La settimana prossima inizia l'incontro tra la delegazione Pd ed i potenziali alleati del polo progressista per le Regionali 2023. La dottrina della prudenza: "Prima la coalizione e poi il candidato che la unisca". Il messaggio politico. La necessità di trovare una soluzione subito. Perché altrimenti ci sarebbe un secondo step. E Gasbarra è mobilitato
Non sarà una scampagnata. Comincia la settimana prossima la serie di incontri tra la delegazione messa in campo dalla Direzione Regionale del Partito Democratico del Lazio e tutti i potenziali alleati. Sia quelli che oggi compongono il Campo molto Largo creato da Nicola Zingaretti in Regione, sia quelli che stanno al centro dell’attuale centrodestra e sarebbero pronti a spostarsi se ci fosse un candidato di sintesi capace di coinvolgerli. (Leggi qui Regionali, iniziano le grandi manovre per le candidature).
La dottrina De Angelis
Il nome: sta tutto lì. Proprio per questo, partire dal nome rappresenterebbe il più evidente errore strategico. Perché sarebbe l’elemento sul quale tutti sarebbero pronti a dividersi, schierandosi a difesa della propria area.
Lo ha fatto capire con chiarezza Francesco De Angelis, il leader di Pensare Democratico: la componente che ormai è uscita dai confini della provincia di Frosinone e sta lentamente assumendo una dimensione interporvinciale. L’ex assessore regionale ed ex parlamentare Ue è stato il primo ad intervenire durante la Direzione Regionale. Esprimendo un concetto chiave: “Prima la coalizione, poi il candidato che unisce la coalizione”.
È un ragionamento di saggezza politica e di esperienza. Francesco De Angelis sa bene che se domani mattina il Pd iniziasse a parlare di nomi otterrebbe solo due cose. La prima: una chiusura a riccio dei possibili alleati per spuntare la massima contropartita; la seconda: la lacerazione del fronte Dem che ha già tre nomi degni, pronti a scendere in campo. Sta tutto qui il concetto politico “Prima la coalizione e poi il candidato che la unisce”.
La logica e la funzionalità della delegazione messa in campo dal Segretario Regionale Bruno Astorre sta tutta qui. Serve a tastare il polso agli alleati, comprende i margini per disegnare il perimetro dell’alleanza. Due esempi su tutti: il M5S resterà nella coalizione se il sindaco Roberto Gualtieri andrà avanti con il termovalorizzatore? Carlo Calenda resterà anche se il candidato non dovesse essere Alessio D’Amato e dentro ci fosse l’odiato M5S?
Le variabili aperte
La dottrina De Angelis è stata il solco sul quale si sono incanalati tutti gli altri interventi. Con alcuni distinguo, con allargamenti del tratto. Il vice Segretario Regionale Enzo Foschi (di dottrina zingarettiana), l’ex senatore Carlo Lucherini (più in sintonia con Bettini), il vice segretario regionale Sara Battisti (Pensare Democratico), Andrea Ferro (coordinatore della Segreteria).
Chi più chi meno, tutti hanno sostenuto un concetto: “Non bisogna farsi prendere dall’ansia da Primarie”. Per il Segretario regionale Bruno Astorre sono la soluzione naturale in caso di più candidati, la formula capace di sciogliere i nodi con autorevolezza e conferendo piena legittimazione al vincitore. Sa bene che il vice presidente uscente Daniele Leodori (della sua AreaDem) sarebbe il meglio organizzato per vincerle.
Allora perché Nicola Zingaretti l’altro giorno ha auspicato che la Politica abbia la prevalenza (traduzione: individuiamo un candidato e risparmiamoci le primarie)? Perché ha ben chiaro che la conta sarebbe fonte di tensioni tra le componenti e nel nome dell’unità la soluzione migliore sarebbe quella di indivuduare “un candidato che unisca la coalizione”.
Non è una questione interna
Proprio per questo la missione della delegazione varata dalla Direzione Regionale ha un ruolo diplomatico fondamentale. La compongono il Segretario regionale Bruno Astorre, il presidente regionale Augusto Gregori, i due vicesegretari Enzo Foschi e Sara Battisti, la capogruppo Dem in Consiglio regionale Marta Leonori. Dovranno incontrare gli attuali alleati del centrosinistra regionale e verificare la loro posizione: sul metodo per la scelta del candidato alla successione di Nicola Zingaretti, sui temi chiave intorno ai quali sviluppare il programma.
Il Segretario Regionale Bruno Astorre sa benissimo che le possibilità di risolvere la questione all’interno del Lazio sono limitate. E tutte legate all’abilità di quella task force. Perché se otterrà la convergenza su un principio (le Primarie) o su un nome (di convergenza) Astorre avrà costruito un fortino inespugnabile. Dagli avversari che compongono il centrodestra e da quelli interni che potrebbero volere una soluzione politica senza però avere la forza numerica per imporla.
Se la task foce non raggiungerà quei target è impensabile che non ci sia un passaggio obbligato nella scelta del candidato governatore del Lazio: della regione con la Capitale d’Italia al suo interno, la creatura nella quale sono nati la prima vera collaborazione Pd – M5S ed il primo vero Campo largo, la Regione che ha espresso un Segretario Nazionale del Pd.
Quel passaggio è un confronto con il Governatore uscente; un confronto altrettanto approfondito con il sindaco di Roma; non ultimo: un passaggio con il Segretario nazionale del Partito. Che sul tema si è già confrontato con Zingaretti. Se non ci sarà una sintesi forte, ampia, coesa, capace di allargare il campo ancora di più, allora in quello step è già pronto il nome del predecessore di Zingaretti alla guida della Provincia di Roma: Enrico Gasbarra.