi in un rosario di appelli a Matteo Salvini perché tornasse indietro“, ricorda Carfagna, ma “la destra repubblicana e liberale ha pagato un prezzo altissimo al tentativo di restare politicamente collegata a questa narrazione – sottolinea l’azzurra – . Prezzo elettorale: una costante emorragia di voti. Prezzo politico: l’irrilevanza nelle scelte per il governo del Paese sia quando ‘comandava’ il sovranismo sia dopo la crisi, con le sinistre di nuovo protagoniste. Prezzo reputazionale: l’elettorato ci vede come ruote di scorta di decisioni prese da altri. Prezzo negli equilibri interni: due terzi degli eletti e dei dirigenti si stanno guardando intorno per cercare altri riferimenti“.

In pratica: l’abbraccio di Forza Italia a Matteo Salvini è alla base della fuga del suo elettorato, costituiro da moderati. Che mal si conciliano con le posizioni estreme rappresentate dalla Lega.

Gente che va e che viene

Meloni e Toti

Nel frattempo continuano gli spostamenti all’interno del Centrodestra. «Sono lieta di accogliere in Fratelli d’Italia il deputato Galeazzo Bignami e con lui numerosi amministratori e dirigenti bolognesi ed emiliani» annuncia oggi Giorgia Meloni.

All’interno di Forza Italia non se ne preoccupano più di tanto. Qualcuno arriva a spiegare che in qualche modo sia un’opera di depurazione gradita a Silvio Berlusconi: per ritrovarsi tra le mani un Partito depurato dai Sovranisti e costituito solo da fedelissimi. Con i quali costruire un’operazione di riaggregazione del Centro in Italia.

Ma questo è già philosophari.